Pentastellati alla deriva

di Lanfranco Sciuto

imagesPer me il partito di Grillo, se il popolo vorrà, potrà anche andare al governo dell’Italia: non ho problemi personali. Certo, se il successo politico-elettorale dovesse arridere prossimamente ai pentastellati, non potrei fare a meno di pensare che il deficit culturale, soprattutto fra le masse giovanili del nostro Paese, è diventato cosí elevato da produrre incresciosi e pericolosi fenomeni di deresponsabilizzazione della vita civile e politica nazionale. Io non credo affatto, come altri hanno già sostenuto su questo blog, che la misura del consenso di cui godrebbe oggi il Movimento di Grillo sia quella rilevata da diversi istituti demoscopici, che come si sa sono abituati a collezionare brutte figure, ma qualora il consenso fosse davvero così alto, non avrei alcuna difficoltà a leggere l’orientamento popolare come espressione di evidente immaturità culturale e di connesso infantilismo politico.

Perché? Ma perché succederebbe quello che il fazioso Travaglio diceva ieri sera ad una trasmissione televisiva, e cioè che in fondo a Roma per il momento non sarebbe accaduto ancora niente di grave e che i romani resterebbero dalla parte del sindaco Raggi e del suo Movimento, semplicemente perché consapevoli del fatto che, mentre le giunte comunali di destra e di sinistra rubavano, almeno per ora l’amministrazione comunale retta dai pentastellati non sarebbe stata colta con le mani nel sacco. Beata ignoranza! Per il giornalista Travaglio, è sufficiente che un gruppo politico non venga beccato dalla magistratura per essere degno della fiducia popolare!

imagesEgli fa finta di non sapere quanta immoralità, e immoralità politica, nel mondo riesca a farla franca rispetto ai poteri investigativi e repressivi della magistratura, ma soprattutto è incredibile che egli non capisca come sia estremamente difficile compiere reati amministrativi dopo appena due mesi di amministrazione. D’altra parte, non a Roma ma in altri comuni italiani non pare proprio che le amministrazioni grilline abbiano sempre brillato per trasparenza e siano immuni da colpe, ma quel che stupisce in modo particolare è che per il signor Travaglio sia sufficiente non rubare per meritare di essere votati e per governare una città o addirittura un intera Nazione. E’ il caso di ribadire, non potendoci permettere espressioni più ardite: beata ignoranza!

Tanti di noi sono incensurati semplicemente per motivi fortuiti e non perché davvero lindi e puri, e molti politici, ivi compresi quelli che militano nel 5Stelle, sono disonesti anche se ancora la loro fedina penale è pulita o potrebbe restare pulita ancora per lungo tempo in modo del tutto casuale.

Al di là di questo, Travaglio non sembra poi dare importanza al fattore “competenza”, che è generalmente sconosciuta ai parlamentari e ai tanti consiglieri comunali o regionali grillini. Ha importanza o no la competenza in politica? Cos’è più importante per i cittadini: un politico tendenzialmente onesto ma tendenzialmente incompetente oppure un politico competente e capace di risolvere problemi spinosi della comunità anche se talvolta soggetto a pratiche ambigue o inopportune? Una moralizzazione della vita politica è sempre opportuna, ma fino a che punto si può realisticamente pretendere di spingerla? Si può pretendere che la politica non solo trovi nella morale un termine complementare e necessario ma sia o diventi addirittura sinonimo di moralità (e poi di quale moralità)?

Si può pretendere che la prassi politica sia completamente priva di menzogne, di compromessi, di ripensamenti, di accordi informali, talvolta persino di non troppo deleterie meschinità, per il superamento di difficoltà non sempre concretamente aggirabili per via istituzionale? Neppure il “sindaco santo” di Firenze, Giorgio La Pira, fu capace di moralizzare il suo agire politico secondo i canoni pretenziosi e ipocriti della mentalità corrente, ma questo non toglie che egli fosse realmente un sindaco preparato, sensibile e capace di arrecare benefici enormi alla comunità fiorentina e non solo.

imagesMa il problema per i grillini è che tra essi, non da oggi, regna quasi incontrastato la cialtroneria, il verbalismo polemico fine a se stesso, la critica politica unilaterale, priva di alternative concrete agli altrui programmi politico-amministrativi e suscettibili di essere effettivamente attuate sul piano del fare. I grillini sono per lo più dei parolai senza pudore, dilettanti allo sbaraglio, cinici formulatori di rivendicazioni sociali massimalistiche che sanno di non poter trasformare, se non in modesta misura, in conseguenti ed efficaci provvedimenti legislativi.

