La democrazia e i suoi anticorpi

Che la democrazia sia l’unico possibile “regno della libertà” nella storia degli uomini è affermazione destinata a rimanere priva di concreto riscontro empirico, soprattutto per ciò che concerne il futuro, sempre imprevedibile, dell’umanità. E’ tuttavia affermazione largamente condivisa e condivisibile sulla base del fatto che i regimi dittatoriali, nel quadro della storia globale della seconda metà del ’900 e del primo quindicennio di questo XXI secolo, hanno prodotto effetti ben più deleteri e indesiderabili di quelli originatisi all’interno di sistemi o regimi di tipo democratico.images

In questo senso, persino i cattolici più retrivi si sono ormai abituati all’idea che su questa terra non è più il caso di vagheggiare ideali monarchici o dispotici di qualsivoglia natura ma bisogna contentarsi di democrazie più o meno autorevoli, illuminate ed efficienti che aiutino soprattutto i cittadini meno abbienti a soddisfare almeno alcuni bisogni primari di vita dando in pari tempo a tutti la possibilità di esprimere lecitamente la propria libertà di pensiero e di azione, in attesa di quella sapiente, giusta ed eterna monarchia celeste, cui tutti i cattolici dovrebbero aspirare per fede, attorno a cui si stringeranno con amore e felicità tutte le anime che saranno state ritenute da Dio meritevoli di immortalità.

Quindi, rispetto ad altre forme di governo, la democrazia, persino la democrazia più sgangherata, può essere considerata come un “male minore”, come un argine politico-istituzionale ad usi manifestamente o incontrovertibilmente eversivi e dittatoriali del potere e della forza statuali. Questo però non significa affatto, come pretenderebbero taluni demagoghi o professionisti interessati della protesta e della chiacchiera politica, che la democrazia non possa o non debba esercitare una sua forza legittima nei confronti di quanti, consapevolmente o inconsapevolmente, implicitamente o esplicitamente, vengano attentando in modo sistematico, per comprensibili ma inammissibili giochi di potere,  ad una funzionalità decisionale di governo finalizzata alla ripresa o allo sviluppo della vita economica e sociale di una nazione e non certo secondaria rispetto a certe abusate prerogative delle aule parlamentari in cui, anche a causa di un sempre più ridotto tasso di capacità culturale e di competenze specifiche, è sempre più difficile distinguere tra istanze legittime e sensate ed istanze inutili o dannose seppur formalmente valide.images

Uno Stato democratico ha non solo il diritto ma, in certi casi di particolare emergenza storica, soprattutto il dovere di decidere per il miglior bene possibile della collettività senza lasciarsi condizionare oltre il dovuto da sproloqui parlamentari e/o giornalistici di dubbia o ambigua ispirazione. Qui bisogna precisare che certe alternative politologiche, per cui una democrazia o è liberale o è autoritaria, non sono necessarie, poiché al contrario, può accadere che una democrazia, per mutamenti strutturali che suo malgrado possono sempre investirla storicamente e richiedere terapie di volta in volta diverse o diversificate, sia chiamata a dimostrare la sua saggezza e la sua capacità di governo, ai fini della coesione morale e sociale del popolo, esercitando il potere ora in modo più liberale ora invece in modo più autoritario.

Se si pensa che la democrazia è ormai diventata un pò dappertutto il più venerato tempio della libertà, in cui non solo coesistono pacificamente ma sempre più spesso finiscono anche per sgomitare tanto le diverse categorie sociali e professionali quanto importanti potentati economici e finanziari e ancora rilevanti benché declinanti organizzazioni partitiche e sindacali, influenti centri o gruppi “culturali” di potere e imponenti mezzi di comunicazione di massa, tutti ugualmente portati a rivendicare una sempre maggiore visibilità e centralità nella pur comune arena democratica, non è difficile comprendere che, in questo specifico momento storico, occorre pur porsi il problema di come eventualmente regolamentare con sano ma vigoroso spirito democratico una conflittualità democratica che, oltre determinati limiti, potrebbe compromettere seriamente la tenuta dell’intero sistema adottato da molti paesi occidentali.

