Note su cattolici italiani e scienza

                                                                                                                                                                                                                                                                Un giovane e valente ricercatore italiano ha pubblicato di recente un agile e interessante volumetto sui modi in cui i cattolici italiani, a cavallo tra seconda metà del XIX secolo e primo quindicennio del XX secolo, cercarono di interagire con un mondo scientifico in continua espansione, soprattutto al fine di dimostrare la solidità della fede cristiana anche in rapporto ai travolgenti progressi del sapere scientifico e tecnologico1. L’argomento da lui trattato, per la particolare importanza che riveste, necessiterà senza dubbio di ulteriori contributi finalizzati a gettar luce su momenti specifici dell’impegno cattolico sul piano scientifico in un periodo storico in cui molto forti erano i timori della Chiesa circa la possibilità che gli straordinari sviluppi della razionalità e della ricerca scientifica potessero avere un impatto alquanto destabilizzante sul piano spirituale e religioso inducendo molti fedeli ad un dubbio sempre più corrosivo nei confronti delle tradizionali certezze religiose, ma intanto questo lavoro funge da utile e provvidenziale apripista in un settore poco e male studiato della storia moderna e contemporanea e viene assolvendo la funzione di chiarire come in realtà a partire dalla seconda metà dell’ottocento, al di là della comprensibile inquietudine che la problematica scientifica avrebbe sempre trasmesso alle alte gerarchie ecclesiastiche, il mondo ecclesiale cattolico nel suo insieme, nonostante i suoi ritardi e le sue incertezze iniziali nel quadro del dibattito sulla scienza e sulle sue implicazioni culturali, morali, sociali e religiose, non mostrò alcuna pregiudiziale e preconcetta avversione verso le continue acquisizioni conoscitive della prassi scientifico-sperimentale.

Quale posizione dunque assumono i cattolici italiani verso la scienza tra la metà dell’800 e lo scoppio della prima guerra mondiale2. I cattolici, sempre più consci dell’importanza e della centralità che la scienza andava assumendo nella società moderna, avrebbero cercato di proporne un’idea che non fosse in contrasto ma in perfetto accordo con la Rivelazione, sí da fronteggiare le accuse di oscurantismo, dogmatismo e arretratezza scientifica, accuse da sempre indiscriminatamente mosse al mondo cattolico da parte di un fronte critico molto eterogeneo costituito da laici e positivisti, liberali e massoni, gruppi minoritari come quello ebraico, materialisti ed evoluzionisti, tutti accomunati dalla medesima pregiudiziale anticristiana. Bisogna subito precisare che però l’interesse cattolico per la scienza non fu solo e sempre di natura apologetica e propagandistica ma molto più disinteressato e articolato di quel che si pensa.

Indubbiamente, la tematica scientifica cui i cattolici mostrarono la loro maggiore attenzione nella seconda metà dell’800, fu l’evoluzionismo che comportava la trasformazione delle specie (uomo compreso). Il particolare impegno che profusero nel confutare le possibili conseguenze morali, culturali e religiose della teoria scientifica (oggi sempre più esposta a micidiali critiche maturate sul terreno empirico-sperimentale) di Darwin, non si manifestò solo attraverso argomentazioni filosofiche e teologiche ma anche attraverso argomentazioni di natura specificamente scientifica, anche e forse soprattutto perché, dopo il caso Galileo (che oggi sul piano storiografico si sta rivelando più complicato di quanto non sia trapelato per lunghi decenni da una tendenziosa e unilaterale storiografia laica), i cattolici non potevano rischiare di esporsi nuovamente ad accuse di oscurantismo e dogmatismo confessionale con un nuovo caso Darwin.

 

Certo, l’approccio della stampa e dei periodici cattolici a darwinismo ed evoluzionismo, come anche al tema del progresso scientifico-tecnologico, non fu nel tempo cosí intenso come quello che si ebbe in aree di pensiero e opinione completamente libere da preoccupazioni religiose, ma fu comunque altrettanto significativo pur se ovviamente più cauto rispetto al cosiddetto “libero pensiero”. Dopotutto, la posizione da assumere al riguardo veniva suggerita dalla stessa tradizione culturale della Chiesa, da S. Agostino a San Tommaso: Dio opera per cause seconde che sono in sostanza altre realtà create da Dio e tanto visibili quanto sperimentabili; per cui la scienza della natura non è altro che l’indagine su queste cause seconde, demandando alla metafisica o «filosofia prima» lo studio dell’essere in quanto tale, indipendentemente dalle connotazioni specifiche che catturiamo nelle nostre osservazioni. Il problema di una armonia fra fede (verità rivelate) e ragione (verità accessibili alla nostra ragione autonoma) riguarda la filosofia prima e non la scienza, come avrebbe cercato di spiegare Giovanni Paolo II nella Fides et Ratio. Piaccia o non piaccia, era chiaro sin d’allora per la maggior parte dei cattolici, e avrebbe potuto e dovuto esserlo anche per i non credenti solo che avessero voluto fare a meno del loro paraocchi “protettivo”, che la scienza, quali che potessero essere le sue sensazionali “rivoluzioni”, non avrebbe potuto mai intaccare i fondamenti della fede religiosa che, per definizione, non dipendono da accadimenti esteriori e sia pure “oggettivi” ma da eventi interiori e non per questo necessariamente meno “oggettivi” dei primi. Che evidentemente non implica affatto un sostanziale disinteresse cattolico peril valore conoscitivo della scienza stessa.

