Per il Vaticano “è lecito l’uso della forza per fermare l’aggressione” dell’Isis

di Matteo Matzuzzi (pubblicato in “Formiche” il 21 – 04 – 2015)

“E’ lecito arrestare l’aggressione attraverso l’azione multilaterale e con l’uso proporzionato della forza”. A dirlo, in un’intervista realizzata da Mimmo Muolo per Avvenire, è il segretario per i Rapporti con gli Stati, monsignor Paul Gallagher, che da pochi mesi ha preso il testimone da mons. Dominique Mamberti.

COINVOLGERE GLI STATI DELLA REGIONE

“Sarà responsabilità della Comunità internazionale riflettere sui mezzi migliori per fermare ogni aggressione ed evitare il perpetrarsi di ingiustizie nuove e ancor più gravi”, aggiunge il prelato. Davanti all’avanzata (mediatica e sul campo) dell’orda jihadista che si richiama al Califfo, chiarisce ancora Gallagher, “sembra opportuno che gli Stati della regione siano direttamente coinvolti, assieme al resto della Comunità internazionale, nelle azioni da intraprendere con la consapevolezza che non si tratta di proteggere l’una o l’altra comunità religiosa o l’uno o l’altro gruppo etnico, ma delle persone che sono parte dell’unica famiglia umana e i cui diritti fondamentali sono sistematicamente violati”.

“MA LA SOLA RISPOSTA MILITARE NON PUO’ TUTTO”

Gallagher precisa che naturalmente “non si può affidare la risoluzione di un conflitto, di qualunque tipo sia, alla sola risposta militare”, visto che “la via della violenza porta solo alla distruzione”. Prima il dialogo, dunque, da attuare innanzitutto deponendo le armi e approfondendo “le cause che sono all’origine dei conflitti e che vengono poi sfruttate dall’ideologia fondamentalista”.

L’INTERVENTO DEL CARDINALE PAROLIN ALLE NAZIONI UNITE

La strada è quella delineata dal segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, nel suointervento dinanzi all’assemblea generale delle Nazioni Unite, il 29 settembre scorso. In quella sede, Parolin aveva detto che “è sia lecito sia urgente arrestare l’aggressione attraverso l’azione multilaterale e un uso proporzionato della forza. Come soggetto rappresentante una comunità religiosa mondiale che abbraccia diverse nazioni, culture ed etnicità, la Santa Sede spera seriamente che la comunità internazionale si assuma la responsabilità riflettendo sui mezzi migliori per fermare ogni aggressione ed evitare il perpetrarsi di ingiustizie nuove e ancor più gravi”.

LA DOTTRINA ONU E QUELLA SOCIALE DELLA CHIESA

Qualche settimana fa, poi, era stato l’osservatore permanente all’Onu di Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasia ribadire il concetto, sottolineando che “l’intervento militare internazionale in difesa delle minoranze minacciate è una dottrina che è stata sviluppata sia alle Nazioni Unite sia nell’insegnamento sociale della chiesa cattolica”.

“C’E’ CHI DIMENTICA L’INSEGNAMENTO DELLA STORIA E VUOLE UNA GUERRA”

Una posizione che non appare molto condivisa dai vertici della Chiesa italiana, ricordando quanto disse il segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantinoin un’intervista concessa la scorsa estate al Corriere della Sera. Il presule si scagliò contro “chi dimentica l’insegnamento della storia e preme per combattere una nuova guerra contro il cosiddetto Califfato: ma la democrazia non si esporta con le armi, e bisogna vedere se quel nostro concetto coincide con le aspirazioni locali”. Aggiungeva, poi, che “c’è un tipo di fondamentalismo, ahimè, anche qui in occidente che vorrebbe cogliere l’occasione per distruggere ogni dialogo col mondo musulmano, quasi che la convivenza fosse impossibile, paventando addirittura un’Europa già conquistata. E c’è chi spinge per un sostegno a Israele, ritenuto l’unico contrappeso nell’area, dimenticando le ragioni palestinesi”.

IL CORDOGLIO DEL PAPA PER LE VITTIME ETIOPI

Il Papa, intanto, ha inviato un messaggio di cordoglio al Patriarca della Chiesa ortodossa Tewahedo d’Etiopia, Abuna Matthias, dopo l’uccisione di 28 cristiani etiopi: “Non fa alcuna differenza che le vittime siano cattolici, copti, ortodossi o protestanti. Il loro sangue è uno medesimo nella loro confessione di Cristo! Il sangue dei nostri fratelli e delle nostre sorelle cristiani è una testimonianza che grida per farsi sentire da tutti coloro che sanno ancora distinguere tra bene e male. E questo grido deve essere ascoltato soprattutto da coloro che hanno nelle mani il destino dei popoli”.

di Matteo Matzuzzi

Lascia un commento