Per l’arcivescovo Viganò i “figli della luce” fanno capo a Donald Trump!

Per Viganò i “figli della luce” sono la maggioranza del popolo americano, quelli cioè che sostengono Trump, mentre i “figli delle tenebre” sono coloro che, cospicua minoranza, hanno utilizzato la pandemia per rovesciare il governo Trump o almeno per metterlo in gravi difficoltà. E c’è di più: perché anche i disordini sociali e le proteste di piazza sempre più numerosi in USA come in Europa e in Italia sarebbero usati strumentalmente per abbattere lo status quo. Anche in ambito religioso ci sarebbe in questi giorni una divisione di campo: tra Pastori infedeli, che approfittano del coronavirus per indebolire ulteriormente le strutture liturgico-sacramentali e spirituali della Chiesa, il che a mio avviso potrebbe essere parzialmente vero, e Pastori fedeli che, al pari dei buoni governanti come Trump, combattono contro il “nemico invisibile” e non tanto invisibile (ovvero il deep state, lo Stato profondo o nascosto che agisce trasversalmente attraverso gli Stati e all’interno di essi) di Cristo e della sua Chiesa.

Donde mons. Viganò appare tranquillo di poter affermare quanto segue: «Per la prima volta gli Stati Uniti hanno in Lei un Presidente che difende coraggiosamente il diritto alla vita, che non si vergogna di denunciare le persecuzioni dei Cristiani nel mondo, che parla di Gesù Cristo e del diritto dei cittadini alla libertà di culto. La Sua partecipazione alla Marcia per la Vita, e più recentemente la proclamazione del mese di aprile quale National Child Abuse Prevention Month sono gesti che confermano in quale schieramento Ella voglia combattere. E mi permetto di credere che entrambi ci troviamo compagni di battaglia, pur con armi differenti. Per questo motivo ritengo che l’attacco di cui Ella è stato oggetto dopo la visita al Santuario nazionale San Giovanni Paolo II faccia parte della narrazione mediatica orchestrata non per combattere il razzismo e per portare ordine sociale, ma per esasperare gli animi; non per dare giustizia, ma per legittimare la violenza e il crimine; non per servire la verità, ma per favorire una fazione politica. Ed è sconcertante che vi siano vescovi – come quelli che ho recentemente denunciato – che, con le loro parole, danno prova di essere schierati sul fronte opposto. Essi sono asserviti al deep state, al mondialismo, al pensiero unico, al Nuovo Ordine Mondiale che sempre più spesso invocano in nome di una fratellanza universale che non ha nulla di cristiano, ma che evoca altresì gli ideali massonici di chi vorrebbe dominare il mondo scacciando Dio dai tribunali, dalle scuole, dalle famiglie e forse anche dalle chiese» (in “Corrispondenza Romana” del 7 giugno 2020). Parole parzialmente vere, se si prescinde dal fatto che esse abbiano in Trump un interlocutore privilegiato, ma che invece appaiono inattendibili proprio perché indirizzate a quest’ultimo.

Ora, premesso che esistono anche atei schierati a difesa del diritto alla vita, contro gli abusi sui minori e capaci di indignarsi e protestare a causa della persecuzione di cui sono oggetto i cristiani in diversi Paesi del mondo, premesso altresì che l’ideologia comune a tutti i presidenti americani, repubblicani e democratici, è sostanzialmente, almeno dai tempi di Kennedy, quella dell’America First, come fino alla nausea suole ripetere lo stesso presidente Donald Trump, per cui il tenore di vita degli americani non può e non potrà essere negoziabile per nessuna ragione al mondo, lascia oggettivamente perplessi il fatto che un uomo di Chiesa come mons. Viganò, di certo esperto conoscitore di cose umane, sorvoli completamente sulla prestigiosa ma anche oscura carriera imprenditoriale di Trump e sulle immani ma sempre molto discusse fortune economiche ad essa connesse, sulla sua capacità corruttiva e sulle numerose accuse di molestie sessuali che lo riguardano pur non essendo mai approdate in sede giudiziaria, sulla sua profonda disumanità manifestata in materia migratoria e in materia sanitaria con politiche non di legittima regolamentazione dei flussi migratori (come sono state per esempio quelle del ministro Salvini) e di semplice razionalizzazione dell’assistenza sanitaria ma con un radicale e sprezzante disconoscimento del diritto d’asilo e del diritto universale di cura per tutti i cittadini indistintamente, sul suo essere un fautore ad oltranza del produttivismo e del consumismo capitalistici anche a scapito di qualunque preoccupazione di tipo ambientalistico, e poi confidi in lui come in un uomo giusto e attendibile, saggio e pacifico, e in un nemico del mondialismo, del pensiero unico, del conformismo di massa e di qualsivoglia associazione massonica imperante nel mondo a danno dei valori cristiani.

Fermo restando che su ognuno di noi l’ultimo giudizio spetta solo a Dio, è quanto meno singolare che un uomo, un religioso, un uomo di Chiesa, un alto prelato cattolico presumibilmente abituato a nutrirsi di fede evangelica soprattutto dal giorno della sua ordinazione sacerdotale, non avverta alcuna difficoltà morale, spirituale e religiosa ad elogiare sperticatamente, e proprio in funzione di una difesa della fede cristiana nel mondo, un personaggio come Donald trump. Ad elogiarlo, però, con parole che, pur non completamente prive di veridicità, difficilmente sembrano riconducibili ad un modello particolarmente luminoso e prudente di fede nell’insegnamento di Cristo Gesù: «È necessario», scrive Viganò, «che i buoni, i figli della luce, si riuniscano e levino la voce. Quale modo più efficace di farlo, pregando il Signore di proteggere Lei, Signor Presidente, gli Stati Uniti e l’umanità intera da questo immane attacco del Nemico? Dinanzi alla forza della preghiera cadranno gli inganni dei figli delle tenebre, saranno svelate le loro trame, si mostrerà il loro tradimento, finirà nel nulla quel potere che spaventa fintanto che non lo si porta alla luce e si dimostra per quello che è: un inganno infernale».

Forse, come lo stesso Viganò ha insinuato, papa Francesco è talvolta criticabile per un uso tendenzialmente strumentale del vangelo, ma francamente affidare la spiritualità cristiana e cattolica ad un uomo, e non solo ad un uomo politico, così cinicamente pragmatico e carico di utilitarismo spicciolo come Donald Trump, non sembra il modo migliore per creare un valido contrappeso alla eventuale “creatività” pontificia. E, purtroppo, può capitare che anche certi moralizzatori pubblici della Chiesa cattolica, tra cui va di certo annoverato Viganò con ben noti giornalisti cattolici quali per esempio Antonio Socci o Aldo Maria Valli, non si accorgano di quanto ancora ci sia da moralizzare entro se stessi.

Francesco di Maria

 

 

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