Ripristinare l’identità sovrannaturale della Chiesa

Il cattolico spirituale, ovvero colui che si esercita umilmente nel difficile compito di seguire e servire Cristo e la sua Chiesa in spirito di fedeltà e obbedienza, non può essere indifferente agli aspetti e ai temi materiali più concreti e rilevanti del pellegrinaggio terreno: come servire il prossimo, come condividere i beni materiali con i bisognosi, come dare conforto e solidarietà ai sofferenti, come accogliere il diverso e lo straniero, come testimoniare la propria fede pubblicamente, come rispettare i poteri costituiti dello Stato senza dimenticare di non poter e dover sacrificare all’autorità statuale quel che appartiene a Dio, come relazionarsi in spirito di carità con i fratelli e sorelle di fede e con l’intera comunità religiosa. Le problematiche economico-sociali, politiche, giuridiche, culturali, non possono restare in tal senso estranee alla vita di fede che sarebbe asettica, monca, parziale, incompleta e difettosa, qualora non si esercitasse anche, sia pure in misura variabile e diversificata, in rapporto a tali essenziali dimensioni della vita associata. Persino il monaco o l’eremita più rigoroso, pur avendo il pieno diritto di vivere la propria spiritualità in una condizione di solitudine oblativa, non potrebbero vivere da “separati” rispetto ad urgenti e pressanti questioni di carattere psichico-corporeo e carnale che emergono inevitabilmente ai vari livelli della dinamica storico-esistenziale di singoli e gruppi.

Non solo il monaco o l’eremita ma, anche se in modo verosimilmente diverso e meno accentuato, lo stesso credente in Cristo sono certo legittimati a sottrarsi quanto più possibile ai nefasti condizionamenti del mondo nelle sue molteplici articolazioni pagane, restando tuttavia separati non già da esso, chè equivarrebbe a una fuga, quanto piuttosto in esso. I bisogni spirituali dell’anima devono essere certo distinti dai bisogni materiali, perché i primi possono imporre sacrifici persino contrastanti con il soddisfacimento adeguato dei secondi, ma non possono essere trattati a prescindere dai secondi: non bisogna mai dimenticare che nostro Signore è venuto a salvare la nostra corporeità, la nostra carnalità, la nostra psichicità, la nostra sensibilità per tutto ciò che è oggetto della coscienza non meno che di tutti i nostri sensi. Quindi, un interesse dei fedeli e della Chiesa tutta per le realtà mondane, per la prassi politica nella ampiezza e molteplicità delle sue manifestazioni, è non solo lecito ma anche doveroso e necessario. Ovviamente, questo non significa affatto che allora la Chiesa possa preferire la politica a Dio in quanto è pur sempre nel nome e per conto di Dio che è possibile o necessario dare una testimonianza di fede sul terreno politico.

Ma una Chiesa che vada verso il mondo e le sue obiettive necessità materiali e spirituali, una “Chiesa in uscita”, se si vuole esprimere un’espressione coniata da papa Francesco anche se non priva di ambiguità, non deve necessariamente appiattirsi, come molti temono, su deprecabili forme di odierno relativismo morale o di progressismo laicista. In fin dei conti, anche per papa Francesco, spesso additato, a ragione o a torto, quale artefice di un graduale cedimento cattolico a talune “aperture” invocate dal mondo laico più radicale, la famiglia monogamica e a struttura eterosessuale e non omosessuale, oltre che unita nel vincolo sacramentale, è ancora il principale baluardo della società, anche se poi certe preoccupazioni pastorali per i “risposati divorziati” e gli stessi “divorziati” o per coppie di semplici conviventi sono sembrate eccessive e suscettibili di collidere con alcuni tradizionali e inamovibili princìpi dottrinari della fede cattolica. Su tutto si può e si deve essere indulgenti, tranne che sulla Parola stessa di Dio, certo suscettibile di essere interpretata e approfondita ma non manipolata o alterata.

Restano certo alcune tendenze molto discutibili di questo pontificato: l’apertura indiscriminata e biblicamente equivoca verso i fenomeni migratori e l’apprezzamento acritico svolto dalle ONG, la mistica esaltazione della povertà materiale e sociale come sicuro stato di santità e infallibile fonte di salvezza, deliberate e reiterate manifestazioni di antipatia politica (Salvini) e di non celata simpatia per movimenti come “le sardine” (!) o come quello globalistico e ambientalistico vagheggiato dall’adolescente Greta Thunberg, l’interpretazione talvolta libera e creativa o anche omissiva di significative e inequivocabili realtà bibliche e di  concetti fondamentali della teologia cattolica, l’indisponibilità ad un’autorevole ma collegiale conduzione della vita complessiva della Chiesa. Troppo spesso si è avuta l’impressione che la Chiesa di Francesco si comportasse come un partito politico, peraltro neppure troppo accorto e prudente ma piuttosto di stampo “populistico”, anziché come depositaria e annunciatrice fedele e profetica della integrale Parola salvifica di Cristo.