Quel che sta accadendo a Roma, con tutto il rispetto per la giovane e volenterosa Virginia Raggi, non è qualcosa di imprevisto, ma è solo un effetto particolarmente dirompente di una carenza sostanziale di rigore intellettuale, di formazione politica, di capacità non moralistica ma combattivamente eticizzante di incidere in modo significativo sulle problematiche di una città o di una nazione. Il 5Stelle, come movimento, è nato per ragioni storico-sociali molto serie e ineludibili, ma a tali ragioni esso, per il suo stesso modo approssimativo e superficiale di costituirsi e di organizzarsi nell’affidarsi ciecamente alle “magnifiche sorti e progressive” della deificata rete, non ha saputo dare risposte e soluzioni adeguate, limitandosi a cavalcare gli istinti ribellistici e protestari di masse genericamente e in parte forse giustamente antisistema ma anche pronte ad affidarsi a quei Masanielli di turno di volta in volta ritenuti strumentalmente idonei a dare spallate distruttive alle compagini governative in carica.

Oggi, pur essendo in piena crisi, quelli che figurano quali esponenti di punta del Movimento, continuano a far finta di nulla e ad attaccare pateticamente non meglio precisati “poteri forti” che vorrebbero fermare la loro ascesa solo per continuare a rubare ogni residuo di sovranità al popolo italiano. Si pensi allo sfortunato ma presuntuoso Di Maio, che continua a dire da leader in pectore: “ce la faremo!”; si pensi a quell’illetterato capopopolo di De Battista, secondo il quale il suo partito in poco tempo avrebbe raggiunto “risultati sensazionali” e si porrebbe come unica forza politica in grado di liberare da quelle “ingiustizie atroci” che sono costrette a subire quotidianamente gli italiani, per cui solo un grande appoggio popolare a questa forza potrebbe consentire di recuperare sovranità, eguaglianza, libertà e quant’altro!

Oppure si prenda in esame il recente messaggio di Nicola Morra, che, mentre il suo partito rischia di colare a picco, trova ancora la forza di ricordare a tutti, e specialmente a coloro che sarebbero “falsi militanti del 5Stelle”, che quest’ultimo è “partecipazione, condivisione, trasparenza, un mettersi al servizio della comunità di appartenenza”, e di aggiungere che esso sarà capace di rimediare agli errori fatti “con umiltà e imagessacrificio”: “La credibilità che ci siamo guadagnati con coerenza nel tempo è figlia di un progetto politico in cui si vince quando si convince, argomentando e proponendo razionalmente contenuti, non slogan. Si vince quando si è squadra, non se si è individualisti”. Che non solo è esattamente il contrario di quel che molti pensano del 5Stelle e che anche qui in parte si è detto, ma è anche quel che, almeno in Calabria, molti di coloro che hanno potuto seguire le “imprese” di Morra, oltremodo individualista e opportunista, ritengono essere semplici, false e insincere parole in libertà.

Pochissime le dichiarazioni decenti che sono seguite alla grave impasse della giunta Raggi. Tra queste quella, opportuna e misurata, di Barbara Lezzi, che pure è una delle più accese polemiste del Movimento: “Questo non è il momento per prendersela con la stampa brutta e cattiva. È tempo di chiedere scusa, risolvere velocemente il problema e continuare a lavorare senza distrazioni”. Ecco: chiedere scusa è l’unica cosa che si può fare in occasioni come questa per non dover scoprire che il popolo, e sia pure quel popolo che ragiona molto più di pancia che di testa, è già disilluso e contrariato dall’ennesima fregatura.

Lanfranco Sciuto

 

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