Una democrazia senza pulsioni dittatoriali?

In ogni essere umano, considerato nella sua naturalità biologica, c’è un dittatore, così come, per riprendere le parole dell’anarchico Bakunin, in ogni rivoluzionario, non necessariamente più evoluto dell’istintivo egocentrico dittatoriale, c’è sempre un reazionario. Anche la democrazia è attraversata da tendenze e umori dittatoriali, tanto più suscettibili di venire alla luce, con o senza consenso popolare, quanto più i protagonisti del gioco politico decidono di mettersi al servizio di determinati interessi economici e sociali pur sempre nel nome e per conto del popolo sovrano. Questi interessi possono essere di tipo oligarchico ed è il caso dell’attuale maggioranza di governo che percorre e fa propria la via tracciata dal potere mondiale della grande finanza e di potentati economici sempre in feroce competizione tra loro, là dove le masse popolari restano sempre ostaggio delle grandi speculazioni internazionali e vittime più che protagoniste delle politiche governative, ma questi interessi possono essere anche di tipo comunitario, si intende dire direttamente ed esplicitamente comunitario, come generalmente accade per le odierne forze di opposizione che fondano la loro politica sulla valorizzazione rigorosa delle migliori risorse e delle priorità nazionali piuttosto che su un’apertura indiscriminata a piani o progetti economico-sociali studiati a tavolino e proposti con pressante urgenza ai vari governi nazionali.

In ambedue le situazioni, si parla talvolta di dialogo o di confronto solo per quella ipocrita retorica che i politici sono soliti adoperare essenzialmente per nascondere la natura profondamente alternativa delle loro strategie e dei loro obiettivi politici, ma quello che caratterizza lo scontro più che il confronto delle forze politiche in campo è non solo la loro diversità ideologica, secondo cui però democratici e pentastellati appaiono sempre più orientati verso politiche retrive e antipopolari a differenza di leghisti, nazionalisti e centristi, che sono ben più coerentemente sensibili ad istanze popolari e democratiche e a preoccupazioni eminentemente patriottiche. Sì, ma che c’entrano le pulsioni dispotiche o dittatoriali più sopra evocate? C’entrano nel senso che se il linguaggio salviniano appare talvolta troppo impaziente ed eversivo rispetto ad ordinamenti legislativi, giuridici e istituzionali obiettivamente troppo complicati, contorti e ambigui, che tendono inevitabilmente ad appesantire e non a semplificare le problematiche civili, economiche e giudiziarie sempre più numerose e talvolta grottesche della vita democratica nazionale, tutti coloro che, al contrario, si dicono e si fanno paladini delle istituzioni e dei valori democratici, non di rado in realtà non solo tendono ad aggirare le regole democratiche con tattiche ostruzionistiche e sotterfugi formali che poco hanno a che fare con una corretta logica democratica ma agiscono con una tale imperizia ed una tale sfrontatezza da suscitare inevitabilmente riprovazione e sdegno in larghissime fasce sociali di popolo.  

Costoro, peraltro, possono avvalersi di un apporto istituzionale importante, anche se ad avviso di molti, non sempre particolarmente qualificato e responsabile: quello del Capo dello Stato, che l’unità nazionale rappresenta senz’altro anche se talvolta in modo più formale che sostanziale, più istituzionale che patriottico e comunitario, più politico che morale. Come libero cittadino, e libero di poter esprimere anche giudizi che, per essere critici, non devono essere confusi necessariamente con giudizi offensivi e denigratori, non mi pare che Mattarella abbia sin qui brillato di una luce più splendente di quella offerta da precedenti e grigi presidenti della Repubblica italiana, con quel mettere veti su scelte politiche del tutto legittime, con quei discorsi e quegli appelli alla nazione che possono significare tutto e niente, con quelle allusioni critiche e quei rimproveri per niente casuali che a molti sembrano talvolta non solo poco opportuni ma anche destituiti di adeguato rigore logico.

Mattarella è un cattolico europeista ad oltranza e chiuso ad ogni possibile uscita dell’Italia dall’euro, dalla Ue e dai mercati europei e internazionali, benché ci sia almeno una mezza Europa e forse la maggioranza del popolo italiano convinti esattamente del contrario anche all’indomani della notevole somma di denaro concessa all’Italia (Recovery Found); Mattarella è un cattolico che ha ampiamente dimostrato di prediligere un partito di furbi, quasi sempre elettoralmente battuto e obiettivamente corrotto ed evanescente come il PD, di avversare Salvini e di essere molto sospettoso verso la stessa onorevole Meloni specialmente in materia migratoria; Mattarella ha censurato en passant la magistratura a seguito della vicenda Palamara ma non ha ritenuto di dover dedicare neppure una parola alla grave e significativa polemica intercorsa tra il giudice De Matteo e il ministro della giustizia; Mattarella è un Capo di Stato che non apre mai bocca sull’operato di un presidente del Consiglio molto scaltro per il mantenimento del potere personale ma completamente privo di una strategia politica complessiva per una reale rinascita del nostro Paese dalle secche di una crisi che solo fra alcuni mesi comincerà a mostrare i suoi effetti; né si preoccupa di mantenersi opportunamente equidistante su una questione molto aperta come quella relativa all’opportunità o meno di continuare ad indossare la mascherina per proteggersi e proteggere gli altri dal mortale contagio virale, nonostante ancora sulle modalità di trasmissione del virus si sappia poco o niente e la comunità scientifica italiana, piaccia o meno, sia obiettivamente e significativamente divisa su diversi temi. La polemica diretta contro Salvini, condannato ieri vigliaccamente e pavidamente a subìre un processo per sequestro di persona nell’esercizio delle sue funzioni di ministro, con le parole “la libertà non dev’essere confusa con il diritto di fare ammalare gli altri”, è sembrata del tutto disdicevole e suscettibile di essere largamente confutata.

Avessimo un Capo dello Stato un po’ più autonomo rispetto a certe sciocchezze del “pensiero unico”, potremmo sentirci tutti molto meglio rappresentati e garantiti. Così forse non è e dovremo dunque pensare a potenziare la nostra capacità di salvaguardare la democrazia nazionale, popolare, comunitaria e cristiana del sovrano popolo d’Italia, da attacchi dittatoriali sempre più scoperti che specialmente coloro che non sanno più accettare la bocciatura elettorale del popolo, sempre e comunque sovrano, potrebbero pensare di porre in essere.  

Francesco di Maria

Lascia un commento