Il linguaggio bellicoso dell’Antico Testamento viene parzialmente trasfigurato nell’annuncio evangelico in lotta interiore dell’uomo ma continua a denotare una ferma e risoluta opposizione al peccato radicato anche nelle strutture storico-sociali del mondo e quindi al falso, al male, ad ogni genere di iniquità. In linea di principio, tale opposizione, secondo le indicazioni evangeliche, deve avvenire nella forma più incruenta o meno violenta possibile, e viene implicando, in relazione alla vita personale del singolo, una capacità oblativa, che può giungere fino all’offerta della propria vita, in funzione del bene o della protezione di un proprio simile, dei propri familiari, della propria comunità, di una collettività più o meno estesa, come la patria o la nazione, la Chiesa e l’assemblea dei credenti.
Ma il vangelo prescrive anche l’uso della franchezza fraterna (la parresìa), del rimprovero, dell’ammonimento caritatevole, della reciproca correzione, persino della scomunica, sia al fine di salvaguardare la fede da possibili errori, impurità, deviazioni, abusi, sia al fine di tutelare la comunità stessa dei fedeli da degenerazioni, dal malcostume, dal fanatismo o dal lassismo, dal formalismo ipocrita o da forme superficiali e licenziose di comportamento. In esso, altresì, non sono contenute critiche né al principio di legittima difesa personale e comunitaria, né alla prerogativa del potere politico costituito, dello Stato, di Cesare, di esercitare funzioni repressive o di controllo, sotto l’aspetto giuridico, amministrativo, fiscale e anche militare, atte ad assicurare l’ordine, la sicurezza, la difesa della popolazione e dei confini territoriali, e quindi il perseguimento del bene comune. Continua a leggere
Stamattina 12 giugno 2022 ho litigato, mio malgrado, con un prete cui devo molto, ma a causa del fatto che devo molto di più a Colui per il quale sono appunto in una condizione di debito verso quei suoi “rappresentanti” che, di tanto in tanto, in un momento particolarmente difficile della sua Chiesa, mi consentono di onorarlo e adorarlo come Egli merita. Per che cosa ho litigato? Per la guerra omicida in corso in Ucraina, per il fatto che gran parte della odierna Chiesa cattolica abbia assunto posizioni neutrali, di non belligeranza, di pacifismo indiscriminato, e in realtà, almeno in questo caso, di vile e turpe miopia, di incapacità politica e soprattutto spirituale di leggere correttamente la drammatica vicenda storica che si sta ora consumando ad esclusivo danno del popolo ucraino ma, virtualmente, con intrinseche e concrete possibilità di totale annientamento per l’intera umanità. Tale vicenda è peraltro punteggiata, sempre più spesso, da un indecoroso ed ipocrita umanitarismo moralistico, formalmente volto a favorire il dialogo e accordi di pace tra russi e ucraini ma in sostanza funzionale a salvaguardare la pelle e meschini interessi di bottega di quanti ancora non si trovano direttamente coinvolti nel conflitto: secondo il prete di cui sopra, in fin dei conti noi cristiani e cattolici ancora non sapremmo molto delle vere ragioni che hanno indotto i russi ad invadere l’Ucraina, e d’altra parte non possiamo né ignorare che ad uccidere non sarebbero solo i russi ma anche i loro nemici, né negare che la violenza genera sempre violenza: che, come a tutti coloro che siano dotati di buon senso, non può che apparire in parte come una mistificante razionalizzazione e in parte come un micidiale e deprimente mixer, cui il popolo cristiano è non di rado soggetto, di stupidità, insensibilità morale, fraintendimento evangelico, e alla fine anche vigliaccheria umana.
