Matteo Renzi tra europeismo e patriottismo

di Beniamino Tartaro

Le regole non si toccano, i patti vanno rispettati, la flessibilità può essere concessa e praticata solo nel quadro della stabilità, le nomine politiche europee devono essere concordate secondo criteri di sicura affidabilità images (81)e di solida esperienza politica acquisita in campo internazionale, la politica estera ed economica dev’essere apertissima verso quei Paesi dell’Europa orientale che chiedono di entrare a far parte della UE ma molto cauta e guardinga nei confronti della Russia di Putin, l’immigrazione può e deve certo diventare problema più “europeo” di quanto ancora non sia anche se probabilmente non potranno essere integralmente accolte le richieste italiane di assistenza umanitaria in Africa, di diretto coinvolgimento europeo nel soccorso in mare, di trasferimento della sede di Frontex in Italia e di diritto d’asilo non limitato al Paese di primo ingresso.Quanto alla stessa Italia, è perfettamente inutile che essa invochi maggiore flessibilità in funzione dello sviluppo e della crescita, se poi, come è accaduto sinora, non sia capace di spendere o di utilizzare correttamente i fondi europei pure cospicui, ma finisca per dissiparli in opere inutili o mai portate a compimento, in progetti non previsti che si configurano come vere e proprie infrazioni al regolamento dell’Unione, e in elargizioni a soggetti e a gruppi privati non legittimati a riceverli oppure cosí corrotti da farne un uso improprio o decisamente illegale.images (82)

Da quando Matteo Renzi è comparso sulla scena europea in qualità di leader dell’Italia, sono state queste sostanzialmente le obiezioni e le ammonizioni preventive che, sia pure in modo formalmente garbato, le principali strutture europee di potere sono venute muovendogli, il che significa che, se il buon tempo si vede dal mattino, Renzi dovrà prepararsi ad una guerra di posizione molto lunga e difficile che potrà concludersi solo in due modi: o il riallineamento dell’Italia all’Europa dei banchieri e dei burocrati, per dirla in maniera elegante, o la fuoruscita del nostro Paese, sperabilmente nel modo più incruento possibile, dalla stessa Unione Europea.

Mi pare che tertium non datur: è cioè molto improbabile che Renzi riesca a trasformare l’Europa secondo le sue aspettative e i suoi pur legittimi e sensati calcoli nazionali.

Egli d’altra parte ha sinora dimostrato, con discorsi e interventi sempre puntualmente centrati su un’idea di nuova Europa, di Europa dei popoli e cosí via, di sapere bene a cosa sarebbe andato e andrà incontro: a un duro scontro di potere tra interessi finanziari consolidati attorno ad uno Stato-guida come la Germania di Merkel e interessi finanziari reali come quelli dei Paesi europei meridionali, tra cui appunto l’Italia, che si tratterebbe finalmente di far valere nel dibattito politico europeo e di perseguire concretamente con una riforma complessiva dell’impianto legislativo e fiscale europeo.

E’ ovvio che Renzi molto intelligentemente sta procedendo per gradi: non si è presentato in Europa come uno che voglia dichiarare guerra al “progetto europeo” ma come uno che,

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appellandosi abilmente al rispetto della volontà popolare manifestatasi in Italia e in altre nazioni europee, sente di poter chiedere autorevolmente agli altri partners, a cominciare dalla Germania, un cambiamento di stile e di passo, un riorientamento sostanziale dei processi decisionali europei in modo da favorire la ripresa economica dei Paesi oggi in difficoltà, che dovrebbe costituire, egli sottolinea, un obiettivo importante da raggiungere per gli stessi Paesi centro-settentionali che navigano o sembrano navigare al momento in acque migliori.

Tuttavia, egli sa che la partita sarà molto impegnativa (come si può facilmente evincere anche dalla recente e ingiustificata opposizione europea alla proposta renziana di un ministero europeo degli esteri da affidare a Federica Mogherini), anche se più incerta appare la sua consapevolezza del fatto che questa costruzione europea cosí com’è nella sua forma attuale è nata storicamente per defraudare sia pure progressivamente i popoli e arricchire le oligarchie finanziarie europee e mondiali, per ridurre drasticamente la sovranità nazionale degli Stati democratici occidentali e preparare l’avvento di un nuovo ordine mondiale fondato sulla tirannia del denaro e sull’egemonia di un pensiero unico o più esattamente di quel pensiero unico imposto da potentati finanziari talmente omnipervasivi seppur minoritari da rendere del tutto marginale o irrilevante qualsivoglia espressione o voce di libertà e di dissenso, sia a livello individuale sia a livello collettivo.images (80)

In questo senso, è davvero difficile prevedere se alla lunga Renzi potrà operare realmente nell’interesse dei popoli e del suo stesso popolo o dovrà capitolare sotto le ingiunzioni sempre più violente di quei poteri europei che oggi egli si propone di modificare in senso democratico e popolare, anche se non vi è alcun dubbio circa il fatto che egli sarà europeista nei limiti in cui l’Europa gli consentirà di lavorare proficuamente al bene e alla rinascita economica e civile della sua Italia. Se invece dovesse rivelarsi europeista oltre questi limiti, egli, qualunque riforma istituzionale ed elettorale sarà in grado di realizzare in Italia, farà la fine di tutti quelli che lo hanno preceduto al governo nazionale.

 Beniamino Tartaro

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