Fini-Giovanardi: le droghe tra politica e legge

di Fortunato Carrani

Nel febbraio scorso la Corte Costituzionale, accogliendo l’istanza precedentemente sollevata dalla terza sezione penale della
download (2)Cassazione, ritenne illegittima la legge Fini-Giovanardi del 30 dicembre 2005, n. 272, convertita con modificazioni dall’art. 1 della legge 21 febbraio 2006 n. 49, che dal 2006 disciplina l’uso delle sostanze stupefacenti, equiparando le droghe leggere a quelle pesanti. Bisogna però precisare che questa legge fu bocciata non per quello che stabilisce ma per il modo o per la procedura impropria con cui era stata approvata in parlamento. Adesso, tuttavia, le sezioni penali unite, presiedute dal primo giudice presidente Giorgio Santacroce, hanno interpretato la
download (3)sentenza della Consulta nel senso che essa, come tutte le pronunce di incostituzionalità, travolge tutto ciò che sia stato oggetto di sentenza definitiva, per cui dovranno essere riviste al ribasso le pene anche per quei soggetti che siano stati condannati in via definitiva in base alla Fini-Giovanardi e, in definitiva, ritorna in vigore la legge 162 del 1990 Jervolino-Vassalli come modificata dal referendum del 1993, che operava una distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti, fermo restando tuttavia il principio della illiceità tanto per l’uso di droghe pesanti (come cocaina ed eroina) quanto per l’uso di droghe leggere (come marijuana e hashish), uso che pertanto in ambedue i casi era considerato “da punire”, benché per i casi più lievi le sanzioni previste fossero di natura essenzialmente amministrativa.La legge Jervolino-Vassalli, per quanto si riferiva invece alla produzione e alla distribuzione o spaccio delle sostanze stupefacenti, le giudicava penalmente ben più gravi giungendo a prevedere in tal caso «la reclusione per periodi distinti secondo che si tratti di droghe leggere o pesanti e che la quantità sia “modica” o invece “notevole”, benché precisasse che, per il solo uso personale di droga, «con referendum del 1993…si sono abolite in ogni caso le sanzioni penali (il carcere)».

Si pensi che già tale legge fu definita a suo tempo come “liberticida”, un’accusa che sembrava essere condivisa dalla stessa Corte Costituzionale che con una sentenza del 1991 eccepiva che non fosse sufficiente avere una quantità di stupefacenti di poco superiore alla “dose media giornaliera” per far scattare il reato di spaccio.

Rispetto ad essa, in sostanza, la legge Fini-Giovanardi aveva abolito la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti portando ad un inasprimento delle sanzioni, anche se bisogna ricordare che la denuncia per spaccio, secondo questa stessa legge, non era automatica e lasciava al giudice un certo margine di discrezionalità, tanto che anche in questo caso, al momento della sua introduzione, non mancarono  polemiche tra chi, come i radicali e i gruppi della sinistra alternativa o antagonista, sosteneva che si potesse “andare in carcere per uno spinello” e chi invece sosteneva, e qui lo schieramento anche nella società civile era ben più ampio, che venisse data troppa discrezionalità al giudice.

Da un punto di vista politico, la critica più ricorrente alla Fini-Giovanardi è stata quella per cui essa avrebbe contribuito notevolmente negli ultimi anni, insieme ad un’altra legge di quello stesso periodo come la cosiddetta legge ex Cirielli che inaspriva le pene per i recidivi, al sovraffollamento delle carceri italiane, oltre al fatto, già sopra ricordato, di non aver distinto tra droghe leggere e droghe pesanti e di aver previsto pene sproporzionate rispetto alla pericolosità dei comportamenti da reprimere.

images (14)Adesso, indipendentemente dalle ripercussioni pure importantissime che la sentenza in parola e il relativo e recente intervento “esplicativo” della Cassazione potrebbero avere sul numero dei detenuti nelle carceri italiane, colpisce per la sua irresponsabile ingenuità il commento del guardasigilli Orlando che ha testualmente dichiarato: «Tra gli effetti delle misure sulle carceri non avevamo previsto un’aggressione del giudicato»! Tuttavia, c’è da ripetere che la sentenza della Consulta non è entrata nel merito dei contenuti previsti dalla Fini-Giovanardi, per cui da questo punto di vista non si può parlare di interferenza della più alta magistratura italiana sulla politica e sulle libere e sovrane decisioni parlamentari.

Non si può quindi escludere apriori che possa essere presentata un’altra legge che, pur recependo quanto da essa previsto, segua un diverso e corretto iter procedurale, sebbene lo stesso Gianfranco Fini, pur criticando la decisione della Cassazione che porterebbe probabilmente alla scarcerazione di molti spacciatori recidivi e di veri e propri delinquenti che arrecano solo danno alla società, non si opponga oggi all’idea che possano essere riviste le pene rispetto a quelle punitive previste dalla sua legge e possano essere sostituite da misure alternative di tipo terapeutico nonché finalizzate ad una riabilitazione psico-fisica dei consumatori di droga.

download (4)D’altra parte, come ha sottolineato Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento delle politiche antidroga di Palazzo Chigi, adesso occorre ridefinire le norme relative alla complessa e delicata materia in oggetto, perché dagli anni ’90 ad oggi «la realtà è profondamente cambiata: la stessa Jervolino-Vassalli è stata fatta quando c’erano certe droghe che non esistono praticamente più, quando la percentuale di Thc (il principio attivo) nella cannabis era del 5 per cento mentre oggi siamo arrivati al 55. E soprattutto per l’arrivo sul mercato di nuove droghe sintetiche che ai tempi non esistevano».

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Posizione apparentemente condivisa anche dal fronte antiproibizionista rappresentato da Patrizio Gonnella che però, mettendo subito ambiguamente le mani avanti, precisa che il nuovo testo non dovrà essere ideologico e punitivo come quello fino ad oggi in vigore. Ma, poiché il buon senso dice che dovunque circoli droga, leggera o pesante che sia, esiste, a dispetto di quanto ipocritamente vanno ripetendo radicali e frange consistenti della stessa sinistra parlamentare e renziana, un concreto ed oggettivo pericolo di danno fisico e psichico, quando non anche di morte, per gli individui che vi si assoggettino, con pesanti ricadute sulla tenuta delle famiglie e dello stesso tessuto sociale, l’auspicio è che il PD di Renzi pensi eventualmente di elaborare una nuova legge che, pur tenendo conto delle indicazioni delle famiglie, degli operatori e delle comunità di recupero, risulti alla fine tanto sensibile e responsabile verso il dramma dei “malati di droga” quanto intransigente nei riguardi degli spacciatori di droghe e ferma sul principio che drogarsi non è un diritto e costituisce al contrario un reato particolarmente grave.

Fortunato Carrani

 

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