Renzi e le istituzioni

Renzi è certo un personaggio umanamente e politicamente divisivo, anche se lui stesso è consapevole che proprio per questo motivo c’è un prezzo da pagare, ovvero l’antipatia altrui, l’avversione di nemici e non di rado di amici, e persino un certo isolamento a livello istituzionale. Non è per i compromessi ad ogni costo, per le mediazioni ad oltranza, per rituali ricomposizioni politiche nel suo partito e con altri partiti. Renzi non intende la lotta politica come esercizio del potere fine a se stesso e del potere cui si debba sacrificare qualunque progettualità e aspirazione, ma come mezzo di risoluzione mirata dei problemi nel quadro di una situazione data, di una ben determinata realtà, con i mezzi e i soggetti politici di cui in essa sia possibile disporre senza pregiudiziali ideologiche. Sbaglierà, non sbaglierà: in fondo è un dilemma che vale per ogni politico non votato ad un conformismo di massa e ad un politically correct di bassa lega. La verità è che, piaccia o non piaccia, i fatti nel frattempo gli hanno dato ragione: le condizioni economiche dell’Italia sono migliorate e questo lo si deve obiettivamente alla sua intraprendenza, alla sua politica non più accomodante (come in passato) in Europa, alle sue scelte economico-finanziarie non certo perfette ma altrettanto certamente proficue sia pure entro i limiti di una complessiva situazione sociale molto contraddittoria, per certi aspetti enigmatica o indecifrabile.

Renzi perciò, per il suo decisionismo discutibile ma spesso vincente, è un politico che suscita spesso sentimenti di invidia, di gelosia, di rivalsa e persino di vendetta. Gioca sempre a modo suo, avendo come unico possibile alleato il popolo o meglio non un popolo concepito populisticamente e quindi animato da basse passioni, da pulsioni spesso incontrollate, da rivendicazioni indiscriminate, ma un popolo così come lui lo immagina ovvero come dotato di una capacità riflessiva e di uno spirito di discernimento non meno che di spinte istintive volte a chiedere soddisfacimento politico e pratico per bisogni oggettivi e inderogabili. In fondo, se tanti nemici e amici lo odiano, ciò accade perché percepiscono inconsciamente nel politico fiorentino una certa superiorità appena adombrata dal suo carattere ilare e guascone.

Se Renzi attacca Visco per aver mal governato la Banca d’Italia, ecco Mattarella, e vari tromboni della scena politica italiana come Napolitano, Speranza o D’Alema, che lo attaccano per aver agito scorrettamente dal punto di vista istituzionale; il presidente del Senato, Piero Grasso, ha annunciato la sua uscita dal PD, in quanto questo partito, sotto la guida di Renzi, minerebbe le istituzioni; mass media, giornalisti e commentatori lo accusano di voler governare l’Italia con Berlusconi.  

Intanto, Renzi ha dimostrato di non essere ossessionato dal culto istituzionale cui a quanto pare, a seconda delle convenienze, si prostrano strumentalmente persino forze e soggetti politici che per formazione e orientamento tendono generalmente ad essere o ad apparire piuttosto critici verso il mondo istituzionale; in secondo luogo, è utile ricordare che uomini istituzionali come Grasso e Mattarella sono divenuti tali solo grazie al placet di Matteo Renzi, di cui evidentemente costoro dovettero riconoscere a suo tempo non solo l’integrità morale ma anche l’indubbia levatura politico-istituzionale, per cui, a carriera fatta o consolidata, stupiscono oggi le loro implicite uscite polemiche contro il segretario del PD; in terzo luogo, non si comprende perché Ignazio Visco, nonostante la sonora bocciatura del maggior partito politico italiano (almeno sino ad oggi) e del maggior partito di governo quale il PD, non avverta la necessità morale di lasciare dignitosamente la sua carica, in presenza dell’ampia sfiducia manifestata nei suoi confronti non solo da parte di Renzi e del PD ma anche da parte di altri gruppi politici e parlamentari. Solo lui sa come sia possibile, da uomo delle istituzioni oltremodo contestato, accettare tranquillamente la riconferma “istituzionale” di Gentiloni e probabilmente di Mattarella; in quarto luogo, a proposito di un eventuale asse Renzi-Berlusconi, è indice di saggezza governare con coloro con cui realisticamente sia possibile governare senza conseguenze dannose per il proprio Paese.

Quanto a Grasso, che si sente uomo delle istituzioni a fine legislatura, avrà certo modo di dimostrare in futuro la sua fedeltà alle istituzioni italiane pur non avendo esitato un istante illo tempore ad accettare la carica di presidente del Senato nonostante i suoi evidenti limiti espressivi e culturali. Le istituzioni non sono un feticcio ma sono importanti e degne di essere rispettate nei limiti in cui siano realmente funzionali al benessere materiale ed etico-civile di un popolo: Renzi ha dimostrato di esserne ben consapevole in Europa nel non esitare a chiedere a voce alta una radicale riforma dell’istituzione europea e di tutti i suoi meccanismi amministrativi e finanziari, ha dimostrato di esserne consapevole oggi (illazioni interessate a parte) contro la massima istituzione bancaria italiana nel chiedere la rimozione del suo direttore per non aver vigilato adeguatamente negli anni scorsi sulla correttezza gestionale di molti istituti bancari italiani poi risultati fallimentari con grave danno degli stessi risparmiatori italiani, ma indirettamente ha dimostrato anche di sapere che non potrà nascondersi dietro un ruolo istituzionale se e quando gli dovesse malauguratamente succedere di non tutelare abbastanza gli interessi generali del popolo italiano e in particolare quelli dei cittadini meno agiati. Peraltro, a ben vedere, resta opinabile che egli si sia reso reo di sgarbi istituzionali in senso formale, dal momento che, alla luce delle leggi vigenti, era sua facoltà sia di disapprovare l’operato di Ignazio Visco, sia di mettere la fiducia anche in Senato sulla legge elettorale. Gli umori personali di questo o di quel personaggio lasciano il tempo che trovano e fa bene Renzi a non curarsene. Chi oggi è migliore di lui, scagli la prima pietra! Ma l’invito, naturalmente, non è estensibile a sciacalli, ad uomini senza scrupoli e a conclamati lestofanti del mondo politico italiano.

 

 

 

 

Lascia un commento