Può accadere infatti che un organismo democratico si incancrenisca per eccesso di autoritarismo, ma può accadere anche che esso si ammali mortalmente per un eccesso di liberalismo o piuttosto (dato che quest’ultimo, in sede storico-politologica, è ben altra cosa rispetto al suo significato corrente) di libertarismo ottuso e indiscriminato. Oggi, a fronte di una crisi storica planetaria particolarmente grave e pericolosa, in un Paese democratico come l’Italia accade di fatto che la principale preoccupazione dei maggiori organi di potere non sia quella di cooperare in modo realmente responsabile ad un piano corale di risanamento delle sue complessive condizioni di vita ma quella di usarsi strumentalmente l’un l’altro e persino di screditarsi il più possibile vicendevolmente secondo un criterio di verità che appare costantemente subordinato a convenienze e interessi o privilegi di parte più o meno ingiustificati.download (53)

Venendo allo specifico odierno, impulsi incontrollati ad aggredire chi, sia pure nel quadro di un ponderato e sensato programma politico di “modernizzazione” dell’intero Stato democratico, tenda ad oscurare o ridimensionare la visibilità mediatica ed “istituzionale”, lo status o i privilegi, di organismi costituzionali come il parlamento o la magistratura o la stessa Corte Costituzionale, in vero non sempre privi di intollerabili lentezze burocratiche e di decisioni lineari, di libere associazioni sociali come partiti, grande stampa, sindacati o confindustria, che si impennano ogni qual volta vengano poste in discussione certe loro tradizionali prerogative, di categorie professionali come avvocati, medici o farmacisti, raramente capaci di giudizi politici obiettivi, sono infatti alla base di polemiche velenose dirette concentricamente ogni giorno verso un potere politico renziano ritenuto debole e inefficace salvo poi ad accusarlo di eccessivo decisionismo e indebito autoritarismo quando esso si mostri sul serio determinato a ridisegnare e a modificare gli assetti di quel complesso arcipelago di poteri in funzione di una maggiore solidità e stabilità governativa, di una democrazia meno logorroica ed assemblearistica e più operativa e propositiva, di una più concreta possibilità di adottare provvedimenti economici e sociali rapidi e necessari a rilanciare la vita nazionale.

Qui non si tratta di essere renziani o antirenziani, ma di riconoscere obiettivamente che, sotto il governo Renzi, stanno migliorando rispetto ai precedenti decenni tutti i parametri o gli indicatori economici in base a cui, prima dell’arrivo di Renzi alla Presidenza del Consiglio, era stato decretato un grave deficit finanziario dell’Italia e una sua preoccupante stagnazione economica sia in rapporto alla sua bassa competitività sul piano internazionale, sia in rapporto alla sua incapacità di attirare investimenti stranieri importanti, sia infine e di conseguenza in rapporto al suo basso tasso di occupazione giovanile.

Dovremmo esser contenti e invece no! Perché l’ego offuscato, sminuito o addirittura ridicolizzato di tutti quegli economisti che hanno prescritto per anni terapie alla nostra economia senza azzeccarne una, di tutti quei politici democratici ed europeisti (a cominciare dal PD dei Bersani, D’Alema o Cuperlo) che ai “poteri forti” hanno mostrato a lungo di essere proni con la scusa di un debito pubblico troppo elevato da onorare a tutti i costi, di tutti quei demagoghi e beceri populisti orientati a trarre cinicamente vantaggio dal malcontento generale e da un sempre più evidente dissesto istituzionale, di tutti quei padreterni del giornalismo progressista (come Travaglio, Scanzi, Sansonetti, ecc.) che confondono per partito preso la critica più obiettiva e rigorosa con una sciabola da brandire indiscriminatamente a destra e a manca, perché — dicevo — quell’ego generalizzato oggi messo pesantemente alla berlina dai fragorosi successi di Matteo Renzi tanto in ambito economico e sociale quanto nell’ambito della politica e dei rapporti economico-finanziari internazionali, reagisce ora furiosamente contro la genialità politica renziana attraverso un disconoscimento risentito e sistematico di tutte le cose indiscutibilmente positive da essa fin qui prodotta.