Ma, in particolare, osserva Bovolo, non vi fu alcuna chiusura preconcetta cattolica alle grandi innovazioni tecnologiche dell’epoca come la fotografia, la costruzione del canale di Suez e il traforo del Fréjus o il telegrafo. Questa apertura al progresso e ai successi tecnologici, motivata anche dal convincimento religioso che essi avrebbero ampliato le possibilità di espansione dell’apostolato cattolico, non sarebbe giunta però sino al punto di condividere la cieca fiducia di stampo positivistico nel progresso stesso quasi che esso potesse rappresentare in se stesso una finalità imprescindibile dell’umanità. Tuttavia, poiché il progresso scientifico nell’800 avrebbe investito una molteplicità di ambiti e discipline scientifiche relativi alla vita umana nella sua generalità, la stampa cattolica avrebbe cominciato ad essere presente e puntuale nel dibattito pubblico sulle problematiche via via emergenti: si pensi, per esempio, alla polemica contro l’antropologia criminale di Cesare Lombroso e gli studi neuropsichiatrici di Leonardo Bianchi miscredente e massone sul quale la rivista “Civiltà Cattolica” avrebbe pubblicato un articolo molto aspro e risentito a causa del suo radicale materialismo3. Ma si pensi anche alle valutazioni medico-scientifiche che cominciarono ad essere riservate ad una materia alquanto delicata per la spiritualità cattolica: ovvero quella relativa a visioni, estasi mistiche, stimmate ecc..

In generale, gli intellettuali e gli scienziati cattolici di quel tempo optarono per un rapporto di conciliazione e collaborazione tra fede e scienza, considerato però dal punto di vista della fede, anche se la tesi prevalente nella più ampia comunità scientifica, non solo alla fine dell’800 ma per tutto il XX secolo, non sarebbe stata quella dell’armonia tra scienza e fede ma quella dell’inevitabile conflitto tra l’una e l’altra. Quest’ultima tesi, però, era ed è manifestamente schematica ed unilaterale, perché frutto non di riflessione critica quanto di un’apologetica laicista non certo meno accentuata di quella cattolica ed incapace di recepire, come in molti casi continua ad accadere ai giorni nostri, l’obiettiva complessità delle interazioni passanti tra la scienza e le religioni4. E’ dello storico della scienza Pietro Redondi il merito di aver dimostrato come in realtà la Chiesa cattolica ottocentesca non avrebbe mai teorizzato l’idea di un conflitto necessario tra indagine scientifica e piano spirituale e religioso o teologico, volendo piuttosto «combattere la scienza con la scienza, cioè le conseguenze filosofiche empie della scienza con una spregiudicata adozione delle conoscenze scientifiche dell’epoca5.

I cattolici, in realtà, erano ben consapevoli, e lo sarebbero stati sempre di più, dell’incidenza della scienza non solo sul piano strettamente scientifico ma anche su quello culturale, sociale e politico, sebbene poi non facessero molto per contestare e correggere l’impostazione di tendenziale reciproca esclusione data da Croce e Gentile al rapporto tra sapere filosofico e sapere scientifico. Innanzitutto in Francia ma poi anche in Italia, il tema scientifico “più caldo” che i cattolici si trovarono a dover affrontare fu la teoria darwiniana dell’evoluzione. Benché inizialmente incerta e un po’ carente nel tentativo di confutare il darwinismo dall’interno ovvero sulla base dei suoi stessi meccanismi biologici costitutivi e delle sue specifiche argomentazioni logico-scientifiche, la cultura cattolica poco per volta venne attrezzandosi per meglio interagire con lo sviluppo scientifico e competere in particolare «con l’efficacia verbale e concreta delle scienze biologiche e fisiologiche»6. Il punto più alto della capacità cattolica di misurarsi su Darwin e la sua opera e naturalmente sulle conseguenze legittime o illegittime che se ne potessero trarre in senso filosofico, fu raggiunto con Agostino Gemelli (1878-1959), autore tra l’altro di una trattazione della tematica darwiniana dell’evoluzione biologica degli esseri viventi che, considerando le conoscenze scientifiche del tempo, apparve ai più molto rigorosa, qualificata e scientificamente plausibile7 ma, a parte l’indubbio e fecondissimo contributo scientifico che nei secoli successivi alla rivoluzione galileiana e fino a tutto il ’900 avrebbero dato moltissimi scienziati cattolici italiani, non possono non essere ricordati insigni scienziati come Antonio Stoppani (1824-1891), esperto di geologia e paleontologia, Angelo Secchi (1818-1878), astronomo gesuita e coordinatore di una vera e propria équipe di confratelli ricercatori, Francesco Faà di Bruno (1825-1888), illustre matematico ordinato sacerdote in età avanzata dopo una breve carriera militare con i gradi di ufficiale8