Poiché certa Donatella Di Cesare, ordinaria di filosofia teoretica in una Università romana, ha studiato a Tubinga e Heidelberg, dialogando in tedesco con Gadamer, e poi ha frequentato Derrida, leggendo in pari tempo in lingua francese Sartre e in greco antico Aristotele, pubblicando molti libri, non senza sferrare un poderoso attacco all’antisemitismo, non può certo essere tacciata, secondo il firmatario di una sua difesa d’ufficio su “Il Fatto Quotidiano” del 24 maggio u.s., di ignoranza, stupidità, incapacità logica e culturale, come invece ha osato fare Aldo Grasso dalle colonne del “Corriere della Sera”. Ma, in realtà, se si dovesse pensare che un cattedratico sia un grande cattedratico e non, per esempio, un filibustiere senza qualità intellettuali e morali, ma potrei usare anche espressioni più colorite, si dovrebbe anche riconoscere e accettare che tutto ciò che esiste (che esiste, non che è reale), anche sui diversi piani istituzionali dell’organizzazione dello Stato, per ciò stesso debba essere letto come espressione di razionalità, il che è palesemente falso.
Pavel Alexandrovič Florenskij, scienziato, epistemologo, filosofo, presbitero e teologo, nonché cultore delle arti figurative, vive in Russia tra la fine dell’ottocento e il primo quarantennio circa del novecento in un contesto socio-culturale segnato dalla contrapposizione tra un bigottismo religioso conservatore e reazionario e un massimalismo ateo e rivoluzionario di tipo fanatico e sanguinario. La scelta di questo grande esponente della cultura russa e del pensiero scientifico ancor più che teologico contemporaneo sarebbe stata quella di prendere le distanze assai per tempo da entrambi questi schieramenti, dal primo a causa del suo improduttivo e dannoso mutismo spirituale e dal secondo per la sua intrinseca e prevenuta carica di odio e di morte. D’altra parte, benché, in tanta diffusa desolazione, si sentisse attratto in modo quasi naturale dalla Chiesa e dalla spiritualità cristiana ortodossa che essa veniva istituzionalmente veicolando, vedeva chiaramente come l’una e l’altra, tranne rare eccezioni, non venissero per nulla onorate da preti corrotti e ignoranti la cui presunta vocazione religiosa risultava servilmente subordinata e resa funzionale a molto più concreti interessi mondani e politici.
C’è molta gente comune in Italia che dà del “cretino” e del “raccomandato” a quel professor Orsini che, a differenza di diversi altri intellettuali ben più qualificati e distaccati di lui, cerca di intrufolarsi nel maggior numero possibile di studi televisivi italiani. “Cretino”, perché sembra non aver ancora capito che, dinanzi a prepotenti patentati quali possono essere delinquenti comuni, mafiosi, camorristi, colletti bianchi capaci di violenza e vessazione intimidatorie o ricattatorie, e naturalmente farabutti e criminali come i Putin e i suoi sodali, uomini e popoli che abbiano ancora alto il senso della dignità e dell’onore non possono essere disposti a chinare il capo e a lasciarsi asservire senza opporre alcuna resistenza, ma reagiscono con tutto il coraggio e i mezzi di cui dispongono non solo per difendere e proteggere la propria vita e soprattutto quella dei propri cari, dei propri cittadini e connazionali, ma anche per testimoniare la loro istintiva fedeltà a ideali di giustizia, di civile convivenza internazionale e di rispetto della propria identità nazionale. “Raccomandato”, perché questo professorino, uscito dal nulla e dalla provenienza politico-culturale molto incerta e ambigua, e che ripete a pappagallo, in qualunque sede venga invitato e intervistato, tre o quattro concetti che non richiedono certo particolare studio ed appartengono ad un ben riconoscibile formulario ideologico, molto probabilmente sarà stato inserito nel mondo massmediale nazionale da uno dei tanti e mediocri potenti di turno che, in questo caso specifico, si trovino ad avere interessi politici e finanziari coincidenti con quelli sterminati dell’area russa di Putin e dei suoi ricchissimi, ingordi e cinici oligarchi.
L’eroico presidente ebreo dell’Ucraina, Volodymyr Zelens’kyj, comico di professione, mentre sta onorando magnificamente il mandato ricevuto dal suo popolo, con un inedito e sorprendente spirito di resistenza nei confronti dei nazisti russi del terzo millennio, in realtà, suo malgrado, riesce anche a ridicolizzare gran parte del mondo politico internazionale che assiste in modo sostanzialmente ipocrita e passivo al massacro in corso nell’est europeo.
Segnali incoraggianti: la giustizia sembra ricordarsi della