D’Alema, la scissione e l’ipotesi di una nuova sinistra

di Stefano Varone

Pare che nel discorso tenuto ieri a Lecce, il sergente di ferro (di più non potrebbe essere, data la modesta stazza politica) signor Massimo D’Alema, nella probabile, e da noi auspicata, scissione del PD, sia riuscito ad intravedere una straordinaria opportunità di rinascita di una sinistra vera, forte, realmente popolare e progressista. Il suo ragionamento è che, «se sorge un movimento forte a sinistra a fronte della deriva neocentrista del PD, la somma dei voti sarebbe assai maggiore di quelli che otterrebbe il PD. Dal punto di vista del fare argine al pericolo della destra populista, un movimento così recupererebbe molti elettori che mai andrebbero a votare per il PD di Renzi, ne conosco alcune migliaia, e sarebbe capace di contendere una parte d’elettorato ai cinque stelle» (“Nuovo Quotidiano di Puglia” del 18 febbraio 2017). Il problema centrale è di vedere intanto se questa nuova sinistra ipotetica sorgerà e come possa sorgere, anche se le conseguenze che D’Alema fa derivare dalla attuazione di tale ipotesi sono del tutto inverificabili e talmente congetturali da apparire addirittura fantasiose o illusorie.

Ma come dunque dovrebbe sorgere questo nuovo partito d’alemiano? Ecco la mirabolante risposta dell’interessato: «Io penso a una fase costituente aperta»; mentre l’Italia, si deve pur notare, rischia di andare a rotoli, lui, il sommo stratega della sinistra italiana, pensa ad “una fase”, lunga chissà quanto, “di costituente aperta”, che per essere davvero “aperta” dovrebbe richiedere ovviamente una lunga preparazione e una complessa e perfetta organizzazione (!), nella quale costituente «confluiscano non solo personalità politiche, ma anche società civile, mondo del lavoro, corpi intermedi, per tenere aperta la prospettiva di

un centrosinistra unitario». Che, in definitiva, è quello che D’Alema andava dicendo già in anni assai lontani dall’oggi, allorché il problema era il PDS di Achille Occhetto, che, come ricordava quest’ultimo non molto tempo fa in un’intervista rilasciata a “Il Fatto Quotidiano”, venne duramente contestato proprio da D’Alema per semplici motivi di potere personale con il pretesto per cui appunto la Sinistra avrebbe potuto sopravvivere soltanto a condizione di aprirsi all’universo mondo della società civile, dei lavoratori di ogni categoria, dei corpi intermedi e, come precisa Occhetto, anche “dei salotti buoni”, in cui si concepiscono i programmi politici che poi si tratta di far attuare dai cittadini al momento delle elezioni.

La verità, aggiungeva Occhetto, è che D’Alema non faceva niente per niente, invaghito com’era di se stesso e del suo presunto carisma di leader politico, e che era un vero e proprio “complottista”, un “maestro nell’arte del complottare”. Niente di nuovo, pertanto; niente di originale rispetto ad allora. D’Alema continua ad ordire complotti, e non da oggi, contro Renzi, così come ieri ordiva complotti contro il povero Occhetto. D’Alema è un uomo frustrato, al pari di quelli che lo stanno seguendo nell’avventura di determinare la scissione del PD, e non può fare altro che complottare perché le sue idee e le sue proposte, assolutamente vaghe e generiche, valgono zero.

Si faccia, insieme ai Bersani e Speranza ed Emiliano ecc., la sua nuova sinistra, se ci riesce! L’Italia politica, l’Italia democratica, l’Italia civile non potrà che guadagnarci.

 Stefano Varone

 

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