L’editoria cattolica in Italia

Ho sempre pensato e continuo a pensare che un vero editore, importante o meno importante che sia, non debba rifuggire necessariamente dal vile denaro che gli venga offerto per la pubblicazione di determinate opere sotto forma di sovvenzioni pubbliche o anche di contributi privati. Specialmente se i suoi autori sono docenti universitari o studiosi di varia estrazione facenti capo ad enti pubblici e/o privati che finanziano la ricerca, non c’è niente di male che egli usufruisca del loro sostegno finanziario, anche se è indubbiamente vero che molto spesso ad essere pubblicati sono scritti completamente privi di pregio, sebbene composti in ambiti accademici e universitari, ma questo è un argomento molto complicato e opinabile visto che alla fine la sua tinta prevalente non potrebbe non essere quella soggettivistica. Anche se autori non supportati da alcun tipo di struttura istituzionale danno un contributo per la pubblicazione delle loro opere nei limiti delle loro possibilità economiche e magari in cambio di un certo numero di copie per uso personale, non riterrei ancora di dover gridare allo scandalo.

Quel che invece reputo da sempre disdicevole, anzi riprovevole nel comportamento della quasi totalità del mondo editoriale italiano, è l’uso indiscriminato di chiedere ad autori realmente meritevoli di attenzione ma esterni a circuiti istituzionali di qualunque genere e impossibilitati a farsi carico, sia pure in parte, delle spese di stampa, somme piuttosto ingenti che dovrebbero concorrere ad affrontare spese esclusivamente “tecniche” come quelle inerenti le fasi del processo di pubblicazione, e già questo è del tutto arbitrario dal momento che dovrebbe farsene carico esclusivamente chi produce il libro, ma che, il più delle volte, vanno molto al di là di esse configurandosi come un puro e squallido fenomeno speculativo. Accade cosí, e lo dico in base a precise esperienze personali, che Mondadori ti chieda 3600 euro per la pubblicazione di un volume di 750 pagine su Maria di Nazaret o che Armando Editore pretenda 2500 euro per pubblicare un libro, ritenuto valido dallo stesso, su Giulio Preti di 195 pagine, solo per citare alcuni grandi gruppi editoriali considerati all’avanguardia dell’editoria italiana e cattolica.

Io non affronto qui il problema della crescente concentrazione di mezzi e strutture editoriali quale è quella che non da oggi gravita attorno alla famiglia Berlusconi, problema che viene ossessivamente sollevato dall’editoria cattolica che però, per fronteggiare e contrastare il fenomeno, ricorre alle stesse pratiche politico-finanziarie su cui fanno spregiudicatamente leva i Berlusconi senza riuscire ad ottenere gli stessi vantaggi di quest’ultimi, e anzi non esita a comportarsi persino nei confronti di autori molto validi in modo cinico e spregiudicato, come per esempio quella casa editrice cattolica laziale, facente capo ad un laico e ad un presbitero di santa romana Chiesa, che cercava di rendermi edotto sul funzionamento del mercato editoriale per giustificare la sua richiesta, a me rivolta per la pubblicazione di una mia opera sul Cristo, di  un contributo abbastanza esoso.

Quindi, a mio avviso, tra editoria laica ed editoria cattolica, differenze sostanziali non ve ne sono. Certo, si trovano editori cattolici che neppure si degnano di rispondere alla tua proposta editoriale se non sei già abbastanza famoso e perciò in grado di garantire una sicura e remunerativa vendita del prodotto che offri; oppure se non sei appoggiato e raccomandato da questo o quello (perché anche in tal caso il lauto guadagno, in un modo o nell’altro, viene garantito), come per esempio Rubbettino di Soveria Mannelli. Si trovano anche editori cattolici disposti ad interloquire solo in apparenza con te, come per esempio D’Ettoris di Crotone o Carello di Catanzaro o anche Aurelio Porfiri, un docente associato quest’ultimo di musica sacra e autore naturalmente di una serie infinita di libri nonché lesto a pubblicare solo i libri di gente “collaudata e sicura” come Aldo Maria Valli. Costoro fanno finta di prenderti in considerazione e solo al fine di farsi mandare l’opera in visione per metterla poi a disposizione di se stessi o di qualche cattedratico e persona influente, propensi magari a presentare come proprie opere in realtà scopiazzate a destra e a manca e mostratisi già capaci di far affluire ingenti somme di denaro sui loro avidissimi conti correnti.

E’ pur vero che ogni tanto capita di avere a che fare con editori, cattolici e non, ben più limpidi e trasparenti, e che, già per questo, non si possa fare a meno di ringraziare il Signore, ma la domanda è: non è forse anche questo uno spaccato significativo della corruzione che ammorba il mondo e lo stesso mondo cattolico?

Francesco di Maria

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