I capricci di Mattarella

Movimento 5Stelle e Lega hanno vinto le ultime elezioni politiche e non potevano non essere chiamati a governare. I loro rappresentanti politici hanno proposto il professor Giuseppe Conte come presidente del Consiglio al quale Mattarella ha dato un preincarico relativo alla consultazione di tutte le forze politiche e parlamentari e, successivamente, alla composizione di una lista di ministri da proporre per la formazione del nuovo governo. Conte, sentiti ovviamente Di Maio e Salvini che sono i suoi principali azionisti, ha stilato la sua lista di ministri in cui figura, al ministero dell’economia, il nome chiacchierato, non per motivi giudiziari ma esclusivamente politici, di Paolo Savona. Ora, poiché Savona è il simbolo dell’antieuropeismo e dell’antieuro, oltre che di un diffuso sentimento antitedesco e antifrancese, Mattarella non ritiene di poterlo nominare ministro dell’economia. Questo però non coincide affatto con le prerogative costituzionali assegnate al Capo dello Stato dall’art. 92 della Costituzione, che recita espressamente: «Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri e, su proposta di questo, i Ministri».

Mattarella dunque deve nominare i ministri non a prescindere da quello che propone il presidente designato del Consiglio ma sulla base di quel che quest’ultimo propone e, siccome l’unico nome proposto da Conte all’economia è quello di Savona, sulla base della sua indubbia competenza e della sua specchiata onestà, Mattarella deve decidere se, in mancanza di elementi giuridici o giudiziari che lo obblighino istituzionalmente a non rispettare la volontà dei suoi interlocutori, sia il caso di adeguarsi a quest’ultimi, oppure, in alternativa, sia preferibile un nuovo ricorso alle urne, visto che un governo senza Savona all’economia in parlamento non otterrebbe la fiducia di nessuno.

Un ricorso alle urne, beninteso, comporterebbe molto probabilmente una sconfitta ancora più eclatante per i partiti tradizionali e più istituzionali, come PD e Forza Italia, indipendentemente dal fatto che una siffatta eventualità potrebbe rivelarsi davvero catastrofica per il nostro Paese, e soprattutto una disonorevole sconfitta personale del Capo dello Stato al quale, a quel punto, non si potrebbe non attribuire una grave responsabilità disfattista in relazione alla pesante destabilizzazione che verrebbe abbattendosi sul quadro politico generale della repubblica italiana.  

In realtà, quella di Savona è una figura del tutto “pulita” e tutto quello che, nell’ambito della semplice dialettica politica, gli si può obiettare è il suo pur ragionato e argomentato antieuropeismo e antieuro. Che però a un osservatore sereno e distaccato non può che apparire irrilevante ai fini della possibilità costituzionale di conferirgli un incarico ministeriale. Anzi, in questo caso è il Capo dello Stato a non dover commettere l’errore di irrigidirsi sulle sue posizioni pregiudiziali che non possono non essere percepite da gran parte di popolo come frutto di puro e semplice pregiudizio politico o, peggio, come manifestazione di un sentimento ben poco patriottico e piuttosto subordinato ad interessi europei e internazionali non coincidenti con la difesa o il perseguimento degli interessi nazionali.

Sarà anche vero, come ricordano alcuni giornali politici ed economici, che Savona, tra il 2011 ed oggi, ha sbagliato le sue previsioni catastrofiste sul destino della UE, ma è anche vero che ha sbagliato solo perché non ha tenuto in debito conto la particolare astuzia strategica degli eurocrati di Bruxelles a cominciare da quel volpone di Mario Draghi, che usa le potenti leve di potere economico-finanziario di cui dispone ora per spremere fino a soffocare le economie nazionali dei Paesi più poveri o meno influenti politicamente, come la stessa Italia, ora per allentare la morsa del suo vergognoso dispotismo economico allorché i popoli comincino a dare seri segni di inquietudine e di ribellione al sistema. Perché è solo questa la strategia con la quale il capitalismo finanziario contemporaneo, che è sempre feroce, può sperare di sopravvivere.  Sostanzialmente, quindi, il giudizio di Savona è ben condivisibile anche se, al momento, non è dato sapere esattamente con quali strumenti politico-finanziari e con quali modalità tecniche egli potrebbe sostenere e tutelare gli interessi nazionali e innanzitutto gli interessi dei risparmiatori italiani nel caso in cui, nostro malgrado, si dovesse assistere ad un intransigente irrigidimento della UE circa la richiesta di rivedere e ridisegnare in modo più equo i trattati e alla concreta possibilità di un’uscita dell’Italia dall’Europa politica e monetaria oltre che dal mercato unico.

Ma, in ogni caso, è sacrosanto il diritto del nuovo governo, anche per mezzo del suo ministro dell’economia, a tentare di cambiare rotta della politica economica in Europa principalmente in rapporto alla situazione a dir poco privilegiata di cui usufruiscono la Germania, principalmente, e la Francia. E non si capisce perché Mattarella, trincerandosi dietro il suo ruolo “istituzionale” e gli stessi interessi supremi dei cittadini italiani, che però rischia solo di mascherare un suo interesse personale a ben figurare agli occhi di eurocrati, oligarchie finanziarie, testate giornalistiche che vivono all’ombra di enormi capitali e autorevoli statisti disseminati in diverse parti del mondo, si ostini a parlare con toni accesamente rivendicativi della sua autonomia decisionale e della sua libertà dalle ingiunzioni dei partiti in termini francamente impropri e inopportuni.

Se i ministri sono nominati da lui, questo significa solo che egli, dopo aver constatato che non sussistono ragioni formali per opporsi alle richieste di nomina ministeriale presentate dal presidente del Consiglio e dai partiti che lo hanno espresso, conferisce validità legale alle nomine proposte rendendole immediatamente operative. Non che tra Presidenza della Repubblica e Presidente incaricato del Consiglio non sia doveroso discutere di tutto ma, ove tutto sia in regola e i partiti di governo non siano disposti a transazioni di sorta, la prima non può pretendere, secondo una corretta interpretazione dell’art. 92 della nostra Costituzione, di entrare nel merito di scelte squisitamente politiche, non essendo questa la funzione di colui che, peraltro eletto non direttamente dal popolo ma dal parlamento e dalle forze politiche che vi siedono, è tenuto ad assolvere rigorosamente, checché ne dica lui stesso, una funzione notarile di fondamentale importanza per la salvaguardia del nostro ordinamento democratico-repubblicano.

Perciò, anche il PD, se non vuole andare incontro a nuove e più pesanti mazzate elettorali, pensi ad organizzare un’opposizione intelligente e credibile, anziché scalmanarsi stupidamente e demagogicamente su questioni di lana caprina.  Lo scrivo come elettore, disilluso e amareggiato, del PD; ma soprattutto come cittadino e osservatore obiettivo della realtà politica italiana.  

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