Il problema casa come problema politico centrale

di Rinaldo Ponti

Qualcosa di buono c’è anche nel Movimento 5 Stelle, che lo scorso anno per esempio presentò una mozione parlamentare con la quale si chiedeva al governo di assumere iniziative legislative efficaci sul “diritto alla casa”, ovvero iniziative finalmente chiuse a nuove cementificazioni e ai soliti intrallazzi per favorire questo o quell’amico costruttore, peraltro regolarmente impegnato a risparmiare sulla qualità dei materiali edilizi e ad evadere il fisco, e dunque iniziative non destinate a devastare ulteriormente il territorio con l’occupazione di suolo pubblico che va invece salvaguardato per tanti motivi, ivi compresi naturalmente quelli ambientali. In sostanza, la mozione pentastellata chiedeva al governo non già di costruire nuove case ma di utilizzare il patrimonio immobiliare pubblico esistente bloccandone o impedendone le vendite speculative e il patrimonio immobiliare privato comprensivo di appartamenti costruiti ma rimasti invenduti nell’ultimo lustro a causa di una vertiginosa lievitazione dei prezzi o, più esattamente, a causa della mancanza di lavoro specialmente tra le giovani generazioni e del percepimento di salari sempre più bassi in rapporto ai prezzi correnti di mercato. Appartamenti rimasti vuoti i cui costruttori, dopo aver deformato intere periferie e non poche città, sono stati persino graziati dallo Stato che ha ritenuto improvvidamente di doverli esentare dal versamento dell’IMU (imposta municipale unica).casa_striscione.jpg_415368877

Solo che questo benedetto “diritto alla casa”, chiaramente affermato nella nostra Costituzione e ribadito in diverse occasioni anche dalla Corte Costituzionale e dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), sembra non trovare mai nella classe politica italiana e più segnatamente nella classe dirigente di volta in volta al governo del Paese una sufficiente determinazione politica volta per l’appunto ad adottare provvedimenti quanto meno idonei ad avviare a soluzione l’annoso problema.

Eppure, il diritto alla casa è uno dei diritti più basilari della persona e del cittadino, per certi aspetti persino più importante del diritto al lavoro, perché senza lavoro si può rimanere per un certo periodo di tempo o lo si può perdere strada facendo, e questo certamente pone problemi non semplici ma non ancora insuperabili di sopravvivenza, mentre se si è o si rimane senza casa ne va proprio della stessa sopravvivenza di individui e famiglie, specialmente ma non esclusivamente se gli uni e le altre sono costituiti da bambini in tenera età o da soggetti infermi o in età molto avanzata. La casa è, per tutti indistintamente, talmente importante che ogni seria attività politica dovrebbe cominciare proprio dal preoccuparsi di dare ad ogni nucleo familiare ancor prima che ad ogni individuo la concreta opportunità economica di disporre di un’abitazione confortevole anche se modesta e commisurata al numero dei suoi occupanti.

Chi non ha casa dev’essere messo dallo Stato nella condizione di trovarla e di non perderla successivamente ove, per esempio, non si fosse più in grado di pagare le rate del mutuo che ci si è impegnati a pagare inizialmente proprio per poter disporre del denaro necessario ad acquistarla. Chi invece ce l’ha, dopo averla acquistata con tanti sacrifici, non dev’essere tartassato da tasse esorbitanti che oltre tutto, in caso di estrema necessità, gli impedirebbero di venderla ad un prezzo adeguato. Ma in che modo lo Stato potrebbe tutelare questo diritto e questa necessità sociale che, se disattesa, potrebbe anche trasformarsi in un aggravio o danno economico per la stessa società?

Molto ragionevolmente lo Stato potrebbe stabilire per legge che le banche o istituti finanziari non possano in alcun caso acquisire la proprietà di un immobile privato ove il titolare risulti momentaneamente inadempiente nei loro confronti (per esempio con rate non pagate) o metterla in vendita per saldare l’eventuale debito. Un provvedimento del genere dovrebbe prevedere la concessione di un più lungo periodo di tempo per l’estinzione del debito o il pagamento delle rate di mutuo e al tempo stesso il tassativo divieto per il proprietario legittimo di vendere o cedere la casa sino a quando non abbia interamente corrisposto la somma pattuita per l’acquisto dell’immobile stesso. Si pagherebbero in questo caso più interessi ma sarebbe fatto salvo il diritto di proprietà e di godimento della relativa abitazione. Inoltre detto provvedimento dovrebbe consentire al debitore di pagare rate e/o interessi maggiorati in proporzione al proprio stipendio e al proprio reddito, che sarebbero da considerare in senso cumulativo in caso di doppio stipendio, e in base ai componenti del nucleo familiare.sfratti-e1386245645513

