Super green pass, alcuni provvedimenti giudiziari stanno dando ragione a chi ne è sprovvisto*

Segnali incoraggianti: la giustizia sembra ricordarsi della Costituzione e del concetto di dignità umana in essa richiamato. All’articolo 2 sono riconosciuti – non attribuiti – i diritti inviolabili dell’uomo, connessi alla sua dignità. L’articolo 3 riconosce a tutti i cittadini “pari dignità sociale”, senza distinzioni o discriminazioni. L’articolo 4 riconosce il diritto/dovere al lavoro, su cui la Repubblica è fondata (art.1). L’articolo 32, oltre a prevedere che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, sancisce che tale legge “non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. L’articolo 36 stabilisce il diritto del lavoratore a una retribuzione “sufficiente ad assicurare a lui e alla sua famiglia una vita libera e dignitosa”.

Riflettere sul valore della dignità umana è più che mai importante oggi, quando l’aggressione a tale dignità appare senza precedenti. Dopo il green pass “base”, già di per sé censurabile a nostro avviso dal punto di vista costituzionale, è stato previsto il super green pass, che si ottiene solo da vaccinati o guariti da Covid-19 e che, inizialmente richiesto per diverse attività al chiuso, è stato poi esteso a coprire quasi tutti gli ambiti della vita per le persone dai 12 anni di età. Il decreto legge 1 del 7 gennaio 2022, oltre ad avere esteso l’obbligo del green pass per l’accesso a praticamente tutti i servizi e tutte le attività commerciali eccetto quelle essenziali, ha introdotto l’obbligo vaccinale (già previsto prima per alcune categorie di lavoratori) per tutti i lavoratori che abbiano compiuto (o debbano compiere entro) 50 anni fino al 15 giugno 2022, prevedendo inoltre la necessità di super green pass per l’accesso al lavoro dal 15 febbraio 2022, pena pesanti sanzioni pecuniarie.

Chi non accede al lavoro in quanto sprovvisto di super green pass è considerato assente ingiustificato, con conseguente sospensione della retribuzione. Palese la violazione degli articoli 32 e 36 della Costituzione, sopra ricordati. In una recente intervista, Alessandro Mangia, professore di diritto costituzionale all’Università Cattolica di Milano, ha evidenziato che lo scopo della retribuzione è di “garantire un’esistenza libera e dignitosa” e pertanto si è chiesto se sia “libera e dignitosa la vita di chi si deve vaccinare per lavorare e arrivare a fine mese”.

Diversi recenti provvedimenti giudiziari si sono occupati di tali questioni. Il Tribunale di Velletri ha riammesso al lavoro un’operatrice sanitaria sospesa in quanto non vaccinata, posta la “rilevanza costituzionale dei diritti compromessi (dignità personale, dignità professionale, ruolo alimentare dello stipendio)”.

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Il Consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia, nel caso di uno studente di infermieristica non vaccinato, ha richiesto informazioni al Ministero della Sanità, per vagliare se l’obbligo vaccinale sia o meno conforme al dettato costituzionale. Il Tar del Lazio, con tre recenti decreti, in vista della valutazione collegiale circa la costituzionalità dell’obbligo vaccinale ha sospeso “la privazione della retribuzione” in quanto privazione della “fonte di sostegno delle esigenze fondamentali di vita”, per tre dipendenti del Ministero della Giustizia.

Tre importanti decreti cautelari emanati dal Presidente della Quinta Sezione del Tar Lazio, il dottor Leonardo Spagnoletti, hanno sospeso l’efficacia dei provvedimenti che hanno tolto la retribuzione a dei dipendenti del Ministero della Giustizia non vaccinati: secondo alcuni analisti “non sono più da considerare provvedimenti favorevoli isolati e di un orientamento minoritario, ma di decreti cautelari sempre più numerosi e frequenti”.

Sempre il Tar del Lazio ha riammesso al lavoro diversi dipendenti del Ministero della Difesa che avevano sollevato l’incostituzionalità della norma relativa all’obbligo vaccinale. Il Tar della Lombardia, nel procedimento n. R.G. 109/2022 promosso da una psicologa contro il relativo Ordine professionale, ha dato atto di avere sollevato la questione di illegittimità costituzionale della normativa sull’obbligo vaccinale nella parte in cui, in caso di inadempimento dell’obbligo, è prevista “l’immediata sospensione dall’esercizio della professione sanitaria” e ha sospeso parzialmente il provvedimento di sospensione, limitandolo alle prestazioni “che implicano contatti interpersonali o comportano… il rischio di diffusione del contagio”.

 

La violazione della dignità umana è da rilevare anche rispetto all’obbligo vaccinale surrettizio che si ha con il super green pass, richiesto ai cittadini dai 12 anni di età, a pena della loro esclusione da servizi pubblici essenziali (i trasporti), attività sportive, culturali, aggregative e che comporta plurime discriminazioni in ambito scolastico. In un momento in cui gli altri Stati europei abbandonano le misure restrittive, prima tra tutte il green pass nelle sue diverse versioni, e i decisori italiani invece inviano segnali negativi o al più contraddittori al riguardo, ci si augura che la magistratura si esprima al più presto anche su questi aspetti.

* Pubblicato in “Il Fatto Quotidiano” del 18 febbraio 2022, a firma di Elena Dragagna, avvocato, Gilda Ripamonti, giurista, Sara Gandini, epidemiologa/biostatistica

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