Scienza e fede in Giovanni Paolo II. Brevi note su alcuni scritti di Mario Castellana

E’ noto come papa Giovanni Paolo II fosse dotato non solo di una solidissima e ispirata formazione teologica ma anche di una rigorosa cultura filosofica specificamente incentrata, oltre che sui classici della tradizione filosofica cristiano-cattolica, anche su un “personalismo economico” originatosi dalla scuola personalistico-fenomenologica della università cattolica di Lublino soprattutto grazie agli studi del cardinale Stefan Wyszynski e del professor Czesław Strzeszewski. L’etica, la filosofia del lavoro, congiuntamente alla puntuale difesa dell’ortodossia dottrinaria della fede cattolica, sono stati al centro del lungo e complesso pontificato wojtyliano. Ma certamente rilevante appare qui, sotto tale pontificato, anche una politica culturale della Chiesa volta a riformulare il rapporto tra quest’ultima e il mondo moderno con particolare riferimento alle molteplici e  relativistiche, quando non decisamente “deboli”, forme del sapere contemporaneo.

Da tempo, prima in un’antologia  di scritti sulla scienza di Giovanni Paolo II, Scienza e verità (Lecce, Pensa Multimedia 2010) con lunga introduzione, e adesso in una nota destinata ad essere ospitata nel sito web della “Facoltà Teologica Regina Apostolorum” di Roma, il noto epistemologo cattolico Mario Castellana ha sottolineato in particolare l’impegno profuso dal papa polacco, a partire dal 1979, a favore di un rinnovato dialogo tra cultura cattolica e cultura scientifica contemporanea, che egli percepiva come una delle principali priorità del contemporaneo apostolato cattolico. Infatti, osserva Castellana, si fece promotore presso l’Accademia pontificia delle scienze di numerose iniziative e di dibattiti finalizzati a trattare liberamente, per via della partecipazione ad essi di uomini di scienza credenti e non credenti di tutte le parti del mondo, di possibili o necessari nessi intercorrenti tra le ‘verità della fede’ e le ‘verità della scienza’. I risultati di questi incontri apparvero così incoraggianti da indurre i responsabili della gerarchia vaticana, pur sempre su impulso del papa, ad organizzare nel corso degli anni ’80, diverse riunioni plenarie su scienziati quali Newton ed Einstein, Mendel e Darwin e soprattutto tutta una serie di studi intorno al “casus belli” per eccellenza nella storia dei difficili rapporti tra fede e scienza ancor più che tra fede e filosofia, ovvero il “caso Galileo”.

Papa Giovanni Paolo II, evidenzia bene Castellana, in Galileo scorge l’origine di una fondamentale biforcazione metodologica che avrebbe segnato dal ’600 in poi il rapporto tra scienza e fede, tra sapere scientifico e sapere teologico, ovvero quella per cui da una parte si dà uno studio della scienza o epistemologia preposta a distinguere tra le verità sempre relative benché universali della scienza e le verità assolute del sapere biblico-religioso, mentre dall’altra e di riflesso si dà un’ermeneutica biblico-religiosa preposta a fornire adeguati criteri interpretativi dei testi, documenti o narrazioni delle “scritture”. In Galileo nasce la consapevole distinzione tra ciò che spiega il come dei fenomeni fisico-astronomici, ovvero la scienza, e ciò che spiega in che modo gli esseri umani possano salvare la propria anima, ovvero la teologia. D’altra parte, non solo la teologia, che tuttavia è statutariamente preposta a fissare e definire le assolute verità della fede, ma la stessa scienza, storicamente, è talvolta portata ad assolutizzare metodi e risultati della ricerca scientifica, donde la necessità avvertita dal papa polacco di dare la parola non solo a scienziati e teologi ma anche ad epistemologi capaci di evitare curvature o chiusure scientiste e quindi dogmatiche della complessiva impresa scientifica, e a liberi ma rigorosi ermeneuti capaci di proteggere gli assunti biblico-teologici tanto da indebite estrapolazioni testuali o da possibili preconcetti esegetici quanto dal sempre incombente pericolo di un “soggettivismo interpretativo” che può essere invece neutralizzato anche attraverso un confronto rigoroso e disciplinato ad un tempo con le solide e oggettive verità della scienza.