Ma, per quanto riguarda lo specifico confronto del pensiero cattolico, che oggi può contare su specialisti di fama mondiale, con darwinismo e, ormai, anche con neodarwinismo e postdarwinismo, le revisioni interpretative ben indicative di ripetuti e quasi disperati tentativi di “salvare” la sempre più dubbia “scientificità” della concezione biologico-evolutiva di Charles Darwin, si può attualizzare il discorso facendo il punto, sia pure per grandi linee, sul dibattito contemporaneo relativo appunto al grado di scientificità di cui la teoria darwiniana possa ancora godere in rapporto alla scienza novecentesca e postnovecentesca.

Al di là dell’odierna e variegata posizione cattolica sul neodarwinismo, esiste ormai un vastissimo fronte scientifico laico e comunque non creazionista, anzi rappresentato proprio da molti riconosciuti evoluzionisti, che ha preso posizione contro il meccanicismo biologico sostenuto dai più ostinati neodarwiniani ma reso ben più problematico di quanto si potesse pensare fino a qualche decennio or sono dai più recenti sviluppi scientifici. Quel che sta emergendo, in particolare, è che, se la scienza non fornisce alcuna argomentazione a favore del creazionismo, essa non si mostra affatto in grado di dimostrare che il darwinismo costituisca una prova scientifica contro la tesi creazionista9.

Ma, secondo il giudizio di oltre 600 scienziati che sono firmatari del noto documento A scientific dissent from Darwinism, è proprio la vecchia teoria darwiniana dell’evoluzione, per quanto ampiamente aggiornata e talvolta contro lo stesso Darwin, a non apparire più capace di spiegare la complessità della vita biologica semplicemente in virtù della mutazione casuale e della selezione naturale. A sostenere ciò non sono nemici conclamati dell’evoluzionismo o modeste menti scolastiche e schematiche come noi, ma autorevolissimi scienziati evoluzionisti come gli americani Philip Skell e Lyle H. Jensen, Stanley Salthe, Yvonne Boldt, Israel Hanukoglu, Henry F. Schaefer il russo Lev Beloussov, solo per fare dei nomi particolarmente prestigiosi. E’ opportuno sottolineare che tra i firmatari 154 sono biologi, il più numeroso gruppo scientifico della lista, 76 sono chimici e 63 fisici. In tal modo, alcune fastidiosissime e insignificanti pulci come certi presunti filosofi italiani della scienza, adusi a sostenere che ormai il neodarwinismo sarebbe quasi unanimemente riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale, vengono clamorosamente sconfessate da un imponente numero di scienziati che in materia di biologia, genetica, paleontologia, chimica e astronomia, ne sanno infinitamente più di costoro che restano filosofastri tra i tanti che occupano cattedre nelle università italiane e che più utile sarebbe stato alla società se si fossero esercitati professionalmente, con maggiore serietà rispetto a quella che può essere loro riconosciuta in campo filosofico, nel pur difficile campo del marketing pubblicitario.

Al di là delle pulci che resistono a qualunque genere di evidenza logica e scientifica e che, al di là di specifici settori di “competenza”, non mancano in nessun ambito della vita civile e culturale, viene sconfitto il dogmatismo ideologico dell’esercito neo e postdarwiniano che è stato capace negli anni solo di infettare il libero dibattito filosofico-scientifico con prese di posizione sciocche e puerili: si pensi, ad esempio, alla vergognosa gazzarra polemica che, specialmente in Italia, è stata scatenata intorno al documentatissimo libro Gli errori di Darwin10 di Jerry Fodor e di Massimo-Piattelli Palmarini, entrambi non credenti, che avrebbe invece ricevuto incondizionato sostegno da parte di un genetista e biologo di fama internazionale come Richard Lewontin dell’università di Harvard.

