Lupacchini a Gratteri: nel distretto di Catanzaro troppi errori giudiziari*

Era stato il procuratore generale della Corte di Appello di Catanzaro Otello Lupacchini a lanciare l’allarme durante la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario sui troppi, tanti casi di ingiusta detenzione, conseguenza di indagini sbagliate o mal condotte, proprio nel distretto giudiziario di Catanzaro. Un allarme che trova conferma anche nelle ultime inchieste prodotte dalla Dda di Catanzaro: partite col suono delle fanfare e finite tutte a tarallucci e vino. Il caso del presidente della Regione Calabria Mario Oliverio, riabilitato dalla suprema Corte di Cassazione dopo essere stato sottoposto alla misura dell’obbligo di dimora da Gratteri nell’operazione denominata “Lande Desolate”, conferma la tendenza della procura di Catanzaro a commettere errori giudiziari.

Dice Lupacchini: “Nel 2017 il distretto di Catanzaro ha speso per gli indennizzi 8 milioni e 900 mila euro. Più del doppio di quanto si è speso per i casi della capitale. Il distretto con il maggior numero di casi indennizzati è quello della Corte d’Appello di Catanzaro che per il sesto anno consecutivo si è confermata tra i primi tre posti con 158 persone che nel 2017 hanno subito una ingiusta detenzione. Seguono i distretti di Roma con 137 e di Napoli con 113. Catanzaro e Roma sono anche le città in cui lo Stato ha speso di più in risarcimenti liquidati alle vittime di ingiusta detenzione”.

Un modo “garbato” per sottolineare che nello svolgimento delle indagini ad opera della procura di Catanzaro c’è qualcosa che non va se alla fine quasi tutte le inchieste si sono risolte con un nulla di fatto. A cosa è dovuto questo è presto detto, anche se Lupacchini non lo dice apertamente: incapacità, mala gestione, superbia, presunzione e mala fede, il tutto condito con un pizzico di corruzione, che negli uffici giudiziari non manca mai. Quello che interessa alla procura di Catanzaro non è tanto il risultato finale dell’inchiesta, ma la grancassa mediatica che rimbomba il giorno dell’operazione, tutto finalizzato all’esposizione mediatica di Gratteri, indispensabile per alimentare il suo falso mito. Come vanno a finire i processi, non interessa a nessuno. Quello che conta è apparire su tutte le reti TV per vantarsi e poter vendere qualche libro in più. Della Giustizia poco gli importa.

Gratteri sa bene che l’annullamento delle ordinanze, che sistematicamente arriva ad ogni sua inchiesta, non ha lo stesso clamore mediatico del giorno del blitz: nessun organo di informazione riporta in prima pagina e a caratteri cubitali la scarcerazione degli imputati, a differenza del giorno dell’arresto.

La relazione di Lupacchini dimostra, numeri alla mano, che il mito Gratteri è solo tale, e che nella realtà le cose vanno in altro modo. E i numeri sono numeri, non opinioni. Le sue operazioni non solo non servono a nulla, ma spesso producono seri danni economici ai cittadini che oltre alla sua scorta, devono pagare anche i danni che ogni giorno combina:milioni di euro di risarcimento alle vittime della sua ingiustizia.

Ora è chiaro a tutti che Gratteri è solo fumo e niente arrosto. Gratteri vive, professionalmente, di rendita: il suo falso mito è alimentato da alcune sue operazioni condotte in passato contro qualche pastore dedito allo smercio di droga. Niente di più. Mi sa che è arrivato il momento di chiedere le dimissioni di Gratteri che ha dimostrato di amare più i riflettori che la Giustizia. Del resto di fare il magistrato Gratteri non ne ha più voglia, e lo ha dimostrato rincorrendo la politica e i riflettori. A questo punto è meglio che concluda la sua carriera all’Isola dei Famosi dove può fare solo danni “limitati” (ve lo immaginate quale iattura sarebbe per i suoi compagni di sventura?), comunque sempre meno che in un’aula del tribunale, visto che preferisce i riflettori al Codice penale.

*Pubblicato in “Iacchité” del 22 marzo 2019

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