Per un PD non disfattista

di La tulipana fiorentina

Il trombone di Puglia Michele Emiliano parla sempre a sproposito e d’altra parte non si può pretendere che nel PD siano tutti delle aquile. Di recente, all’indomani della sconfitta elettorale del PD di Renzi, ha sentenziato: “Dobbiamo dare l’appoggio esterno a un governo dei 5Stelle, che con questa vittoria hanno diritto di governare. E dobbiamo esercitare la funzione di controllo sul programma”, ovvero, pensa il poveraccio, siccome i 5Stelle hanno vinto la partita elettorale hanno diritto a governare e non potendo governare per mancanza di numeri è del tutto evidente che il PD deve farsene carico e aiutarli a governare con un loro appoggio esterno e controllando che essi attuino il loro programma. Che genio, che uomo di pensiero! Soprattutto un uomo che cristiano non è e per il quale tuttavia gli affronti, gli insulti e gli sgarbi subìti dal PD e in particolare da suoi rappresentanti di punta per cinque anni dovrebbero essere del tutto dimenticati dagli attuali dirigenti del partito; un uomo che prende i risultati elettorali come unico o principale indicatore della validità o invalidità dei programmi di ogni gruppo politico e che infine addebita alla presunta cecità politica di Renzi la causa determinante della sconfitta elettorale, mentre tutti sanno che in Puglia i numerosi democratici vicino a lui e da lui fagocitati hanno votato contro il PD e i suoi esponenti designati. Un magistrato fallito che, non sapendosi realizzare nel suo ambito professionale, si è buttato a capofitto nella politica investendo in essa tutte le sue meschine ambizioni di potere. Questo è Emiliano, prototipo di tutti quei piccoli, mediocri personaggi del PD che antepongono sistematicamente i loro interessi personali agli interessi oggettivi del partito e dello stesso popolo italiano.

C’è da chiedersi perché non si riesca ad ammettere unanimemente che l’uomo politico più capace, più efficace, più dinamico e propositivo del PD di questa fase storica, nonostante i suoi limiti, sia per l’appunto Matteo Renzi. Pur comprendendo che un certo spirito di rivalità all’interno di ogni partito sia inevitabile, fisiologico e talvolta utile, è inammissibile che certi sentimenti di invidia, di gelosia, di competizione e di avversione, vengano espresse nelle forme del tutto indecorose e triviali di un Emiliano e, a seguire, di un Boccia e persino di un intellettuale raffinato ma non incisivo come Cuperlo.

Questi signori, insieme ai fuorusciti e ormai falliti ex compagni di cordata come Grasso, Speranza, Bersani, D’Alema ecc., non perdono occasione per congiurare o cospirare contro Renzi ma, a ben vedere, anche contro il PD e l’Italia. Vi immaginate un PD nelle loro mani? Non hanno capito che non fanno breccia nella mente e nel cuore della gente, a meno che non ci si riferisca a taluni rozzi pescivendoli che, specialmente nel sud, la fanno ancora da padroni. Costoro sono dei potenziali traditori tanto più aggressivi e pericolosi quanto più mossi da criteri di mero e vile opportunismo politico.

Ma anche altri soggetti, certo più capaci, equilibrati e leali, come Franceschini o lo stesso Gentiloni, devono sforzarsi, soprattutto nei momenti della sconfitta, di fare analisi più pacate e veritiere, più rigorose e obiettive, di quelle che forse essi stanno proponendo in questi difficili giorni postelettorali, nella serena coscienza che il voto popolare, per quanto importante e significativo, può anche contenere qualcosa di contraddittorio e torbido non necessariamente suscettibile di essere assecondato dal ceto dirigente di un determinato gruppo  politico.

Essere al servizio dei cittadini infatti non può implicare che l’uomo o il partito politico debba trattare il loro voto in modo acritico e passivo, come una specie di feticcio che non si debba mai mettere in discussione, ma debba piuttosto interpretarne bisogni e priorità nel quadro di una sapiente strategia politica che tenga conto non solo di necessità immediate quanto anche di giusti obiettivi di medio e lungo termine.

La tulipana fiorentina

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