Le ragioni dell’odio

L’odio è come l’amore. A furia di parlarne sempre, in modo generico, astratto e approssimativo, finisce per non significare più niente, o meglio il suo significato finisce per essere talmente vago e indeterminato da potersi applicare a situazioni o casi fra loro molto diversi e anzi spesso tra loro contrapposti. Nelle cronache politiche e culturali nazionali di questi giorni si viene facendo della parola odio un uso apparentemente chiaro, almeno nelle intenzioni, ma sostanzialmente ambiguo e confuso soprattutto per le implicazioni di natura morale e politica che esso appare preposto a veicolare nella comunicazione mediatica e sociale.

Gran parte dell’intellettualità italiana, ivi compresa quella cattolica e pontificia, utilizza disinvoltamente questo termine per demonizzare e additare al pubblico disprezzo la figura di Matteo Salvini, le sue idee politiche, la sua stessa concezione del mondo e della vita sociale. Gli si contesta di coltivare un’idea troppo chiusa di patria e di nazione, un modo troppo ristretto e meschino di concepire il dovere di accogliere gli immigrati di qualunque regione del mondo, in particolare di quella africana e mediorientale, di pensare agli interessi nazionali troppo egoisticamente rispetto agli interessi europei e agli interessi complessivi del mondo globale di cui l’Italia è parte inscindibile, di fare un uso meramente strumentale e propagandistico della religione e della fede cattolica, di adottare un linguaggio reiteratamente offensivo e provocatorio, di violare il diritto e le leggi nazionali ed internazionali, di perseguire una politica estera spericolata che metterebbe in pericolo l’integrità e l’indipendenza del territorio italiano, di essere fautore di una sorta di integralismo culturale volto a discriminare le persone sul piano ideologico ed etnico-religioso.

Matteo Salvini viene avversato per il suo spirito anticosmopolita, antiuniversalistico, antiecumenico, per le sue presunte e ricorrenti tentazioni autoritarie e dittatoriali, per il linguaggio cinico, sfrontato, temerario con cui verrebbe anteponendo la ricerca di consenso elettorale al perseguimento del bene comune e minando costantemente la tenuta del sistema democratico. Il suo populismo sarebbe insopportabile perché fomenterebbe, oltre ogni limite di decenza, il malcontento popolare, l’odio e la rivolta sociali, una protesta antistituzionale tanto generalizzata quanto pericolosa. Esso sarebbe particolarmente odioso soprattutto in relazione alla falsa o ipocrita presa di posizione, in esso presuntivamente contenuta, contro le organizzazioni criminali della mafia, della camorra e della ’ndrangheta e della stessa delinquenza comune a cominciare da quella specializzata nello spaccio di droga. Poco importa sapere, per questi critici, che almeno mezz’Italia è di tutt’altra opinione e, sia pure da punti di vista e con argomentazioni diversi, sembra essere spesso in sintonia con le posizioni salviniane.

Poco importa sapere che per molti di noi a fomentare l’odio sociale, la protesta antistituzionale, la critica antieuropeista e antiglobalista, la xenofobia e quant’altro, sono proprio i critici prevenuti e spesso sprovveduti di Salvini e del suo pragmatismo politico, delle sue ragioni culturali e ideali, dei suoi valori umani, sociali e patriottici, ben radicati in larga parte del tessuto sociale e della coscienza collettiva del nostro Paese. Poco importa se a fomentare menzogna e odio sociali siano piuttosto coloro che, a prescindere dai presupposti etici o religiosi da cui muovono, pensano e giudicano il mondo, la realtà, il loro stesso prossimo, senza essere capaci di intercettare i bisogni della vita reale e anzi sovrapponendo indebitamente con inaudita superbia le proprie idee soggettive e non sempre innocenti a processi intellettuali, morali, spirituali e religiosi di natura intersoggettiva che attraversano in lungo e in largo molti settori della vita comunitaria nazionale.

Odio, amore, libertà, democrazia e via dicendo: di tutto si può parlare in modo sensato e ragionevole solo se il criterio di giudizio e di scelta sia, almeno tendenzialmente, l’oggettività e non l’opinabile avvolto in un alone più o meno spesso di pregiudizio, oggettività che può abbondare anche nel pensiero dei semplici e quindi di chi non disponga di strumenti di analisi particolarmente raffinati e opinabilità malevola non certo assente nei colti ma ambigui ragionamenti di menti disoneste e faziose. Non per voler dire che Salvini sia inattaccabile: potrebbe essere infatti più misurato pur senza nulla togliere alla sua spontaneità, potrebbe evitare di commettere l’errore politico di osannare il mediocre Trump quando questi decide di assassinare un generale iraniano, potrebbe anche evitare di mostrarsi cosí amico di Israele e cosí avverso al mondo islamico nel momento in cui appaia abbastanza evidente che il principale fautore dell’antisemitismo mondiale sia lo stesso Stato d’Israele con la sua politica discriminatoria e persecutoria verso il popolo palestinese e con la sua sottaciuta ma spirituale avversione verso l’universale comunità cristiana e cattolica. A volte, Salvini è percepito come persona odiosa solo perché come odiose vengono percepite le scomode “verità” che egli pubblicamente esprime, mentre vengono moralisticamente tributati pubblici onori sin troppo chiassosi a una donna ebrea che, sebbene duramente perseguitata dai nazisti, oggi vorrebbe dare ad intendere al mondo intero di essere ormai incapace di odiare. 

Odio, amore, sono termini troppo impegnativi per poter essere adoperati con tanta leggerezza. Solo quando pensieri e giudizi siano ispirati da un pieno e sincero spirito di verità, si potranno finalmente dischiudere scenari di schietta, costruttiva e responsabile umanità.

Francesco di Maria

 

 

 

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