La Palestina e la politica degli inetti

download (9)E’ vergognoso. Mentre, al di là di ogni facile e lacrimevole retorica umanitaria, in Palestina centinaia di esseri umani stanno morendo o cadendo gravemente feriti sotto i bombardamenti del feroce esercito israeliano sulle cui bandiere è disegnata la stella di Davide che simboleggia la religiosità e la civiltà ebraico-sioniste, altrove, nel mondo, altri sono i problemi veramente posti images (73)all’ordine del giorno, anche perché, si mormora nelle diverse stanze del potere internazionale senza farlo sentire a nessuno, il conflitto tra Israele e Palestina è ormai una vecchia storia che tende a ripetersi ciclicamente sia pure nella forma di un macabro rituale cui però bisogna abituarsi, almeno sino a quando non venga posta seriamente in pericolo la pace nel mondo ovvero l’assenza di guerra in senso continentale o intercontinentale.download (10)Certo, questa guerra del potente Golia israeliano contro il minuscolo Davide palestinese è pur sempre una gran bella “rogna”, perché da un lato contro Israele più di tanto pare non si possa reagire, essendo l’erede del tragicamente famoso eccidio o olocausto nazista antiebraico ed essendo d’altra parte una delle principali potenze nucleari del mondo, e perché dall’altro non si può lasciare che Israele compia per intero lo sterminio razzista antipalestinese che pure avrebbe in animo di attuare per il fatto che l’opinione pubblica mondiale, i media di tutto il mondo non capirebbero e creerebbero notevoli grane un po’ a tutti i grandi governanti dell’emisfero occidentale! Qualcosa dunque bisogna fare, ma i problemi al centro dell’agenda politica internazionale e delle varie agende politiche nazionali sono per l’appunto altri.

Obama, per esempio, pensa giorno e notte all’Ucraina, a quella maledetta Ucraina che aveva già preventivato di poter aver interamente sotto il suo controllo e sotto il controllo dei suoi alleati europei, per potersi avvicinare molto in chiave strategica al territorio sovietico, mentre adesso deve ridimensionare il suo progetto per il fatto che l’astuto Putin, che non si lascia passare la mosca sotto il naso, è determinato a sventare la pur spregiudicata manovra occidentale in qualunque modo.

Putin, d’altra parte, è tribolato dal pericolo di un isolamento europeo ed internazionale della Russia, che tuttavia in nessun caso potrebbe rinunciare al controllo di una regione strategicamente fondamentale come la Crimea, e per questo motivo tende ad incrementare i suoi viaggi per il mondo (vedi quelli recenti in Brasile, in Cina e a Cuba) alla ricerca di intese o alleanze geopolitiche molto significative, pur non facendo mancare le sue telefonate istituzionali con le quali invita il premier dello Stato d’Israele alla moderazione della forza e a lasciare aperti i canali del dialogo e della possibile trattativa.

La cancelliera Merkel, che quando si parla di ebrei preferisce sempre esprimere più di altri capi di Stato posizioni di basso profilo, è poi tutta presa dalla questione ucraina che immaginava di poter risolvere in termini molto più favorevoli all’economia europea e soprattutto tedesca e che ora invece le appare maledettamente complicata, anche perché un certo Matteo Renzi nel frattempo non solo si sta mettendo di traverso ai consueti piani economici e finanziari espansivi tedeschi ma non intende rinunciare tanto facilmente ad un rapporto di collaborazione attiva con la Russia (che, in vero, è l’altra metà del continente europeo), tanto che il suo candidato al ministero europeo degli esteri, ovvero Federica Mogherini, viene adesso contrastato nella UE non tanto dagli ex Paesi sovietici quanto proprio da Germania e Inghilterra che soffiano su quest’ultimi contro la scelta del governo italiano, temendo un potenziamento di rapporti unilaterali tra Russia e Italia ai danni del resto dell’Europa.

