Un contributo di Edoardo Tincani (cui si richiama il “Manifesto” politico del nostro blog)

Mi mette un po’ d’imbarazzo essere menzionato dal curatore di questo blog, per di più nella sezione “Il Manifesto”. Se è stato un piccolo atto di coraggio da parte mia dare alle stampe il libro “In politica con più fede”, credo che il professor Francesco Luciani abbia compiuto qui un’operazione non meno coraggiosa e, soprattutto, un deciso passo in
Copertina-libroavanti: “Vangelo e democrazia” non è solo un titolo ad effetto – che fin dal nome è tutto un programma… – ma costituisce il tentativo di dar voce a un progetto che ancora vagisce, anche se sarebbe bello vederlo camminare e stare in piedi da solo.

Il web permette poi di allargare il sondaggio su una proposta politica che è “delocalizzata” per definizione, perché di matrice cattolica, quindi universale. E l’aggettivo va inteso non solo in senso geografico, ma anche antropologico: non stiamo ragionando di un partito confessionale o settario, ma di una condivisione di valori e di visioni dell’uomo, e di scelte politiche coerenti, che proprio dal cristianesimo trae la sua apertura di fondo a tutte le persone di buona volontà, quindi la sua vocazione “laica”.

Nel blog si parla di temi economici e si commentano le sortite dei politici più famosi, ma il tema dei temi, nella mia visione, rimane uno: ha senso pensare, oggi, a rilanciare una formazione politica di dichiarata ispirazione cristiana? C’è spazio per una dimensione pubblica della testimonianza di fede?

Apparentemente no. L’affermazione del cattolico Matteo Renzi alle recenti elezioni europee parrebbe tarpare il dibattito sul nascere. C’è un riformismo che convince, e vince, mentre ancora una volta i cattolici sono arrivati al voto in ordine molto sparso, o hanno ingrossato le fila degli astenuti.

Persino la presenza nell’arena delle discussioni culturali si è ridotta. Basta guardare a come è stata metabolizzata serenamente l’approvazione del divorzio breve, che assesta un altro colpo allo svuotamento dell’istituto matrimoniale. Anche la protesta delle associazioni cattoliche si è persa: tutti d’accordo in via di principio, e altrettanto scollati o renitenti o comunque ininfluenti all’atto pratico, ossia politico.

È vero, per la Chiesa è iniziata l’era Francesco: ma se il segretario generale della Cei Galantino è stato perentorio nel bandire ogni forma di collateralismo tra gerarchie ecclesiastiche e movimenti politici, questo non vuol dire che ai cristiani laici sia messa la sordina. Anzi, serve un supplemento d’anima e di audacia. Solo che, credo, dovremmo abbandonare la strada dell’unità trasversale sui valori, cara al Progetto culturale, e incamminarci una buona volta nell’avventura rischiosa e affascinante di una nuova unità politica. Prendendo come punto di partenza non già i ricordi dei fasti della Dc, ma il monito dell’irrilevanza (il sale che non dà sapore, la luce che non illumina), sempre più evidente, a cui le incallite divisioni dei decenni scorsi ci hanno condotto.

Fino a ieri la strategia della Chiesa gerarchica, o quanto meno la tattica pre e post elettorale, era quella di chiamare i credenti impegnati in politica a fare la loro “parte” sulle questioni care tempo per tempo più minacciate. Ricordo bene questa “tattica” espressa dal cardinale Bagnasco, in un’intervista a “Famiglia Cristiana”, alla vigilia delle ultime elezioni politiche in Italia. In estrema sintesi, i cristiani del centrodestra erano invitati a smarcarsi sulle questioni sociali (lavoro, giustizia) e, viceversa, quelli militanti nel centrosinistra avrebbero dovuto battersi con i credenti dell’altro schieramento sulle questioni eticamente sensibili (vita, famiglia).

Ma come ben rilevava Sergio Soave su “Italia Oggi” il 31 maggio scorso, il meccanismo ormai si è inceppato: all’interno del Pd i settori più legati alla gerarchia sono stati emarginati o si sono autoesclusi, mentre da Forza Italia un drappello di attivisti di più esplicita ispirazione cristiana è fuoriuscito per ridarsi cittadinanza in un partito decisamente minoritario come Ncd.