Agli affittuari, invece, salvo facendo il diritto-dovere del proprietario di assicurarsi preventivamente sulle reali possibilità economiche del locatario, si potrebbe o dovrebbe concedere di ricorrere a prestiti molto agevolati in caso di difficoltà a pagare puntualmente la pigione oppure ove essi opponessero resistenza al dovere di corrispondere il dovuto al padrone di casa li si dovrebbe comunque obbligare direttamente o indirettamente, a parte la richiesta di sfratto sempre legittimamente proponibile per via legale a loro danno, a risarcire con gli interessi quest’ultimo, che si vedrebbe così probabilmente più garantito di quanto non accada oggi.

Ma, come, vogliamo garantire i proprietari contro gli affittuari? Certo, ma qui è opportuno lasciare da parte criteri classisti e ideologici di giudizio, perché almeno in questo caso essi non c’entrano assolutamente niente. Infatti, non tutti i proprietari sono persone agiate o immobiliaristi senza scrupoli. Spesso si tratta di persone dal tenore di vita molto modesto che affittando uno o due appartamenti di loro proprietà riescono a sbarcare il lunario o ad aiutare i loro figli disoccupati o impossibilitati a far fronte adeguatamente alle necessità proprie o delle proprie famiglie, per cui, come si vede, qui la difesa del proprietario è solo la difesa del buon senso e di un’elementare esigenza di giustizia sociale. Che molte persone stiano ancora peggio di quei proprietari per cosí dire non possidenti, non è una buona ragione per non tutelare o addirittura per penalizzare chi si trovi comunque in condizioni economicamente difficili o appena dignitose.

Soprattutto sarebbe ora di considerare l’occupazione abusiva di abitazioni, o perché di altri o perché sottratte in modo prevaricatorio e violento a quanti abbiano più titolo ad occuparle per motivi di graduatoria o per motivi reddituali, fiscali e di altro genere previsti dai bandi di assegnazione comunali, un vero e proprio reato contro la legittima proprietà privata e come tale implicante severe misure penali da comminare nei confronti di chi lo compia, mentre per i senza casa non disoccupati, in mancanza di un nuovo piano governativo di edilizia popolare (come quello realizzato da Fanfani negli anni sessanta), si potrebbe pensare di assegnare loro locali considerati inagibili ma spesso in condizioni abitative molto migliori di quelle in cui versano tante abitazioni civili, oppure case disabitate i cui proprietari siano ricchi possidenti o possessori di più unità abitative o ancora immobili di proprietà dello Stato e dei suoi enti pubblici delegati, a condizione che questa categoria di senza tetto amministri responsabilmente gli immobili messi a loro disposizione e non pretenda di rimanerci gratis per tutta la vita.manifestazione_casa_555

E per i senza casa disoccupati, per quelle famiglie finite sul lastrico, per quelli che non ha più un euro in tasca, per tanti immigrati irregolari residenti in Italia, non si può fare nulla? Com’è noto, e al di là di sempre meritorie iniziative private con cui si cerca spesso di assicurare un tetto a questa categoria di persone, ci sono le case popolari, ovvero abitazioni di proprietà di enti statali e comunali, che vengono date in fitto appunto a tutte quelle persone che una casa non se la possono permettere né come proprietari né come locatari. Queste case vengono assegnate secondo determinati criteri, anche se spesso succede che questi criteri vengano aggirati o completamente disattesi per motivi clientelari o addirittura per motivi che hanno a che fare con le attività illegali di associazioni criminali.

Per ora, nell’attuale scenario storico-politico-economico, è difficile individuare altri modi e magari modi molto più efficaci per fronteggiare l’emergenza casa, che costituisce un problema politico centrale per le sue molteplici ricadute: di ordine non solo psicologico, ma anche sociale ed economico-produttivo.

Dev’essere chiaro tuttavia un punto: che in nessun caso un’etica pubblica e un governo democratico che si rispettino potranno tollerare azioni di forza individuali o collettive tese ad occupare immobili di cui non si sia legittimi proprietari o legittimi affittuari.

Rinaldo Ponti

 

 

 

Lascia un commento