Meglio il divisivo Renzi che il pacifico Gentiloni

di La tulipana fiorentina

Meglio se a guidare il governo, in caso di vittoria elettorale del PD, continuasse ad essere Gentiloni e non fosse Renzi, perché il primo è meno divisivo, meno polemico, più conciliante ed equilibrato del secondo: questa è l’argomentazione di fondo, anche se talvolta non esplicitata, con cui vecchi tromboni della politica italiana come Prodi e Napolitano, che non poco male hanno recato all’economia del nostro Paese, esprimono il loro endorsement a favore di Gentiloni, che poi anche i Veltroni e un numero imprecisato di politici italiani del centrosinistra e del centrodestra nonché un discreto numero di giornalisti e imprenditori, mostrano di preferire a Renzi per quanto riguarda la Presidenza del Consiglio di un futuro e ipotetico governo guidato dal PD.

Anzi, si rimprovera a Renzi proprio il fatto che non appoggi chiaramente una candidatura di Gentiloni alla guida del prossimo governo eventualmente targato PD e che cosí facendo potrebbe favorire una sconfitta ancora più pesante di quella prevista dai sondaggi. Ora, la verità è che Gentiloni può essere cosí calmo e pacifico solo perché Renzi lo ha imbarcato su un governo dotato di pilota automatico, per cui, senza volerne disconoscere i meriti, i risultati raggiunti dal suo governo sono pur sempre riconducibili agli atti politici di fondo compiuti dal leader fiorentino, ovvero una caparbiamente riacquistata centralità dell’Italia in Europa e nella politica estera con particolare riferimento al versante economico-finanziario, una ripresa più volte ingiustamente disconosciuta dai suoi avversari della vita economica nazionale con particolare riferimento a una sia pure relativa crescita occupazionale giovanile e a un moderato aumento del potere d’acquisto, un’operazione storica di fondamentale importanza soprattutto per il futuro della nazione come l’aver costretto tanti critici critici sinistrorsi a liberare il PD da quel mefitico e capzioso assemblearismo che per troppo lungo tempo lo aveva tenuto ostaggio di veti contrapposti, di immobilismo decisionale e di logiche decisamente perdenti anche o soprattutto da un punto di vista elettorale.

Sono meriti indubbi di Renzi come politico, come segretario del partito democratico e come Presidente del Consiglio, ma, come spesso accade nelle cose umane, pochi sono stati e sono capaci di riconoscerli onestamente. Tanta avversione, nel PD e fuori del PD, si spiega innanzitutto con antichi meccanismi psicologici di invidia, di gelosia, di rabbia anche per vedersi di fatto ridimensionati nelle proprie presunte prerogative intellettuali, morali e politiche al cospetto di un poco più che quarantenne giovanotto toscano che, con la sua intelligenza tattica e strategica, con il suo attivismo e il suo decisionismo, al netto di scelte discutibili e di errori pure commessi, ivi compresa la cosiddetta personalizzazione di talune battaglie istituzionali, è riuscito a trasformare l’Italia da un Paese di chiacchiere, proclami, rivendicazioni e polemiche fini a se stesse in un Paese finalmente capace di uscire, pur tra le inevitabili e non sempre comprensibili proteste delle opposizioni interne ed esterne, dalle secche di un passato politico-governativo prevalentemente statico, inefficiente e improduttivo.

Non è che Renzi, sia chiaro, sia stato autore fin qui di alcunché di rivoluzionario, ma in Italia basta imboccare la via del buon senso, della concretezza, della risoluzione quanto meno embrionale o virtuale di alcuni atavici problemi, per dare fastidio a quell’esercito di benpensanti della politica e del giornalismo che confida sempre nell’incapacità altrui per poter apparire indispensabili e necessari alla vita civile del Paese. Penso che l’Italia abbia ancora bisogno di un capo di governo morbidamente divisivo, conflittuale e determinato, come Renzi; ne avrà bisogno almeno fino a quando non sarà messa o meglio rimessa mano a settori importanti e delicati come la sanità o la scuola, ancora troppo penalizzati e arretrati rispetto ad auspicabili ed elevati standard di qualità, e ad un impegno molto più deciso e capillare contro la corruzione in particolare nel quadro del non più procrastinabile reclutamento del personale intellettuale e politico del PD di domani. Già, perché, proprio su questo terreno, il PD di Renzi già oggi rischia di vedersi negare il consenso di molti elettori, a prescindere dai soliti e non sempre giustificati voti di protesta che potranno andare ad altre formazioni politiche. I pacifici e meritevoli Gentiloni potranno essere forse riutilizzati un giorno come capi di governo allorché il lavoro più pesante sarà stato svolto ancora una volta da chi è più avvezzo ad attività usuranti e rischiose.  

La tulipana fiorentina

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