imagesBasterebbe leggere la Legge di Stabilità 2016 per rendersi conto facilmente, pur senza trascurare limiti e ambiguità ancora non chiarite del programma, delle innovazioni positive introdotte un po’ in tutti i campi della pubblica amministrazione e della vita economica e sociale nazionale. Ma se si pensa che tutta quella massa di “sapientoni” sopra citati prendono di mira persino misure renziane democraticissime e popolari come la cancellazione di IMU e Tasi o l’aumento del tetto dei contanti a 3000 euro, che io, esponente di un comunitarismo evangelico di sinistra, non temevo di definire misure doverose e rispettose di un imprescindibile diritto di proprietà già sotto il pur avversato governo Berlusconi, si intuisce facilmente che quella gente non solo è molto lontana dagli ideali di bene comune e di giustizia sociale che esibiscono come distintivo del loro presunto impegno etico-politico ma non potrà mai essere in pace con il mondo reale, dove vale chi è disposto a sporcarsi le mani con il prossimo e le cose concrete della vita e non chi invece si chiuda comodamente in una torre d’avorio da cui sputare sentenze di biasimo e condanna su tutto e tutti, essendo sempre in guerra con se stessa sotto il dominio di una egoità smisurata e inquieta.

Certo, Renzi sta imprimendo una svolta autoritaria al nostro sistema democratico, ma questo non dipende da una sua indole dittatoriale quanto da un avvertito e oggettivo bisogno politico di assicurare all’Italia una prospettiva di governo meno soggetta agli umori o ai capricci di combriccole partitiche e/o parlamentari spesso immature o non qualificate e più funzionale ad istanze ormai inderogabili di maggiore rapidità decisionale e operativa da parte appunto di quegli organi di governo la cui funzione non consiste tanto nel sedare contrasti o contrapposizioni delle aule parlamentari ma nel dare risposte concrete alle necessità prioritarie dei cittadini.images

Si può dire che, in Italia, ci si è avviati con Renzi, con le sue riforme istituzionali ed elettorali, ma solo in virtù dell’autorevolezza e dell’efficienza sin qui dimostrate, su una via di democrazia autoritaria che per un certo periodo di tempo dovrebbe non solo liberarci da un parlamentarismo malato ed inetto ma sbarrare il passo all’autoritarismo distruttivo e al democraticismo populistico più abietto dei vari Berlusconi (uscito dalla scena politica grazie a Renzi, contrariamente a quanto viene ancora da più parti disconosciuto), Salvini, Grillo e piccole e incompetenti frange assembleariste della sinistra tradizionale. Non è detto, d’altra parte, che una democrazia liberale e liberista sia meno rischiosa della democrazia autoritaria renziana, come anche il nostro recente passato sembra ampiamente dimostrare.

La democrazia senza anticorpi è destinata a morire. Talvolta la democrazia, per essere salvaguardata e difesa, ha bisogno di terapie un po’ forti che, senza ledere i diritti essenziali delle persone e dei cittadini, possono assumere anche qualche tinta autoritaria: d’altra parte un po’ di autoritarismo è necessario anche nell’educazione dei figli, nella formazione dei giovani, nella catechizzazione civile e religiosa delle coscienze, e non si vede perché non dovrebbe averne bisogno l’intera vita associata nel complesso delle sue articolazioni e funzioni.

imagesFinora Renzi, che sa bene di rischiare in proprio, ha giocato bene le sue carte, pur aiutato da quella “fortuna” che per Machiavelli era una componente essenziale per la buona riuscita di un’azione politica, e merita la fiducia del popolo italiano che dai tempi di De Gasperi non ha mai avuto un premier cosí risoluto e prestigioso. Né il suo agire

           NICCOLO’ MACHIAVELLI

“virtuoso” potrà essere appannato dalle vicende che riguardano alcuni suoi uomini di partito e che talvolta affliggono il Partito Democratico, perché il popolo, quando sarà chiamato a votare, se voterà per il PD, in realtà voterà solo e soltanto per Matteo Renzi.

Come cattolici, noi, pur ritenendo sempre necessaria in Italia la costituzione di una nuova forza politica cattolica di matrice evangelica, dobbiamo seguire con attenzione, interesse e vigile senso critico questa esperienza politica in atto che speriamo, tra l’altro, non debba macchiarsi della colpa di far passare leggi inique contro il matrimonio e la famiglia tradizionali, che sono gli unici modelli possibili di matrimonio e di famiglia umana.

mana.

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