 

 

 

 

La pretesa neodarwiniana di fare della biologia una scienza deterministica logicamente e meccanicistica fisicamente appare decisamente invecchiata e inattendibile, come spiegava già alcuni decenni or sono Michael Polany11. La finalità, il telos, non sono affatto assenti dagli organismi biologici perché essi hanno in quanto tali una evidentissima predisposizione o propensione individuale a vivere secondo princípi di autorganizzazione, secondo scopi funzionali. Ha ben scritto il premio Nobel per la chimica Ilya Prigogine: «la Vita avanza dappertutto a tentoni ma, nell’apparente caos dei suoi dinamismi, essa segue delle linee preferenziali di sviluppo che la conducono sino all’autocoscienza presente nell’uomo»12, mentre l’eminente biologo statunitense Stuart Kauffman ha spiegato che il ruolo della selezione naturale è fortemente ridimensionato dall’evidenza che i sistemi naturali sono portatori di una predisposizione intrinseca all’auto-organizzazione, una tendenza verso un fine ordinato e l’ordine biologico è spesso emerso a prescindere dalla selezione naturale e talvolta malgrado la sua presenza13.

Emerge, attraverso queste ultime posizioni, quella che è stata definita come evoluzione direzionale, per cui, per quel che qui maggiormente importa porre in rilievo, si può saggiamente concludere con le parole del teologo cattolico, non scomunicato e tuttavia non privo di qualche tentazione ereticale, Hans Küng: «la vera alternativa non è tra evoluzione e creazione, bensì tra visione del mondo in evoluzione, dipendente da Dio trascendente e creatore, secondo un suo disegno, e visione di un mondo in evoluzione, autosufficiente, capace di crearsi e trasformarsi, per una sorta di potenza e intelligenza immanente; la vera alternativa è tra visione atea e materialista e visione religiosa di tutta la realtà aperta al trascendente»14. Neodarwiniani atei o non atei di tutto il mondo, prima di continuare a scrivere fesserie, potete concedervi una lunghissima e forse salutare pausa di riflessione?

Francesco di Maria

  Note

 1 C. Bovolo, I cattolici italiani e la scienza. Il discorso apologetico sulla stampa clericale nell’età del positivismo, Milano, Editrice Bibliografica 2017

 2 L’opera sopra citata era già in nuce nella tesi di dottorato dello stesso Bovolo, La scienza cattolica. Usi e strategie apologetiche dei cattolici italiani (1848-1914), Università degli Studi di Pavia 2016

 3 L’articolo era intitolato Il cervello e la società secondo il professor Bianchi e comparve nella suddetta rivista il 21 marzo 1892, serie XV, vol. II, fasc. 1003, pp. 670-679

 4 Come già veniva ampiamente dimostrato in un interessante studio di G. B. Ferngren (a cura di), Science and Religion. A Historical Introduction, Baltimore, John Hopkins University Press, 2002

 5 P. Redondi, Cultura e scienza dall’illuminismo al positivismo, in G. Micheli (a cura di), Scienza e tecnica nella cultura e nella società dal Rinascimento a oggi, in “Annali”, vol. 3, Torino Einaudi 1980, p. 784

 6 E. Betta, La biopolitica cattolica, in F. Cassata – C. Pogliano  (a cura di), Scienze e cultura nell’Italia unita, Annali, vol 26, Torino Einaudi, 2011, p. 950

 7A. Gemelli, Introduzione (dal titolo Il problema dell’origine delle specie e la teoria dell’evoluzione) a P. Enrico Wasmann S. J., La biologia moderna e la teoria dell’evoluzione, Firenze LEF 1906, pp. XIII-CVII

 8 Su questo importante matematico piemontese è stato scritto un volume di grande valore: L. Giacardi, che ne è la curatrice ma anche l’autrice insieme ad altri studiosi: Francesco Faà di Bruno. Ricerca scientifica, insegnamento e divulgazione, Torino, Deputazione subalpina di storia patria, 2004.

 9Mariano Bizzarri, Darwin Day 2017: il biologo Bizzarri “creazionisti e postdarwiniani, identici errori”, in UCCR del 12 Febbraio 2017, ma qui si attinge anche da 1000 scienziati vs Darwin: selezione naturale non spiega la complessità della vita, in UCCR del 14 febbraio 2019

10 J. Fodor – M. Piattelli Palmarini, Gli errori di Darwin, Feltrinelli 2011

11 M. Polanyi, M., Life’s irreducible structure, in ‟Science”, 1968, CLX, pp. 1308-1312

12 I. Prigogine, Le leggi del caos, Laterza 1993, p.3

13 S. Kauffman, The Origins of Order, Oxford University Press 1993

14 H. Kung, Dio esiste?, Fazi Editori 2012, p. 830

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