Movimento 5 Stelle: ma quale democrazia diretta!

di Renzo Privitera

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Non voglio fare il saputo, ma ad occhio e croce non sono moltissimi i cittadini italiani che sanno bene di cosa parlino quando parlano di democrazia e le loro idee sono ancora più confuse se provano a misurarsi sul concetto di democrazia diretta. Per essere realmente democratici due sono le possibili condizioni: o che si sia dotati di una rigorosa cultura politica di segno per l’appunto democratico, e questa prerogativa è appannaggio di un numero piuttosto limitato di persone, o che, pur non essendo particolarmente esperti dei meccanismi o delle procedure istituzionali di un sistema democratico, si abbia coscienza del fatto che, quali che siano gli oggetti del contendere politico-sociale, vi è democrazia effettiva, indipendentemente dal suo essere diretta o indiretta, e non mera demagogia autoritaria e populista, se la contesa tra opposte o diverse forze politiche risulta anche formalmente orientata a perseguire determinati obiettivi per via pacifica e non violenta e secondo modalità che prevedano pur sempre per il presente e per il futuro il rispetto verso le assolute o relative minoranze parlamentari.

Ora, in particolare per ciò che concerne il movimento pentastellato, di cui è esclusivo proprietario un signore genovese conosciuto come Beppe Grillo e che tante legittime speranze aveva suscitato l’anno scorso in molti di noi, sono certo di poter dire che in esso non sono di casa, se non in modo volgarmente strumentale, né una cultura politica democratica, né la consapevolezza di cosa sia lecito fare e di cosa si debba evitare di fare per risolvere pacificamente e non violentemente, ovvero democraticamente, i conflitti inerenti al confronto e allo scontro politici e parlamentari. Perché?

Silvio Berlusconi non è meno furbo di Grillo e, siccome tra furbi ci si capisce a volo, non è da prendere sottogamba la diagnosi formulata dall’ex cavaliere di Arcore sul comico di Genova e sul suo movimento, che resta significativamente, ripeto, una forza politica privata sia pure con pubbliche finalità. Quando Berlusconi parla di Grillo come di “un distruttore con l’odio incorporato” che ha sinistramente ma coerentemente chiamato il suo cane “Delirio” o quando descrive i suoi elettori come persone generalmente animate da “propositi di vendetta politico-sociale” più che di vera e salutare ricostituzione del tessuto democratico nazionale; quando egli, che di spirito dittatoriale se ne intende, si dice “certo di trovarsi in presenza di un aspirante dittatore”, non esprime certo parole prive di senso ma parole e giudizi suffragati da fatti concreti e facilmente verificabili. Può anche darsi che la sua descrizione e le sue previsioni al riguardo siano qua e là esagerate e troppo catastrofiche, ma non che esse siano infondate o mosse da puro e semplice spirito polemico.

Ma che Grillo costituisca un pericolo non fittizio per la nostra democrazia, per quanto sgangherata e imperfetta essa sia, è testimoniato anche da molti ex attivisti e militanti del Movimento 5 Stelle, ai quali naturalmente i più fanatici seguaci di Grillo rivolgono l’accusa sbrigativa di essere dei traditori, degli opportunisti o dei voltagabbana, ma il cui unico torto sembra essere in realtà quello di chiedere di poter mantenere la propria libertà di pensiero e la propria autonomia di giudizio in un movimento politico statutariamente fondato sul principio dell’“uno vale uno” che, come si legge ancora nei princípi ispiratori pubblicati sul blog di Grillo, implica una democrazia non finta ma reale e partecipata, un decidere insieme le cose da fare che rimanga lontano tanto da concezioni autoritarie e plebiscitarie quanto da concezioni leaderistiche e verticistiche della vita politica e partitica, una partecipazione collettiva alla elaborazione e alla scelta delle soluzioni da adottare senza che nessuno debba fare per gli altri o contare più degli altri, anche se ovviamente non si può prescindere dalla capacità di distinguere tra le buone idee che restano buone idee e meritano in ogni caso di essere rispettate e le idiozie che restano idiozie e meritano solo di essere rigettate, tra prese di posizione politicamente legittime che non possono essere scartate aprioristicamente dalla maggioranza assembleare della rete e dei meetups locali e impennate individualistiche di stampo puramente polemico e rivendicativo cui invece non si può riconoscere alcun diritto di cittadinanza.

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Si tratta, come si vede, di concetti all’apparenza chiari, articolati, condivisibili, ma anche di concetti che, cosí formulati, possono significare tutto e il contrario di tutto ed essere utilizzati in modi e per scopi non solo diversi ma anche potenzialmente contrapposti. Sono tuttavia innegabili le contraddizioni, più volte affiorate nella pur giovane storia del Movimento, per usare le ineccepibili parole di un serio ma deluso “grillino” della “prima ora” come Paolo Michelotto, «tra la mancanza di democrazia interna e la ricerca di democrazia all’esterno», ovvero nel mondo istituzionale e nelle altrui formazioni politiche: in questo modo, è successo che si siano cacciate e si continui a cacciare dal Movimento «le teste pensanti una alla volta, a causa della paura che si formino “burocrazie di partiti e capibastoni”, ma il risultato sarà solo quello di far rimanere fans adulatori pronti a mandare al rogo gli eretici». Di conseguenza, è la previsione del giovane Michelotto, «le teste pensanti cacciate, non faranno un altro partito, non hanno la forza mediatica e il carisma di Beppe. Ingrosseranno semplicemente le file dei disillusi della politica e della democrazia. E il MoVimento 5 Stelle si spegnerà e con esso una forte speranza di maggiore democrazia in Italia. Tutti hanno da perdere senza un incontro chiarificatore. Tutti hanno da guadagnare facendolo». Come non si potrebbe non concordare?

