Erdogan, gli storici e il genocidio degli armeni cristiani

download (8)«Vorrei mettere in guardia l’onorevole Papa a non fare di nuovo un simile errore». Cosí il premier turco Erdogan nei confronti di papa Francesco dopo che questi aveva denunciato pubblicamente il genocidio degli armeni cristiani compiuto nel 1915 dall’impero ottomano ormai morente e guidato dai “Giovani Turchi”. Erdogan non è solo un maleducato nell’essersi rivolto minacciosamente al capo della cristianità, è anche e soprattutto un islamico potente che non può sopportare che il vicario di Cristo in terra punti il suo dito contro una delle pagine più vergognose della storia del popolo islamico turco.

In vero, papa Francesco intendeva collegare in modo deliberato il tragico presente dei cristiani ferocemente perseguitati in Medioriente dagli islamici dell’Isis al tristemente significativo passato dei cristiani armeni altrettanto ferocemente perseguitati, per ragioni di dominio etnico e politico, dagli islamici fedeli al governo dei “Giovani Turchi”, fautori di un progetto panturco che prevedeva l’eliminazione della comunità armena in tutto l’impero ottomano. E’ come se il papa, in altri termini, alla luce del terrore anticristiano senza fine che continua oggi a mietere vittime cristiane, avesse voluto finalmente denunciare non solo il genocidio di un secolo fa ma soprattutto una vocazione islamica, costante nella storia dell’islam come in quella del mondo, ad usare violenza e terrore a scopi politico-religiosi e più esattamente a scopi di dominio dispotico su tutti gli infedeli, a cominciare dai cristiani.

images (40)Erdogan è ben consapevole di ciò e del fatto che l’islam ha il suo germe originario e inestirpabile nel culto dell’odio e della guerra, intesi come strumenti di attuazione della presunta volontà del Dio che viene chiamato Allah. Ma ovviamente non può sopportare che l’islam venga additato pubblicamente come fonte di barbarie, di discriminazione e di prevaricazione, perché in tal modo esso rischia di apparire sempre meno attendibile nella coscienza collettiva con la conseguenza che il suo piano di graduale egemonizzazione del mondo finisca per risultare molto meno facilmente perseguibile.

Questo è il vero motivo della indignazione erdoganiana: l’aver dovuto suo malgrado scoprire che il cristianesimo non è una religione per deboli e inetti ma per spiriti liberi e forti, che il papa cattolico non è un leader religioso buonista e molliccio, portato a tacere su verità scomode pur di esercitare tranquillamente il proprio potere, ma serio e coraggioso, pronto a mettere a repentaglio persino la propria vita per amore di Cristo e dei suoi fratelli. Ecco perché ora l’islamico Erdogan dice di non stimare più Francesco come prima: si era convinto che il papa di Roma potesse essere un pupazzo, un puro diplomatico, un cristiano che non avrebbe avuto mai l’ardire di denunciare pubblicamente la pochezza spirituale e religiosa della religione islamica, nel timore che la sua comunità potesse ricevere danni sempre più ingenti da una presa di posizione contro lo spirito criminale racchiuso nel cuore stesso della legge islamica, ma ha dovuto modificare affannosamente i suoi pensieri e i suoi calcoli, perché in realtà il papa di Roma conosce i crimini che i cristiani hanno commesso non solo contro il prossimo cristiano e non cristiano ma soprattutto contro il vangelo, cosí come conosce i crimini che i musulmani hanno commesso, commettono e sempre commetteranno, sino a quando esisteranno come musulmani di fede islamica, proprio in ossequio al Corano e alla predicazione maomettana.

Qui è la differenza etico-religiosa tra fede cristiana e fede islamica: per la prima l’uso della violenza è ammesso solo per motivi conclamati di legittima difesa personale o collettiva, mentre per la seconda esso trova la sua giustificazione proprio nella necessità di piegare gli infedeli, in primis i cristiani, con qualunque mezzo alla shari’a ovvero alla legge rivelata e non elaborata da uomini ma imposta da Dio stesso. Il cristiano sa che la vita dell’empio come del peggiore infedele va sempre e comunque rispettata e lasciata integra sino a quando non costituisca un oggettivo e concreto pericolo per la vita altrui, il musulmano ortodosso invece non esita a ritenere legittimi e anzi necessari la ritorsione, la vendetta, l’assassinio, tutte le volte che si metta in discussione la sacralità del profeta Maometto e la natura divina dei testi coranici, dove è evidente che il seguace di Cristo, per il fatto stesso di esser tale, non può che opporsi a questa condizione dottrinaria della religione islamica. I cosiddetti islamici moderati non sono islamici che aborrono l’uso aggressivo e repressivo della violenza per fini religiosi quanto piuttosto credenti in Allah e nelle sue verità rivelate a Maometto che tendono semplicemente a collocare la fase violenta del processo di islamizzazione del mondo in un futuro non ancora determinabile e tuttavia caratterizzato da un concorso di fattori straordinariamente e concentricamente favorevoli all’assoggettamento anche coatto di tutte le genti al credo islamico.images (41)