Insomma, da minoranze dormienti (e attivabili all’occorrenza) nei partiti bipolari, siamo passati a minoranze ancora più risicate e non meno frammentate di prima, perché M5S o Lega sicuramente hanno una componente di riferimento cattolica.

Qualche commentatore vede in questa fase storica una sorta di strategia dell’opportunismo politico, da parte della Chiesa, che sarebbe più libera del passato dalle stanze dei potenti ma poi a giochi fatti deciderebbe di stare con chi si afferma: ieri Monti, oggi Renzi (salvo poi abbandonare la causa quando il vento cambi, com’è accaduto giustappunto nel caso di Monti).

Penso che la questione non vada vista così, e comunque non possa essere impostata in tali termini nel momento in cui si cercasse di costruire una proposta organica e di matrice evangelica. Il problema del “leader” è di non semplice soluzione; mi piacerebbe dedicarvi attenzione in un altro contributo.

Sta di fatto che gli scenari sono in evoluzione. Camminiamo sul crinale di un mondo nuovo (e gemente) e non aiuta ragionare con categorie sindacalesi o politichesi o “ecclesialesi” superate. Chi è conservatore, oggi, e chi progressista? E su cosa? Soprattutto: a chi o a cosa può giovare classificare il nuovo con le vecchie etichette?

Proprio perché i contenitori tradizionali con cui la politica è stata pensata, letta e pilotata nel corso del Novecento e in questo primo scorcio di terzo millennio, cominciano a fare acqua (prova ne siano i risultati sempre più malfermi dei sondaggi o degli exit poll) e non “contengono” più la realtà, o tutta la realtà, che ribolle e si sposta di continuo, penso che nel popolo di Dio come nel mondo di buona volontà non ostile al cristianesimo stia crescendo il desiderio – direi il bisogno – di ritrovare punti fermi.

Se alcune ideologie spregiudicate e violente – dal nazismo al comunismo – sono fallite in modo misero ma dolorosissimo, non vuol dire che nuove ideologie – dal mercato alle “libertà individuali” moderne – non possano salire alla ribalta della storia agevolate anche e proprio dall’insipienza, dalle sterili divisioni o dall’indifferenza di quanti – i cristiani – hanno ricevuto non un’ideologia di dominio e estranea all’uomo, ma un Ideale di servizio che nell’uomo si è incarnato.

Un invito a vegliare, a denunciare, a testimoniare? Sì, ma penso che in futuro non basterà. A mio umile parere bisogna ritrovarsi intorno a un progetto a vocazione unitaria, costruire una novità politica con il volto della carità cristiana, sfidare il mondo che ostenta la sua superbia con la potenza nascosta del granello di senape, la tracotanza del mercato con la bellezza della gratuità.

Sono così tornato al “mio” sogno, quello di “In politica con più fede”. E alla speranza che questo blog possa far crescere commenti e contributi utili alla causa.

Non nasconderò, agli amici lettori, che il libro ha suscitato apprezzamenti per lo più generici, ma anche riserve specifiche. Dal “dialogo” che è nato dopo la pubblicazione, avvenuta a fine 2012, solamente poche persone si sono dette disposte a passare dalle parole ai fatti. Una di queste persone è stata Francesco Luciani. Sono curioso di vedere se tra i frequentatori di “Vangelo e democrazia” ci sono altri sognatori, o forse dovrei dire utopisti, o anche solo cristiani inquieti e insoddisfatti della politica, per come oggi è concepita e fatta, ma con la convinzione che i rapporti di forza possano essere cambiati, convertiti dalla debolezza della fede.

Credo che tanti cristiani non intervengano nella pars construens del discorso pubblico per pudore (come spesso ho fatto io) o perché più abituati a criticare che a “inventare” strade nuove, con l’assistenza dello Spirito. Ma, naturalmente, spero di essere smentito da questo blog.download (4) 

 Edoardo Tincani

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