Il 5 Stelle non è antidemocratico perché è antisistema, è antieuropeo, antieuro, e ancora molto critico verso la stampa in genere tranne che verso quella amica, verso le banche, verso le pessime politiche del lavoro e ambientali, commerciali o economiche attuate dai governi di destra e di sinistra, perché tutto questo è certamente compatibile con la democrazia che anzi ne esce potenziata e valorizzata, ma è antidemocratico perché sostanzialmente fondato sul giudizio e sulle decisioni sempre e comunque vincolanti di due soli individui, Grillo soprattutto e Casaleggio, i quali, definendosi eufemisticamente “portavoce” della gente o del popolo del web, in realtà utilizzano il malcontento e la rabbia di tanta gente e di tanta parte di popolo per perseguire precisi e vantaggiosissimi scopi personali di potere.

La tanto decantata “democrazia diretta” del mondo pentastellato è pura e semplice mistificazione, consistendo in valutazioni, analisi, proposte, deliberazioni, cosí estemporanee ed emotive, cosí fluide, cosí “liquide”, che niente ha mai il modo e il tempo di maturare, di cementarsi, di entrare in serio e costruttivo rapporto dialettico con visioni e programmi “alternativi”, e dove invece tutto, persino la deliberazione finale, tende a disperdersi e a non lasciar traccia. Si tratta evidentemente, come qualunque cittadino in buona fede può facilmente constatare, di una democrazia fortemente eterodiretta che rende necessariamente volatile e inessenziale qualunque tipo di dibattito, di diagnosi o di strategia che, benché in linea con i princípi e con lo spirito del Movimento, non siano perfettamente allineati alle soluzioni già decise e prospettate dai leaders. Quel che manca, in altri termini, tra il o i leaders e i cittadini è un rapporto di vera circolarità, di scambio reciproco di dati e punti di vista, di reciprocità funzionale a migliorare e a rendere quanto più efficace possibile la strategia di lotta politica al sistema e ai suoi poteri costituiti.

Al contrario, l’inespresso e non formalizzato discorso che Grillo ha fatto e continua a fare ai suoi stessi parlamentari (e tali divenuti spesso sulla base di soli 20 o 30 voti) è di questo tipo: io vi ho portato in parlamento, io vi faccio guadagnare un bel pò di quattrini e vi consento di emergere dal vostro nulla sociale e dal vostro anonimato esistenziale; ma sapete bene che in cambio voi vi presterete ad essere solo mie pedine, semplici strumenti di attuazione dei miei disegni: niente di più, niente di meno! Se ci state bene, se diserterete invece sarete sbattuti fuori dal Movimento senza alcuna pietà!

Peraltro, Grillo ha inventato o comunque predilige la democrazia diretta on line non certo per amore di democrazia ma proprio per meglio soddisfare le proprie ambizioni di potere, perché la democrazia on line è una democrazia facilmente manovrabile, pilotabile, checché ne dica l’interessato e i suoi altrettanto spregiudicati fans, una democrazia ad uso e consumo di chi vuole comandare e di coloro che si assoggettano ai suoi voleri solo per trarne a loro volta, direttamente come delegati parlamentari della “base elettorale” o indirettamente come semplici cittadini organici al Movimento,  concreti e sostanziosi benefici materiali.

Non si può non condividere la posizione di chi ha scritto: «Chi è che vota, solitamente, online? Le minoranze attive, non di certo la stragrande maggioranza delle persone. Ciò significa che la richiesta e presupposta democrazia diretta nasconde in realtà il suo opposto: la tecnopolitica. Il pirata o il grillino che scorribanda in rete è per la verità un tecno-cittadino che limita l’esercizio della democrazia; anzi, forse, ama la criptodemocrazia».

Sembra tornare di grande attualità un pensiero del vecchio Platone: quando la democrazia dà luogo ad un eccesso di ingiustizia e di libertà ad un tempo, essa inevitabilmente si trasforma in tirannide. Conclusione: è sperabile che il Movimento di Grillo non sfondi alle elezioni europee di domani, ma se dovesse succedere il contrario, prepariamoci a testimoniare concretamente la nostra vocazione genuinamente democratica. Se voi cattolici ci darete una mano, saremo ancora più motivati nell’opporci al disegno di trasformare la profonda crisi della odierna democrazia italiana in un nuovo tentativo storico-politico di instaurare un regime dittatoriale e probabilmente fallimentare anche dal punto di vista economico.

Renzo Privitera

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