Un islamico colto e moderno, si fa per dire, come Erdogan, è perfettamente consapevole di tutto questo e, per tentare di nascondere la veridicità di quanto denunciato dal papa, non può fare altro che tentare di screditarlo come leader religioso in quanto si sarebbe sostituito con un giudizio gratuito al lavoro degli storici. Peccato però che gli archivi vaticani abbondino di documenti e rapporti politici, diplomatici e militari, capaci di provare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la portata dello sterminio degli armeni cristiani di cento anni fa. D’altra parte, nell’appellarsi all’obiettività degli storici, sembra che Erdogan ignori l’esistenza di una bibliografia sconfinata, a livello mondiale, proprio sul genocidio turco e islamico degli armeni.

Forse il premier turco, che per principio diffida delle ricostruzioni storiche occidentali, intende riferirsi a qualche storico turco di regime, a qualche storico politicamente, moralmente e professionalmente asservito ad un islam incurante della realtà storica dei fatti, ma anche in questo caso egli dovrebbe spiegare non solo perché il parlare liberamente di genocidio armeno costituisca nel suo Paese un reato implicante mesi o anni di carcere (vi immaginate come siano liberi di fare ricerca gli storici turchi alla luce di questa misura repressiva?) ma soprattutto perché un autorevolissimo storico turco, oggi molto rispettato e stimato nelle università americane, come Altug Taner Akçam, proprio per aver sostenuto pubblicamente nel 1976 la tesi del genocidio turco degli armeni, venne arrestato e condannato a 10 anni di prigionia anche se poi sarebbe riuscito ad evadere e ad ottenere asilo politico nella Repubblica Federale Tedesca.

E’ pur vero che non manca qualche storico portato a ridimensionare la portata della strage armena del 1915, anche se per motivi diversi da quelli che stanno a cuore ad Erdogan. E’ per esempio il caso di Guenter Lewy, storico molto noto anche in Italia per alcune sue pubblicazioni sul nazismo, autore di un libro tradotto e pubblicato in italiano da Einaudi nel 2006 e intitolato “Il massacro degli armeni. Un genocidio controverso”, che, come sta ad indicare il sottotitolo, tende a mettere in discussione le caratteristiche giuridiche del genocidio generalmente attribuite, in sede storica e storiografica, a quel “massacro”, ma che in vero è opera non solo alquanto lacunosa e parziale dal punto di vista bibliografico e ricostruttivo ma anche e soprattutto viziata dalla preoccupazione psicologica ed ideologica (Levy è notoriamente un brillante ed arguto intellettuale-polemista della destra ebraica) di difendere l’unicità della Shoah come evento genocidario: purtroppo questa tesi forse legittima viene sostenuta da questo storico in modo manifestamente scorretto e al prezzo di assecondare un orientamento negazionista su altri genocidi che non siano quello subíto dagli ebrei per mano dei nazisti. guerzoni_2005_08

La verità, comunque, è che la chiara e coraggiosa denuncia di papa Francesco crea oggi serie difficoltà, soprattutto nell’imminenza delle elezioni politiche turche, al pur vasto fronte politico turco capeggiato da Erdogan cui però si contrappone, almeno virtualmente, un altrettanto vasto fronte laico e postislamico capace di coniugare la religiosità con i princípi giuridico-politici delle società occidentali, un fronte che prossimamente potrebbe conquistare il potere indirizzando la Turchia verso politiche più aperte e collaborative nei confronti del mondo occidentale, dell’Unione Europea e della stessa Chiesa cattolica. Ma perché, in definitiva, al di là delle contingenze politiche, l’islamico Erdogan ha tanta difficoltà a riconoscere il genocidio degli armeni cristiani? Perché, come è stato ben scritto, «riconoscere il genocidio significherebbe riconoscere che buona parte di coloro che sino ad oggi sono stati descritti in Turchia come eroi e fondatori della Patria moderna della Repubblica, sono in realtà assassini e ladri. Inoltre la Turchia dovrebbe ammettere di aver mentito per decenni, in particolare sui manuali scolastici creando una visione falsificata della storia per ciò che riguarda gli armeni e il genocidio. Sarebbe un mea culpa radicale. Un passo difficile e politicamente addirittura impensabile oggi». Tuttavia sarebbe un passo necessario per passare da una democrazia islamica, e come tale molto problematica e inaffidabile, ad una democrazia liberale, certo imperfetta ma quanto meno capace di assicurare lo stesso diritto di cittadinanza a tutte le fedi religiose.

E, poiché la Turchia è un ponte di fondamentale importanza strategica tra Occidente ed Oriente, questo non potrebbe non avere significative ripercussioni politiche tra mondo cristiano e mondo islamico.

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