Cristiani con la schiena dritta anche se provati

Ovviamente non bisogna irridere nessuno e nessuna fede religiosa, ma il fatto che, sul piano culturale e giornalistico, qualcuno possa irridere una determinata fede religiosa, senza l’intenzione di irridere questa o quella persona concreta che la coltivi, non legittima comunque atti di violenza fisica. Questo deve essere ben chiaro, perché altrimenti non sarebbe possibile alcun tipo di convivenza civile. La libertà di pensiero e di espressione, in una società civile, deve poter essere garantita anche se o quando essa si manifesti in valutazioni critiche o in giudizi polemici particolarmente graffianti.

Noi cristiani siamo o dovremmo essere abituati ad essere irrisi, travisati, mal giudicati sia da gran parte del cosiddetto mondo laico, sia da quelle confessioni religiose che non riconoscono in Gesù l’unico vero Dio. E questo ci distingue da tanti altri credenti non cristiani, cosí desiderosi di bon ton e sensibili alle offese o semplicemente alle critiche talvolta ricevute a causa della loro fede religiosa. D’altra parte, non è per intolleranza o per trattare con la stessa moneta i nostri critici e persino i nostri nemici che noi cristiani dobbiamo ribadire puntualmente l’erroneità delle fedi altrui, ma solo per rendere ben manifesta, con parole e opere, la specificità e l’inconfondibilità del nostro credo religioso.

Ci sono momenti in cui il cristiano non può e non deve porsi problemi di galateo relazionale, e questi momenti storici o esistenziali sono quelli in cui egli è chiamato dalla sua stessa fede a testimoniare che non c’è altra verità se non quella di nostro Signore Gesù Cristo. Il cristiano non può e non deve rinunciare ad esprimere chiaro e forte, senza equivoci e timori di sorta, soprattutto in situazioni in cui si trovi sottoposto a pressioni morali particolarmente insistenti e interessate di un mondo decadente, intriso di ipocrisia e di falsi valori, un convincimento costitutivo ed essenziale della sua fede: che l’unico vero Dio e il solo Signore della vita e della storia è per l’appunto nostro Signore Gesù Cristo, e che di conseguenza, in senso oggettivo, tutte le altre fedi religiose sono, in grado maggiore o minore, semplici eresie che possono solo allontanare dalla verità, dalla giustizia e dalla salvezza di Dio. A chi altri si riferivano i versetti precursori di Isaia se non a Gesù il Cristo di Dio? «Non sono forse io, il Signore? Fuori di me non c’è altro Dio; fuori di me non c’è Dio giusto e salvatore. Volgetevi a me e sarete salvi, paesi tutti della terra, perché io sono Dio; non ce n’è un altro» (Is 45, 21-22).

Poi, naturalmente, noi cristiani possiamo e dobbiamo essere tolleranti e caritatevoli, parlare e cooperare con chiunque, e persino con il peggior nemico, ma siamo tenuti, sul piano dottrinario e spirituale, non già ad invocare pari rispetto per tutte le religioni (che sarebbe come dire che dovremmo rispettare nello stesso modo Gesù e i vari Belzebù di altre religioni!), come si continua a sostenere troppo ambiguamente in ambito cattolico, quanto ad annunziare il vangelo così com’è (e quindi anche con i suoi avvertimenti apocalittici) a tutte le genti, ivi compresi i suscettibilissimi islamici il cui unico obiettivo, se islamici coerenti con il Corano e non islamici per semplice educazione o da salotto, è e resterà, sempre e comunque, qualunque rapporto dialogico si voglia con essi instaurare, quello di abbattere in ultima analisi la santa Chiesa di Cristo.

A cosa si deve infatti la trovata di Maometto, simbolo di risentita e significativa avversione di un certo mondo arabo preislamico verso il cristianesimo,  di utilizzare un testo a lui preesistente (come di recente ha dimostrato una studiosa italiana) per bloccare o neutralizzare preventivamente, sul piano religioso e politico, la missione evangelizzatrice della Chiesa in tutti i Paesi della penisola arabica? Noi, benché duramente provati dai nostri peccati e dalle contingenze spesso dolorose della quotidianità, dobbiamo dire a voce alta, senza paura e senza alcun intento provocatorio, che Maometto fu un imbroglione matricolato, un ignorante senza pari, un malfattore ineguagliabile, cioè la pura e semplice verità, e che l’islam nasce da un sangue versato non per amore ma per odio e per scopi di dominio: se ci asteniamo dal proferire questa santa verità, magari per paura di essere retrivi o integralisti, non potremo che appartenere a quella categoria di “tiepidi” cosí invisi a nostro Signore.

Oso confessare con profonda e sincera tristezza che aspetto con ansia il giorno in cui papa Francesco, utilizzando un linguaggio di fede meno ambiguo e più univoco di quello talvolta da lui utilizzato nel quadro di una sua particolare ma non sempre rassicurante visione della funzione pastorale della Chiesa, comprometta un pò l’immensa ammirazione che riscuote nel mondo per onorare come si deve, e come egli stesso nel suo cuore intenderebbe onorare, il nostro unico e vero Salvatore.

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