Certo, è inutile nascondere che il confronto promosso da Giovanni Paolo II tra il pensiero scientifico e il pensiero cattolico, la sua pur sincera ed entusiastica apertura alle riflessioni, ai suggerimenti e alle più sorprendenti novità della e delle scienze contemporanee, muovevano dal presupposto per cui, alla fine di ogni pur complesso, articolato e spregiudicato dibattito epistemologico ed ermeneutico, la causa della fede e del cattolicesimo potessero solo guadagnarci o almeno uscirne indenni, anche in considerazione del fatto che quello che da sempre la critica laicista aveva considerato come il peccato originale della cultura cattolica ovvero quel suo dogmatismo religioso troppe volte portato a piegare le solide e oggettive ragioni della scienza alle fragili e “irrazionali” ragioni della fede, in realtà non fosse affatto un ostacolo all’esercizio di una seria funzione veritativa. Ma, d’altra parte, al pontefice non sfuggiva che i “presupposti”, con annessa tanta pur non dichiarata metafisica, non sono solo quelli della fede e della teologia, ma anche quelli della filosofia, della scienza, dello scibile nel suo insieme.

Come rileva il prof. Castellana in un altro suo scritto sull’interesse epistemologico di papa Wojtyla, pubblicato in “Nuova Secondaria” nel dicembre 2016, anche la ricerca scientifica è o può essere soggetta ad elementi dogmatici e aprioristici di cui probabilmente non potrà mai sbarazzarsi: non è forse vero che la base, il fondamento ineludibile e indiscutibile della possibilità stessa di ricerca della verità, siano anche in ambito scientifico il dialogo, il confronto, la discussione, l’approfondimento, la revisione delle posizioni raggiunte, la cosiddetta intersoggettività della comunità scientifica? Piaccia o non piaccia, anche questa è una forma di dogmatismo conoscitivo e non è affatto scontato che questa forma di dogmatismo sia epistemicamente più plausibile e proficua del dogmatismo religioso cattolico.

Semmai, si può dire, se l’epistemologia del non credente può aiutare a liberare Dio da quelli che parlano troppo sovente e a vanvera nel suo nome, l’epistemologia aperta alla dimensione delle verità della fede potrà di certo aiutare a liberare gli uomini dalla arrogante e presunta certezza che in fondo al variegato ed enigmatico viale delle verità relative indagate per tutta una vita e lungo tutta la storia umana non vi sia nulla di radicalmente sorprendente persino per gli spiriti umani più creativi, immaginifici e geniali. In effetti, a partire proprio dal caso Galileo, in virtù di quella che lo scienziato pisano chiamava “filosofica militia”, si sarebbe venuta acquisendo in modo sempre più chiaro la consapevolezza epistemologica che fattori emozionali, preconcetti, credenze inverificate, non riguardano solo l’ambito religioso ma anche, e talvolta in forme persino più sottili e insidiose, l’ambito scientifico, filosofico, storico e via dicendo. Scrive significativamente Castellana: “Galileo … per cercare di capire le ragioni della scienza moderna ed in particolare i fondamenti della teoria copernicana, ha innescato contestualmente una rivoluzione nelle stesse modalità di intendere la razionalità umana e il suo conseguente uso ‘benefico’ per altri saperi col liberarli dai propri errori, dalle rigidità interpretative dei loro testi e fonti di base; e per lo scienziato pisano fu naturale, quasi un dovere morale prima ancora che un fatto puramente intellettuale e impostogli dallo stesso andamento del suo percorso di ricerca, estendere, applicare questa nuova metodologia di ricerca alla più giusta interpretazione delle stesse verità di fede” (op. cit., p. 9). Il modello di quella che Benedetto XVI avrebbe definito come “razionalità allargata” ha qui le sue origini ed è questo modello di razionalità che il pontificato di Giovanni Paolo II si sarebbe incaricato di veicolare potentemente ai fini di una nuova e più feconda ermeneutica della fede e del sapere nella sua globalità.

Francesco di Maria

 

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