Siria, a un passo dalla guerra totale

di Maurizio Piccirilli

(pubblicato in “In Terris” del 10 ottobre 2015)

imagesGuerra o non guerra. In queste ore il dibattito in Italia si sta infuocando sull’ipotesi di un intervento diretto delle forze armate nel conflitto contro lo Stato islamico. L’Italia da un anno partecipa alla coalizione internazionale fornendo supporto logistico e addestrando truppe. In una base a Erbil nel Kurdistan iracheno istruttori dell’Esercito addestrano soldati curdi e iracheni. A Baghdad, da giugno, sono presenti i carabinieri che stanno preparando le forze di polizia irachene. Non solo. Aerei Tornado e droni dell’Aeronautica militare volano ogni giorno sui cieli della Mesopotamia per individuare obiettivi. Ora però c’è una richiesta a Roma da parte del governo di Baghdad e degli Stati Uniti per utilizzare i nostri aerei in missioni di bombardamento. Una richiesta che non scaturisce dagli interventi russi di questi ultimi giorni ma a un fatto specifico. Gli aerei dell’Arabia saudita e degli Emirati che in un primo momento partecipavano alle missioni non ci sono più perché impegnati nello Yemen a combattere la secessione degli Houthi. E’ venuto meno un supporto militare; ecco perché gli Stati Uniti, visto soprattutto l’intervento russo, si sono visti costretti a chiedere rinforzi all’Italia.

Ma è la strategia messa in atto finora che è fallimentare. Lo dimostra il fatto che l’Isis ha continuato ad avanzare, a uccidere, a distruggere monumenti patrimonio dell’umanità. A riprova lo scandalo dei report del Pentagono alla Casa Bianca che hanno fornito falsi dati sul numero dei raid e degli obiettivi colpiti. Poi ci sono le guerre per procura che sono in atto nel disinteresse della Nato, dell’Europa e degli Usa. La Turchia, dopo aver agevolato la crescita dell’Isis facendo passare i foreign fighters e favorendo il contrabbando di armi e petrolio, è scesa in campo colpendo innanzitutto le basi del Pkk curdo che guarda caso si oppone all’Isis. L’Arabia saudita che nel frattempo si sta defilando, ha prima finanziato i gruppi jihadisti contro Assad e poi combatte la sua guerra contro l’egemonia di Teheran nel Medio Oriente. Così il Qatar che sostiene i gruppi jihadisti anche in Libia.

In questo scenario caotico dove milioni sono i profughi e centinaia di migliaia le vittime, è scesa in campo la Russia di Putin, alleata da sempre del regime di Damasco. Mosca ha appreso bene la lezione afghana e della prima guerra in Cecenia e ora in Siria usa il metodo della terra bruciata. Attacchi massicci e ripetuti: in soli quattro giorni i Sukoi hanno compiuto tanti raid quanti quelli fatti in sei mesi dalla coalizione internazionale a guida Usa. Ai bombardamenti sta seguendo un’offensiva di terra delle forze fedeli ad Assad con aliquote di commandos russi che hanno già ripreso oltre cento chilometri di territorio nella provincia di Hama nel nord della Siria. Un successo nei fatti. La Turchia si appella alla Nato perché teme che di questo passo i curdi possano rinforzarsi e pretendere in futuro uno stato. L’Iran continua ad appoggiare sul terreno l’esercito iracheno con i pasdaran della Brigata Al Qods e questo indebolisce l’influenza araba e degli Stati Uniti sul governo di Baghdad. Uno schiaffo alla stabilità dell’area.


imagesLa strategia non è chi bombarda di più ma chi è in grado di riuscire a gestire il dopo
. Il dopo però deve avere personaggi credibili. Rimosso Assad si deve prevedere una nuova leadership che però non si intravede. A questo schema resta poi l’incognita dei jihadisti che una volta sconfitti e persa l’utopia del Califfato possono scegliere la via del terrore oltre confine. La guerra asimmetrica che si è palesata in tutto la sua terrificante realtà con l’attacco dell’11 settembre a New York e Washington. Guerra ancora in atto e che ha visto aumentare i protagonisti in maniera smisurata. Dai mujaheddin di Al Qaeda ora siamo alla parcellizzazione delle sigle e del Califfato che propaganda un terrorismo 2.0 che non si limita a colpire gli infedeli ma punta a fare piazza pulita anche di sciiti, sunniti e tutti coloro ritenga essere nemici.

La guerra è necessaria per spazzare via la ferocia dei jihadisti ma è necessaria una risposta culturale altrettanto decisa e forte per ricostruire coscienze, ridare fiducia ai popoli e riformare nazioni.

Maurizio Piccirilli

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