Italia: addio all’Unione Europea?

di Corrado Tommaselli

imagesMolti hanno sempre pensato che l’Unione Europea o meglio quest’Unione Europea, la sua moneta unica,  le sue direttive finanziarie, il complesso di leggi da essa emanate e volte ad uniformare le politiche generali degli Stati che ne fanno parte, il suo modo angusto e univoco di considerare le specificità civili e culturali dei diversi popoli europei, rappresentasse una grave iattura per il destino di quest’ultimi ancor prima di poter disporre di concreti e oggettivi dati empirici, come quelli odierni, che dimostrassero sempre più come la crisi non solo politica ed economica ma morale e culturale dell’Europa fosse ormai insanabile ed irreversibile.

Per converso, anche le previsioni catastrofiche di larga parte di intellighenzia nazionale ed internazionale circa i disastri che sarebbero derivati dalla fine della UE, lungi dal rivelarsi fondate, sembrano andare incontro alle “dure repliche” di una storia contemporanea in cui di stabile e di sicuro sembra esserci ben poco e dove la realtà economica e politica internazionale è in continua evoluzione.

imagesLa Brexit, per esempio, che secondo gli esperti avrebbe dovuto aggravare la situazione interna della Gran Bretagna, pur rendendo più problematica la tenuta dell’Europa, in realtà, al momento, sta di certo incrementando il tasso di sfaldamento della compagine europea, ma non certo quello dell’economia inglese, che anzi sembra conoscere un forte e insperato rilancio con imprese che finalmente decollano, con un’occupazione che tende a crescere come non mai, con investimenti che aumentano a vista d’occhio.

Benché la sterlina abbia perduto valore, le esportazioni, e proprio per questo motivo, vanno crescendo in misura soddisfacente, anche se in pari tempo le importazioni, specie di materie prime, tendono a diminuire perché più costose di prima. Il consumo interno tende ad aumentare, mentre si riducono notevolmente le domande per il sussidio di disoccupazione e, infine, la Borsa di Londra, dopo aver annullato entro 15-20 giorni l’effetto Brexit, è cresciuta di ben il 10% dopo il crollo di giugno riportandosi sugli stessi livelli di agosto 2015.

Non è ovviamente tutto rose e fiori ma questi dati, per ora almeno, sono inconfutabili e significano solo una cosa: che non è affatto vero che, fuori della UE o dopo l’UE o senza l’UE, ci sia solo il nulla o il baratro! Lo comprende sempre meglio il nostro Renzi che persevera coraggiosamente ma non irresponsabilmente nel suo atteggiamento di sfida accesa ma costruttiva nei confronti di vertici europei incapaci di guardare al di là dei presunti interessi nazionali di Paesi influenti come Germania e Francia e quindi condannati a proporre ancora una volta provvedimenti fallimentari ai fini di uno sviluppo globale di tutte le realtà nazionali europee.

Renzi sembra aver posto implicitamente una sorta di download-99aut-aut: o ci date quello che ci serve per crescere e migliorare le nostre condizioni di vita, oppure siamo disposti anche a fare da soli e quindi ad uscire dall’Unione senza più rimanere soggetti alle restrizioni programmatiche e ai salassi fiscali che fino ad oggi hanno portato l’Italia a dare all’Unione stessa molto più di quanto abbia ricevuto. L’avviso è chiaro e non è affatto casuale, visto che l’Italia, nel campo manifatturiero è al secondo posto in Europa dietro la Germania e ha un bisogno estremo di esportare agendo sulla svalutazione della moneta che, con l’euro, non è possibile.images

Il suo PIL, nonostante questa sua posizione privilegiata a livello mondiale, non cresce quasi per nulla rispetto a quello del resto dell’Eurozona e al Giappone, e Renzi sa bene che per incrementare significativamente le esportazioni e, più in generale, tutta l’economia nazionale, bisognerà tornare alla lira, alla nostra mai dimenticata moneta nazionale. Il prossimo evento della fine dell’Unione Europea, dopo la Brexit, ha detto recentemente Christopher Wood, capo della strategia azionaria di un’importantissima società finanziaria e manageriale internazionale, sarà “l’uscita dell’Italia dalla UE”. Da Brexit a Quitaly (l’inglese ‘quit’ significa appunto ‘lasciare’): speriamo!

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