Omaggio a Pavel Alexandrovič Florenskij

Pavel Alexandrovič Florenskij, scienziato, epistemologo, filosofo, presbitero e teologo, nonché cultore delle arti figurative, vive in Russia tra la fine dell’ottocento e il primo quarantennio circa del novecento in un contesto socio-culturale segnato dalla contrapposizione tra un bigottismo religioso conservatore e reazionario e un massimalismo ateo e rivoluzionario di tipo fanatico e sanguinario. La scelta di questo grande esponente della cultura russa e del pensiero scientifico ancor più che teologico contemporaneo sarebbe stata quella di prendere le distanze assai per tempo da entrambi questi schieramenti, dal primo a causa del suo improduttivo e dannoso mutismo spirituale e dal secondo per la sua intrinseca e prevenuta carica di odio e di morte. D’altra parte, benché, in tanta diffusa desolazione, si sentisse attratto in modo quasi naturale dalla Chiesa e dalla spiritualità cristiana ortodossa che essa veniva istituzionalmente veicolando, vedeva chiaramente come l’una e l’altra, tranne rare eccezioni, non venissero per nulla onorate da preti corrotti e ignoranti la cui presunta vocazione religiosa risultava servilmente subordinata e resa funzionale a molto più concreti interessi mondani e politici.

Anche per questo, ad ogni altra cosa egli preferiva la contemplazione della natura, della bellezza e dell’armonia che essa veniva sprigionando insieme a quell’alone permanente e impenetrabile di mistero che non poteva non suscitare nella sua potente immaginazione creativa una sete inesauribile di conoscenza. Si può ben dire che il mistero sia stato il fulcro essenziale della ricerca scientifica e della riflessione filosofico-religiosa di Florenskij, che avrebbe presto abbracciato la vita religiosa e sacerdotale e che tuttavia avrebbe sempre pensato che non ci fosse un modo migliore di testimoniare e glorificare Dio che spendere la propria vita nella conoscenza scientifica delle profonde e complesse leggi dell’universo e della vita, congiuntamente ad uno strenuo impegno nella difesa della dignità umana e dei suoi basilari valori etici e spirituali. Non è un caso che egli sarebbe morto assassinato da aguzzini stalinisti nel ’37 dopo essersi accusato di colpe non commesse per salvare la vita dei veri colpevoli.

La natura, il cosmo, erano pieni di misteri, da essi scaturivano domande complesse, interrogativi mai compiutamente risolvibili, enigmi irriducibili a princìpi o fondamenti ultimi e definitivi; eppure tutta quella complessità, quella bellezza, quella inestricabile interconnessione tra aspetti e piani molteplici e diversi del reale, non potevano essere casuali, accidentali, perché manifestazioni evidenti di una intelligenza, di una logica, di un ordine, troppo precisi, puntuali, troppo pregni di sopraffina e stupefacente razionalità per poter rimanere privi di senso e di scopo: la ragione, nella sua lucida facoltà intuitiva prima che nella sua più elaborata attività discorsiva, intravedeva o percepiva in tutta quella mirabile congerie di fenomeni tra loro correlati e intrecciati il segno non già di un’assenza, del nulla, ma di una presenza, di un’entità non riducibile a parametri umani o traducibile per mezzo di definizioni o classificazioni scientifiche e, tuttavia, sia pure indiziariamente indicativa di una sapienza così eccelsa, di una perfezione talmente ridondante, di una profondità abissale dotata di significati talmente inesauribili da non poter resistere alla naturale e benefica tentazione di identificare quella presenza con una presenza divina.

Nel caso della poliedrica ed effervescente genialità scientifica di Pavel Florenskij, che non a caso sarebbe stato definito il “Leonardo da Vinci della Russia”, oltre che, per la sua intensa vena mistica, il “Pascal russo”, quella presenza divina non avrebbe potuto configurarsi in senso panteistico ma, in conformità alla sua scelta rigorosamente cristiana di vita, in senso trascendente e sovrannaturale e, in questo senso, appare ben comprensibile come per il grande scienziato russo il trascendente dovesse costituire il vero fondo ontologico di ogni realtà fenomenica come di ogni conoscenza scientifica, il principio originario e il fine ultimo di quel Tutto o totalità, da cui nulla di ciò che esiste tanto materialmente quanto intellettivamente può prescindere e indipendentemente da cui non c’è nulla che possa risultare oggetto di esaustiva intelligibilità.

Così come la funzione di ogni singolo organo corporeo è correlato organicamente a tutto l’organismo e questo non equivale semplicemente alla somma delle sue parti, allo stesso modo ogni fenomeno dell’universo non è spiegabile al di fuori del suo rapporto organico con il Tutto, con l’insieme cosmico, e lo stesso insieme cosmico in se stesso considerato, se da una parte, in chiave olistica, può consentire di capire come ogni fenomeno, ogni legge, ogni processo del reale sia profondamente interconnesso con tutti gli altri fenomeni, leggi, processi del reale stesso, dall’altra non è spiegabile razionalmente come una sommatoria algebrico- matematica di parti, di processualità fenomeniche, di accurate descrizioni protocollari di natura fisico-biologica, dovendosi piuttosto ricercarne la legge generale di funzionamento, l’origine generatrice di ogni funzionalità fenomenica, in una dimensione radicalmente altra, diversa da quella naturale, e tuttavia in questa profondamente e diffusamente attiva o operante, al punto che il mondo naturale e la scienza o le scienze della natura siano sempre più partecipi dell’architettura divina.

Tutto ciò che si manifesta fenomenicamente nel mondo, per Florenskij, è un simbolo del divino, è un segno di quella realtà noumenica che per Kant era accessibile solo per via morale e non per via conoscitiva e che invece per lo scienziato russo è accessibile, sia pure sempre imperfettamente e per graduale approssimazione, anche da un punto di vista conoscitivo e scientifico. Immanenza e trascendenza sono due momenti di un’unica realtà: la prima perché la seconda venga manifestandosi nell’universo e incarnandosi nella sarx storico-mondana, venga cioè umanizzandosi; la seconda perché la prima, non solo in quanto vita ma in quanto vita cosciente, si ponga alla ricerca delle sue origini e, di esodo in esodo sul piano razionale ed esistenziale, aspetti che le si riveli la sua destinazione. Florenskij, sotto il profilo specificamente scientifico, può e deve essere considerato come un antesignano di quell’approccio olistico ai problemi dell’universo e della biosfera, di quella “scienza della complessità” che, sebbene in una prospettiva non religiosa, costituisce la più recente e significativa declinazione della scienza contemporanea.  

Francesco di Maria

 

 

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