I nemici di Renzi

di Federica Gaudioso

Alla fine il veterocomunista D’Alema non ce l’ha fatta più: è esploso come esplodono i vecchi tromboni che si sentono messi definitivamente da parte e alla Festa dell’Unità di Bologna ha rivolto critiche avvelenate e rancorose a quel Renzi che l’aveva download (13)rottamato ma da cui sperava tuttavia di essere ripescato in occasione della nomina ad Alto Rappresentante per la Politica Estera dell’Unione Europea. A dire il vero, il rischio che Renzi riportasse D’Alema in Europa era reale, perché in occasione dell’uscita dell’ultimo libro dell’ex leader PD tra i due sembrava esserci stata una sostanziale riappacificazione. Ma per fortuna Renzi non ha ceduto alla forza dei sentimenti e ha fatto nominare in quel ruolo chi sa che gli resterà fedele e non intralcerà i suoi piani di politica estera. D’Alema avrebbe fatto una politica estera per conto suo, non perché più autonomo della Mogherini ma solo perché più presuntuoso e arrogante, e Renzi non avrebbe certo potuto concedersi questo lusso. D’Alema ha lamentato che il governo Renzi sinora abbia prodotto “risultati largamente insoddisfacenti”, mentre i cittadini sono in attesa di “risposte sostanziali per una situazione molto pesante” e tutto questo dipenderebbe anche dal fatto che oggi “il Pd non è retto da una vera classe dirigente ma da un gruppo di fiduciari del presidente del Consiglio, è ridotto a movimento del premier», per cui, questa sarebbe l’inevitabile conseguenza, questo governo è condannato ad avere una ‘vita breve’.

Ma queste parole non sono solo il frutto di un astio psicologico per il giovane e brillante leader democratico, bensí anche del tentativo di una parte consistente della vecchia e burocratica ala comunista del PD di riprendere in mano le leve del potere quanto meno all’interno dello stesso Partito Democratico. I D’Alema, i Bersani, i Chiti, o anche il più giovane ma velleitario Civati, i Letta, solo per fare dei nomi, non vogliono lasciare il PD per troppo tempo all’ex democristiano Renzi, perché sanno che Renzi sta lavorando con successo proprio alla trasformazione del PD in un grande partito cattolico “aperto” (in parte aperto anche a talune ambiguità morali di fondo) ma da cui siano gradualmente bandite forme di pensiero astratte, dottrinarie, burocratiche e inconcludenti quali sono quelle che gli ex dirigenti comunisti hanno privilegiato sin dalla nascita del PD contribuendo in modo determinante alla crisi politico-istituzionale ed economico-sociale        dell’Italia.letta-enrico-palle-acciaio1-300x187

Perché D’Alema, che in sede di giustizia sociale è sempre stato uno zero assoluto, dice che “i risultati sono insoddisfacenti”? Perché ha cominciato a capire che Renzi sta facendo di tutto per rimanere fedele ai veri interessi popolari o almeno agli interessi di larghe fasce di popolo, nonostante l’opposizione o l’ostruzionismo di “poteri forti” che vorrebbero costringerlo a fare le stesse politiche dei D’Alema, dei Monti o dei Letta. E allora, prima che i risultati in questo senso comincino ad acquistare una certa consistenza, l’astuto e perfido politico pugliese cerca di determinare la fine anticipata della sua esperienza di governo.

Un Renzi troppo padrone del campo in Europa come in Italia, nonostante le difficoltà e la crisi ancora in atto, rischierebbe di risultare alla lunga inamovibile per parecchio tempo e di determinare peraltro la totale sparizione storica di tutti quei dinosauri della politica italiana di sinistra che, per semplici beghe personali di potere, hanno condannato il nostro Paese per oltre 20 anni all’immobilismo politico-istituzionale e soprattutto ad un graduale e sempre più grave depotenziamento economico e sociale.

D’Alema sa bene che il 40,8% di consenso ottenuto da Renzi si deve leggere come un consenso popolare molto più largo di quello che, prima di Renzi, veniva quasi meccanicamente dato a tradizionali, farraginose, inefficaci ed inefficienti politiche di sinistra poste in essere dalle grandi teste pensanti di marca prevalentemente comunista in modo del tutto conformistico e improduttivo (il liberismo è di moda e liberismo sia: questo, ad esempio, si sono messi a dire a un certo punto i notabili del PD).

D’Alema ha capito forse solo ora che Renzi, noto come un acceso liberista, lo è molto meno di quanto si potesse supporre e che egli non è prono ai “poteri forti” sino al punto di rendersi ad essi organico. D’Alema intuisce che, sebbene in mezzo ad ostacoli non facilmente superabili e ad errori difficilmente evitabili, quello attivato da Renzi sia comunque un processo realmente innovativo e suscettibile di produrre in prospettiva un concreto avanzamento delle condizioni generali di vita del popolo italiano. Per cui, meglio fare ostruzionismo ora, cercando di bloccare le innovazioni sul nascere, che non rischiare di non contare più nulla allorché esse dovessero stabilmente e positivamente radicarsi nella prassi politica, sociale ed economica del Paese.

Si dirà: ma allora come mai anche i Padoan, i Delrio, i Marchionne o i Della Valle e gli Squinzi, solo per fare dei nomi, in un primo tempo sembravano affiatatissimi, sia pure a diverso titolo, con Matteo Renzi, mentre ora un po’ tutti cominciano a prenderne le distanze e a criticarlo? Padoan, vicesegretario generale dell’OCSE e della stessa razza di spenti economisti come Mario Monti o Enrico Letta, è stato imposto da Napolitano, Delrio aveva fatto parte del governo Letta ed è effettivamente un mistero che Renzi lo abbia potuto chiamare accanto a sé solo per stima e amicizia personali, gli altri esponenti del mondo industriale hanno tifato per lui sino a quando non è stato chiaro che Renzi non intendeva assecondare se non in parte le loro aspettative in quanto aspettative chiaramente collidenti con le necessità molto gravi e diffuse delle masse popolari.zcVYnplgPUywwo7ZTjVLEoiq8jK+zIBDJnLlQTx3IQg=--

nuova-padoan-renzi-640Ora, poiché costoro non sono semplicemente nemici di Renzi ma sono obiettivamente indifferenti ad ogni forma di democrazia economica e sociale, sarebbe opportuno sbarazzarsene e tagliare con loro i ponti almeno sino a quando in Italia la giustizia sociale non cominci a sentirsi a casa propria. A Squinzi che gli ha rimproverato di non capire che l’Italia, per riprendersi, ha bisogno di fare “nuovi sacrifici”, ha già risposto per le rime, disertando sistematicamente i meetings e i convegni di banchieri, grandi imprenditori e capitalisti di varia caratura, che parlano di società, di crescita e di disoccupazione giovanile solo per continuare a fare gli interessi propri e consolidarsi in caste parassitarie di potere, al pari dei sindacati e delle tante corporazioni professionali di potere.

Non è perciò improbabile che Renzi, strada facendo, oltre che a badare ai suoi numerosi nemici, venga pensando di conferire allo Stato un potere sempre più ampio di intervento volto a colmare le gravi lacune di un codardo capitalismo nostrano e di un capitalismo finanziario internazionale troppo rapace e cinico per essere preso sul serio.

Federica Gaudioso

 

 

 

 

Lascia un commento