Vigilare sui falsi preti!

In Italia non pochi presbiteri, non necessariamente omosessuali ma di certo ostentatamente effeminati e insopportabilmente “diversi” per la carica di narcisismo e di arroganza che li contraddistingue, sono ben poco interessati alla Parola di Dio se non per usarla strumentalmente e in funzione di scopi personali che poco o nulla hanno a che fare con lo spirito evangelico. Oggi uno di questi irresponsabili disgraziati, che pullulano sempre più numerosi in mezzo al popolo di Dio, non solo è un fautore a spada tratta di un’immigrazione indiscriminata ma contesta proprio sul piano religioso allo Stato italiano e alla stessa Chiesa la decisione di consentire ai fedeli di entrare in chiesa senza green pass. Il suo nome è don Luca Favarin, cortegiatissimo dai media che spesso lo ospitano come esempio di rara saggezza in un mondo cattolico in cui invece sarebbero ancora troppi quelli che ritengono essere la chiesa di Cristo non solo immune dal covid ma luogo e stato di salvezza da ogni male fisico e morale, tanto nella vita quanto nella morte. A questo prete non interessa minimamente che la Chiesa per alcuni cattolici abbia già sbagliato a lungo nel pretendere che misure igienico-sanitarie finissero per prevalere sulle stesse funzioni religiose, sul modo di somministrare l’eucaristia e sulle attività spirituali che dovrebbero in essa trovare il loro naturale e indisturbato svolgimento, perchè al contrario polemizza astiosamente con tutti quei cattolici inclini a ritenere che a Dio possa essere gradito, come sincera manifestazione di granitica fede, il loro rifiuto di munirsi di green pass e, in altre parole, di vaccinarsi contro il covid, per poter entrare in chiesa a pregare. Devo fare un grande sforzo per non lasciarmi trascinare dalla mia indole impulsiva a colleriche e indignate parole di intolleranza, ma è molto triste il dover constatare come la Chiesa di Cristo sia in questo momento storico alla mercè di forze irrazionali di contro alle quali non sembrano ergersi figure ecclesiali particolarmente autorevoli, nè significative voci profetiche. Qualcosa, tuttavia, si può fare affinchè almeno una piccola parte della comunità cattolica sia messa nella condizione di conoscere meglio questo ancor giovane ma già disinvolto presbitero, che non sarà affetto forse da fideismo religioso ma a cui non fa difetto invece un fideismo scientifico della peggior specie cui gran parte di umanità contemporanea sembra essere penosamente assoggettata. L’articolo che pubblicava il quotidiano “Il Giornale” circa tre anni or sono è un modo concreto per rivelare anche a una parte di pubblico cattolico la reale identità di questo infelice presbitero padovano che i vertici ecclesiastici della sua diocesi continuano misteriosamente a benedire.

Il don che boicotta il presepe fa i milioni con l’accoglienza*

Favarin gestisce una coop che è un piccolo impero: ha case, ristoranti, produce dolci e fattura 2,3 milioni

Eccolo, il parroco che boicotta il presepe per rispetto dei poveri e poi fattura milioni di euro all’anno. Dunque secondo don Luca Favarin, della diocesi di Padova, gli italiani sono una banda di ipocriti perché non vogliono l’accoglienza, ma poi mettono le statuette sul presepe. «Quest’anno non fare il presepio credo sia il più evangelico dei segni aveva scritto don Favarin su Facebook domenica scorsa -. Non farlo per rispetto del Vangelo e dei suoi valori, non farlo per rispetto dei poveri…».

Già i poveri. E allora capiamo chi sono i poveri e chi è don Luca Favarin. Il Giornale ha indagato. Don Favarin dal 2012 non fa più il prete di parrocchia ma si occupa di accoglienza migranti. A Padova gestisce nove comunità con 140 ragazzi africani. È lui che ha fondato la cooperativa sociale Percorso Vita Onlus. Una cooperativa che vanta 12 case aperte che ospitano 140 richiedenti asilo, due ristoranti, il The Last One e Strada Facendo, ristorante etico con tanto di annunci su Facebook per le prenotazioni di Natale; un frutteto di 450 alberi a Saccolongo nel padovano, un ex-seminario con un orto biologico di 4mila metri quadri; una linea di confetture, creme e succhi di frutta, la «Dulcis in mundo», realizzata dagli ospiti; un’unità di strada per le vittime della prostituzione e il progetto di un villaggio dell’inclusione sociale, con cinque ettari di terreno in via Adige a Padova.

Questo il bilancio in tre anni di attività, come scriveva meltingpot.org nel 2017. «È un impianto che dobbiamo sempre mettere a verifica», aveva detto don Favarin. E infatti, la linea «Dulcis in mundo» è ampiamente pubblicizzata con cofanetti a 20 o a 30 euro per il Natale 2018. Non solo, in cantiere c’è anche il Kidane Campus. «Un progetto – si legge nel sito – fortemente voluto da Percorso Vita Onlus (appoggiato da uno studio di architettura e da una impresa di costruzioni, ndr) che prevede la realizzazione di un complesso di edifici, costruiti interamente in legno, che daranno vita all’intero campus». Sorgerà nella periferia di Padova Ovest. «Da quando abbiamo iniziato aveva detto a meltingpot.org don Favarin – abbiamo cambiato idea cento volte. Siamo partiti con la micro-accoglienza, poi ci siamo resi conto che questa modalità non era quella migliore, soprattutto per i ragazzi, e siamo passati alla media accoglienza con la costruzione di piccole comunità». E sarà perché la media accoglienza frutta di più. Da una visura effettuata, Favarin è il presidente del cda della cooperativa con ricavi da vendite e prestazioni nel 2017 di 2.317.352 euro. Nel 2016: 1.881.232 euro. L’ utile netto 2017 è di 504.207 euro. La onlus inizia a seguire l’arrivo dell’ondata dei migranti nel 2014, quando arrivano i bandi di 35 euro al giorno a persona. Una bozza di un atto poi, sul sito del ministero dell’Interno, riguarda un protocollo d’intesa tra la prefettura di Padova, il comune di Baone, la Percorso Vita e rullo di tamburi la ora plurindagata Ecofficina Educational. «Nessuna impresa riesce a raggiungere il 25% dell’utile netto – tuona Federica Pietrogrande, ex presidente Consiglio comunale di Padova (Lega) . Nel 2015 manifestava contro Bitonci, oggi critica il decreto Salvini. Protesta come sacerdote o come responsabile di una cooperativa che potrebbe veder ridotti i suoi fondi?».

*Pubblicato da Serenella Bettin in “Il Giornale” del 7 Dicembre 2018.

 

 

 

 

 

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