Non parliamo dell’Inghilterra che si trova alle prese con il grave dilemma se uscire completamente dalla UE o restare in qualche modo a farne parte e che teme molto più la presenza russa in Crimea che non la opprimente e devastante invasione israeliana in Palestina, mentre la Francia non vede affatto di buon occhio la nuova aggressione dello Stato israeliano al popolo palestinese e l’ennesima  manifestazione del suo espansionismo in Medioriente ma che non va mai al di là di pure e sia pure vibranti proteste di principio: Francia e Inghilterra, in sostanza, non pensano di poter andare oltre il ritiro per qualche tempo delle proprie ambasciate da Israele in segno di protesta appunto contro la sua colonizzazione forzata e violenta nei territori palestinesi.

La carrellata qui non potrà essere completa, naturalmente; ma non si può omettere di chiedersi che cosa stia facendo il nostro Renzi, pur cosí lodevolmente impegnato ad affermare e consolidare una presenza politica italiana al tavolo europeo e a tentare di porre, sia pure tra limiti e contraddizioni, le condizioni di una rinascita economica nazionale. Nulla, almeno in apparenza non sta facendo nulla, se non ribadire meccanicamente la tesi dei due popoli, due Stati, e del diritto israeliano a difendersi con le armi dal terrorismo islamico radicato nei territori palestinesi e fomentato da Paesi vicini e tradizionalmente antisraeliani come l’Iran.

Ma, in questo frangente (devo rilevarlo anche se mi duole molto), molto poco sta facendo anche, in quanto capo spirituale della Chiesa cattolica, il nostro amatissimo papa Francesco, che organizza incontri e veglie di preghiera, senza tuttavia spiegare in questo caso che non tutte le preghiere sono e possono essere gradite al Signore e limitandosi a telefonare ai suoi amici Perez e Mazen per chiedere loro di favorire il ripristino di condizioni di pace. Ma quale pace, papa Francesco: la pace dei dominatori o degli oppressi? La pace della giustizia o dell’iniquità? La pace celeste, giusta e caritatevole di Cristo o la pace mondana, falsa ed images (75)ipocrita di Satana e dei suoi tanti complici terreni?

La Palestina, il suo popolo, l’avvenire dei suoi figli, non meritano questa prudenza, questa timidezza, questo timore: una volta Davide, che era di Dio, non ebbe paura di affrontare Golia. Perché tanti di noi, pur essendo anch’essi di Dio, hanno paura di affrontare una volta per tutte, e sia pure senza minacce armate, il potente e arrogante Golia di Israele?

Se i potenti del mondo non riescono ad impedire al governo di Tel Aviv politiche militariste, espansionistiche, imperialistiche, implicanti il progressivo genocidio di un intero popolo, potranno mai opporsi realmente a dissennate e fraudolente politiche di espropriazione collettiva, propagandate come politiche di risanamento e di sviluppo, che vengono però implicando l’impoverimento dei popoli e il loro asservimento alla logica di dominio di un nuovo e disumano ordine images (76)mondiale? Poiché per il popolo d’Israele la dimensione spirituale e la dimensione politica della fede vanno di pari passo, ad esso può essere ancora una volta indirizzato l’avvertimento del profeta Michèa 2, 1-5:«Guai a coloro che meditano l’iniquità e tramano il male sui loro giacigli; alla luce dell’alba lo compiono, perché in mano loro è il potere. Sono avidi di campi e li usurpano, di case e se le prendono. Cosí opprimono l’uomo e la sua casa, il proprietario e la sua eredità. Perciò cosí dice il Signore: “Ecco, io medito contro questa genìa una sciagura da cui non potranno sottrarre il collo e non andranno più a testa alta, perché sarà un tempo di calamità. In quel tempo si intonerà su di voi una canzone, si leverà un lamento e si dirà: ‘Siamo del tutto rovinati; ad altri egli passa l’eredità del mio popolo, non si avvicinerà più a me, per restituirmi i campi che sta spartendo!’ Perciò non ci sarà nessuno che tiri a sorte per te, quando si farà la distribuzione durante l’assemblea del Signore”». images (77)

 

 

 

 

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