Piero Martinetti e la rifondazione della democrazia italiana

download (72)Sebbene non organico ad alcun partito o forza politica, Piero Martinetti scelse e si schierò contro la dittatura fascista, ma già in precedenza, nel primo ventennio del 900, aveva preso di mira sia il collettivismo burocratico e repressivo comunista attuato in Russia  sia anche la democrazia italiana liberale di marca giolittiana. Se sono intuibili i motivi della sua avversione al comunismo sovietico, potrebbe invece stupire la sua critica, per certi aspetti non meno radicale, ai sistemi democratico-liberali d’inizio 900, ma in realtà essa ancora oggi non appare per niente insensata, giacché non poche ambiguità egli coglieva nel formalismo giuridico-politico dei sistemi liberali e nella stessa democrazia rappresentativa e parlamentare perché fondata sulla pura legge del numero e su princípi spesso illusori ed ipocriti di partecipazione politica, libertà ed eguaglianza.

Ma, si dirà, non era irrealistica questa posizione martinettiana in un mondo in cui la democrazia si sarebbe rivelato pur sempre come il minor male possibile, come un tipo di governo certo imperfetto ma pur sempre migliore di qualunque altro tipo di governo sperimentato e sperimentabile storicamente? Eppure, la critica di Martinetti era seria, responsabile e realistica perché essa mirava a dimostrare come anche in un regime democratico possono essere compiuti i peggiori misfatti contro la persona e l’umanità in genere001 (3)

Infatti, l’ideale democratico, per il quale comunque bisogna sempre lottare, è una cosa, ma la realtà, la prassi democratica è il più delle volte una cosa completamente diversa o opposta. A cosa si assiste, in effetti, nella democrazia reale se non ad una lotta deprimente tra “la volontà egoistica dei pochi”, scriveva il filosofo piemontese, e “l’egoismo bestiale dei molti” e ad una frequente mortificazione degli “spiriti migliori”, nonché al trionfo di un egualitarismo democratico di maniera nel quale si tenta di coprire o nascondere le violenze, le iniquità, gli abusi di sempre? Non è forse quello che vediamo accadere, da decenni ormai, nella nostra democrazia repubblicana e parlamentare?

Ma in realtà Martinetti non è in linea di principio uno spirito antidemocratico, perché il suo bersaglio non è la democrazia come idea e come valore quanto la democrazia come fatto, come effettualità politica strutturalmente segnata da persistenti anomalie, distorsioni, degenerazioni. Per cui, alla fine, la sua critica non si pone come negazione della democrazia ma piuttosto come contributo qualificato ad una rifondazione morale, culturale, spirituale, qualcuno dice anche religiosa, della democrazia stessa.download (73)

Bisogna anche dire che, per diversi critici, la sua concezione etico-religiosa della politica e della stessa democrazia avrebbe rappresentato solo una forma di misticismo, un’indebita fuga in avanti rispetto ad un impegno rigorosamente razionale e politico nel mondo e per il mondo, ma egli, prevedendo un’obiezione del genere, rispondeva con riferimenti storici e appropriati come per esempio quello per cui la coscienza dell’umanità doveva il suo risveglio, tra ottocento e novecento, non tanto alle chiese e alle istituzioni religiose quanto piuttosto alla coscienza socialista e alle lotte del movimento operaio internazionale. E questo specifico rilievo storico sentiva di fare, pur essendo consapevole che storicamente i diritti della ragione sono sempre minoritari.

Naturalmente, sulla ragione martinettiana, sulle sue interne articolazioni, sulle sue implicazioni etiche e politiche ci sarebbero molte cose da dire, ma è quello che qui non è possibile fare. Però era giusto ricordare questo profeta laico di un radicale rinnovamento democratico della storia del nostro Paese in un momento storico particolarmente critico per la democrazia nazionale e l’intera democrazia occidentale.

Un profeta laico, che non può essere tacciato né di solipsismo né di moderatismo, ma che al contrario è saldamente ancorato ad una ragione aperta, critica, non umorale e combattiva, che fa sí che il suo pensiero morale, la sua spiritualità e la sua stessa concezione politica non siano affatto chiusi alla vita e alla storia e alle concrete istanze in esse sempre risorgenti.

Martinetti non fu per nulla acquiescente o rinunciatario rispetto alle cose esistenti e non si limitò, come di solito fanno le “anime belle” di destra o di sinistra, a sputare sentenze sul mondo. Egli non appartenne mai a quell’ampia schiera di moralisti che, per usare una sua bella espressione, tendono a dimenticare troppo facilmente “che si scrive una morale per una società di uomini e non di angeli”. Siano i lettori a stabilire se un pensatore come Piero Martinetti potrebbe oggi essere utile ad una salutare e radicale rifondazione della nostra troppo vetusta democrazia. 

 

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