Intendiamoci: non è che il Magistero della Chiesa e lo stesso Magistero Pontificio non possano confrontarsi con questo o quell’esponente di una determinata famiglia storico-culturale o storico-ideologica; bisogna però che i confronti, le utilizzazioni, i riconoscimenti in sede critico-culturale siano sempre funzionali ad majorem gloriam Dei e non siano mai proposti incautamente a possibile detrimento della fede, che non è proprio quello cui sembra ottemperare perfettamente il papa regnante: si può, per esempio, citare il presentatore televisivo Fabio Fazio nel corso di un discorso ufficiale? Di fatto, però, oggi la Chiesa è divisa in una fazione che per comodità chiameremo genericamente di destra (conservatori, ultraconservatori e reazionari, tradizionalisti ecc., con una religiosità troppo spesso dimentica delle radici corporee, materiali, economiche dell’assemblea ecclesiale riunita in preghiera) e in un’altra, forse maggioritaria, di sinistra (in cui figurerebbero progressisti, libertari, catto-marxisti e catto-liberali con una religiosità schiacciata sull’immanente, sul contingente, sul sociale e sullo storico). Questa inconscia riduzione del religioso al politico avviene a seguito di una progressiva e sempre più diffusa perdita del senso di Dio e del divino in molti membri della Chiesa e del clero stesso, per cui, vivendosi sempre più epidermicamente quel Dio in cui pure si dice di credere, le inclinazioni politiche di ognuno tendono a prendere il sopravvento su quell’equilibrio interiore, su quella disciplina spirituale che non si dovrebbe mai smarrire se i moniti del Signore siano avvertiti come moniti di una persona reale e concreta e non di una persona ipotetica o astratta. Se non si riesce più a vivere come prioritaria e vincolante la dimensione della trascendenza, della soprannaturalità della Chiesa, quest’ultima tenderà inevitabilmente ad essere percepita come un’organizzazione sociale tra tante o come tante, e magari solo più visibile per la sua storia particolarmente antica e relativamente gloriosa, che è poi quello che i cattolici dovrebbero sforzarsi di scongiurare con incessanti e vibranti preghiere.

Bisogna tuttavia prendere atto che, almeno sul terreno dei cosiddetti “diritti civili” e della bioetica, il fronte cattolico appare ancora, per grazia di Dio, abbastanza compatto, a parte le consuete eccezioni di individui che pensano di essere più ispirati degli altri. Il che non induce a sottovalutare la crescente divisione tra Chiesa comunitaria e popolare e Chiesa istituzionale e gerarchica, tra le quali dovrebbe sussistere un rapporto di reciprocità da alimentare sia in senso discendente (dai vertici alla base) che in senso ascendente (dalla base ai vertici) anche se non si può non eccepire come la Chiesa cattolica, che indubbiamente non può esistere senza pastori, è destinata inevitabilmente a seguire le orme della cosiddetta “società liquida” e a smarrire completamente il suo ruolo divino di faro di verità e di giustizia per il mondo intero qualora i suoi cattivi o tiepidi pastori cominciassero a prevalere in misura soverchiante sui suoi buoni pastori, benché il Signore sia da sempre propenso a dare più importanza alla vita e alla condotta spirituale dei “piccoli resti” sempre operanti nella storia della Chiesa che non a possibili iniziative e scelte erronee o scellerate di gran parte della comunità religiosa.

Non capisco perché mai il destino storico della Chiesa, accanto alla sua riconosciuta funzione di baluardo della dignità e della libertà degli ultimi, di deboli e oppressi, dovrebbe esser quello ormai, come molti sostengono, di agire come una sia pur influente agenzia umanitaria e non quello per cui sia ad essa possibile recuperare la sua originaria e primaria funzione sovrannaturale di intercedere presso Dio e la sua santissima Madre a favore della salvezza integrale ed ultraterrena del genere umano e di ogni singola persona. Il Signore, anche nei tempi di maggiore crisi, non farà mai mancare buoni operai alla sua vigna, ma una parte fondamentale da svolgere spetterà sempre alla base stessa della grande famiglia cattolica, cioè a quella parte laica e illuminata del popolo di Dio che dovrà essere sempre pronta a compensare persino le eventuali e spesso reali défaillances di una Chiesa gerarchica assente o latitante.

Come è stato ben scritto, sempre pronta a compensare sia affiancando sia sostituendo: «nel senso che sicuramente la Chiesa rimane ferma su certi princìpi, ma la base cattolica e non cattolica (in cui sono incluse tutte quelle persone di buona volontà e che pur non essendo credenti hanno conservato un minimo di onestà intellettuale) oltre ad esprimersi a voce, si sta dando da fare concretamente per fermare questa deriva  etica terribile a cui stiamo andando incontro. Pensiamo, … in riferimento al ddl Zan-Scalfarotto, come questa spada di Damocle abbia avuto l’effetto di serrare di nuovo i ranghi dell’associazionismo pro-family italiano». Dove non sarà mai inutile precisare che anche un argomento così delicato e generalmente molto caro a certa destra, in realtà è e resta un semplice valore evangelico, allo stesso modo di come la lotta per l’emancipazione politica e sociale delle masse lavoratrici, così centrale nelle piattaforme teoriche dei partiti di sinistra, in realtà è e resta una prospettiva ben radicata nel messaggio evangelico.  

Francesco di Maria

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