1. Chiarimenti preliminari
Il dirlo in modo netto e lapidario potrà apparire forse provocatorio o addirittura scandaloso, ma è giunto il tempo di provare ad aprire qualche pagina innovatrice intorno alla natura della fede cristiana, della quale ultima è noto il rapporto talvolta conflittuale o antagonistico o semplicemente propedeutico con la ragione e la razionalità dei filosofi ma della quale soprattutto nessuno mai ha osato riconoscere un preciso fondamento di razionalità, come se la Rivelazione divina tutto potesse e possa essere tranne che una potentissima, inedita e luminosa, anche se sconvolgente, manifestazione di razionalità.
E’ universalmente noto che Dio come Logos significa Dio come Parola, come Pensiero, come Ragione. Perciò, «La Parola», nella sua complessa, articolata, profonda e sofisticata struttura linguistica, discorsiva, etica e infine spirituale, ma non la parola di origine e derivazione storiche, bensì la parola del “principio” e dell’“eterno”, la parola ontologica, che tutto contiene sia in atto che in potenza e di cui lo spazio e il tempo storici, come tutte le creazioni culturali che vi hanno luogo, sono solo una piccola e breve anche se essenziale e significativa parentesi, è la luce del mondo, la guida a tutte le verità, la chiave di tutti i misteri, lo specchio dell’invisibile rifratto anche se molti non vi si soffermano con la dovuta attenzione. Quella parola divina è parola di vita e di verità e, mentre gli uomini, con le loro minuscole, seppur talvolta preziose ed esaltanti sillabe di conoscenza e di vita, passano, essa rimane a beneficio di quanti in ogni epoca storica, anche dopo comprensibili e faticosi travagli interiori o ingiustificati ritardi, vi si vogliano accostare.
Riconoscere che Cristo è il Logos, la Ragione, il senso originario e ultimo di tutte le cose, nella loro più elevata dimensione di universalità, significa per i cristiani riconoscere che la fede in Cristo non può non essere fondata sulla ragione. Se Cristo-Dio è non uno dei tanti logoi prodotti storicamente ma è il Logos per antonomasia, con una valenza di assolutezza ontologica comprensiva della stessa effettualità storico-umana, e quindi il Logos che, attraversando e incrociandosi continuamente con il cammino storico dell’umanità, ne ispira processi o dinamiche di scoperta senza mai lasciarsi rinchiudere nelle categorie o nei modelli di pensiero e di ricerca via via elaborati dall’ingegno e dallo spirito umani, chi dichiara la sua fede in Cristo non può poi sostenere, pur trattandosi di problematica complessa e sempre dibattuta nei secoli, che la fede religiosa e più specificamente la fede cristiano-cattolica non sia fondata sulla ragione. Continua a leggere
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Il perdono evangelico è un valore prezioso e fondante della nostra fede in Cristo, anche se oggi rischia spesso di essere percepito come un disvalore e di essere ridotto ad uno dei tanti slogan banali di questo tempo. Perdonare non significa, magari con il corpo e l’anima ancora sanguinanti, essere pronti a riabbracciare chi ti abbia fatto deliberatamente del male. Bisogna sempre sforzarsi di comprendere i limiti, le insufficienze, le manchevolezze altrui, ma se qualcuno, notoriamente dotato di normali capacità di intendere e di volere, esercita sul prossimo, su qualunque prossimo, atti di manifesta ostilità, è evidente che, prima di pensare alla parola perdono, occorra innanzitutto censurarne i gesti aggressivi e, in secondo luogo, appellarsi ad una ragionevole esigenza di analizzare e capire, se possibile, le ragioni dell’offesa arrecata.
Laicità dello Stato significa, per fare capire subito il concetto ai più stupidi e retrogradi come me, che ognuno può esprimere liberamente e far valere democraticamente le idee che vuole, ivi comprese idee di natura religiosa e cristiana, su qualunque tema, a condizione di non rivolgerle direttamente e applicarle specificamente ad uno o più individui di cui sia facilmente individuabile l’identità personale. Se io dico che quasi tutti gli avvocati sono dei lazzaroni imbroglioni o che gli insegnanti in genere sono dei lavativi che godono di troppe ferie a fronte di un numero molto ridotto di ore lavorative oppure che troppi medici sono molto avidi di denaro, o ancora che i preti cattolici sono spesso inaffidabili e impreparati, esprimo certo giudizi severi e non necessariamente fondati, che hanno tuttavia pieno diritto di cittadinanza in uno Stato laico e democratico fino a quando il loro uso o la loro utilizzazione non sia mai ad personam e quindi non siano mai adoperati per colpire questa o quella persona.
Obbedire per i cattolici significa obbedire a Dio prima che agli uomini anche se gli uomini siano presbiteri, vescovi o papi. Si deve obbedienza cieca solo alla Parola di Dio, correttamente intesa e interpretata: quante volte Gesù dice ai discepoli, un po’ preoccupato: state attenti a come ascoltate! E, naturalmente, si deve obbedienza ai suoi ministri solo se o quando la loro parola sia un fedele riflesso della parola
divina. Più in generale, si deve obbedienza a chiunque, anche al di fuori del sacerdozio e della vita consacrata, esprima giudizi, moniti, esortazioni assolutamente veritieri e conformi alla divina volontà. Non mi pare che dai racconti evangelici sia possibile ricavare, evincere o dedurre indicazioni o posizioni interpretative diverse da quella appena enunciata. Si deve, certo, obbedienza all’autorità, a quella civile come a quella religiosa, nei limiti in cui, nell’uno come nell’altro caso, non si tratti di obbedire a leggi o provvedimenti manifestamente contrari alle leggi di Dio, per cui obbedienza e disciplina non possono mai essere intese evangelicamente in senso assoluto se non unicamente in relazione ai contenuti originari e costitutivi degli insegnamenti divini.
Mario Draghi, nella replica di ieri, ha confermato che le sue idee non sono affatto coerenti con la realtà che viviamo.
Cosa ci si poteva aspettare dal primo discorso di Draghi in parlamento se non quello che si poteva già prima preventivare? Si dovranno fare le riforme ancora una volta strutturali tanto attese dall’Unione Europea, e quindi riforma del fisco e delle pensioni, della sanità e delle telecomunicazioni, della giustizia e della pubblica amministrazione, oltre che naturalmente della scuola, e poi bisognerà adottare piani strategici per il futuro, a cominciare da un piano di grandi investimenti pubblici volto a ricreare lavoro e occupazione, produttività e sviluppo, nonché riacquistata capacità di interagire e competere sui mercati internazionali con le grandi realtà economico-finanziarie del mondo. In particolare, si tratterà di varare tutta una serie di opportunità imprenditoriali capaci di attrarre ingenti investimenti privati nazionali ed internazionali, al fine di generare reddito, creare lavoro, e di arrestare o rallentare il declino demografico e lo spopolamento delle zone più interne ed estranee ai grandi processi di industrializzazione e di modernizzazione tecnologica, occupazionale e salariale: il tutto, naturalmente, in un ambiente da risanare profondamente sotto il profilo legale e securitario, se possibile avvalendosi anche del credito d’imposta e di altri strumenti o interventi da concordare pur sempre in sede europea.
Il 2021 si sta confermando come la naturale evoluzione del 2020: catastrofico ed impietoso.
crollano. Temiamo per i nostri cari, al limite temiamo per il vicino di casa.