Gli intellettuali oggi

 Generalmente parlando, l’intellettuale laico moderno ha il suo prototipo nel settecentesco philosophe francese, che è un uomo di pensiero portato a confidare esclusivamente nella ragione e nel suo potere di render conto di ogni campo della realtà e del sapere per via rigorosamente logico-scientifica. images (8)Di qui anche la sua vocazione enciclopedica, ovvero la sua propensione a presentare la conoscenza umana in senso quanto più possibile unitario, circolare e dialettico, e secondo una metodologia di apertura critico-problematica in virtù della quale il sapere risulti costituito da accumulazioni successive di verità sempre suscettibili di essere integrate e dunque dotate di universalità sia pure nei limiti della loro costitutiva relatività epistemica.

Questo intellettuale non nasconde le sue ambizioni di affermazione sociale, magari attraverso la frequentazione di salotti “illuminati” e l’ambíto esercizio di qualche funzione direttiva o collaborativa in seno al variegato mondo della editoria o della stampa periodica, anche se poi rivendica con molta enfasi il suo ruolo di critico del potere costituito e ama presentarsi come uno spirito libero, antidogmatico e anticonvenzionale, nonché progressista e riformista, se non addirittura come rivoluzionario ma solo ove ci sia una rivoluzione già in corso e irreversibilmente in via di vittoriosa affermazione.

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In fin dei conti, questo intellettuale, per quanto apparentemente veemente in sede critica, è sostanzialmente un opportunista che sa fiutare il vento ed è capace di recitare a meraviglia la parte di quello che, nel denunciare vizi e malefatte di tutti o di molti, non ha paura di niente e di nessuno, pur badando bene a servire diligentemente il padrone o il protettore di turno e a non perdere mai di vista il proprio tornaconto.

Questo intellettuale è molto abile nel costruirsi la fama del Davide che lotta contro Golia anche se in realtà dispone di poteri che gli coprono le spalle o vede profilarsi nuove situazioni politico-sociali che comportino molto probabilmente il riconoscimento della validità delle sue idee.

Per questo stesso motivo, la sua attività critica, sebbene possa risultare parzialmente o momentaneamente veritiera ed efficace e radicale da un punto di vista etico-politico, appare piuttosto massimalistica e moralistica, astratta se non generica, manichea e populistica, sempre tendenzialmente avulsa dalle complesse e specifiche dinamiche storico-umane che sono alla base di determinati comportamenti negativi individuali e di gruppo e alla fine anche distorsiva e mistificante rispetto alla realtà o ai fatti rappresentati.

Ma tutto questo non significa sminuirne il peso culturale e civile quanto evidenziarne la natura culturalmente teoricistica, moralmente ambigua e politicamente regressiva o al più ininfluente. Sí, perché l’intellettuale moderno crea molto subbuglio intorno a sé, sulle diverse questioni che si trova a dover affrontare, essenzialmente per gratificare se stesso, non certo per andare incontro a oggettive e serie istanze di modernizzazione e di miglioramento delle condizioni di vita dei ceti e dei soggetti più deboli.images (10)

I nostri intellettuali laici, che, mutatis mutandis, hanno ereditato il patrimonio logico-metodologico dei philosophes illuministi ed enciclopedisti del ’700, continuano a battersi apparentemente per la libertà e la democrazia, per la legalità contro la corruzione, ma il principale e inconfessato scopo del loro impegno critico è, il più delle volte, il desiderio di accrescere la propria notorietà o visibilità mediatica e sociale alimentando a dismisura il proprio narcisismo, chiacchierando a ruota libera spesso con aria di pontefici massimi, sproloquiando su qualunque tema di discussione, ostentando una sicurezza  argomentativa e una profondità di analisi non di rado più presunte che reali, a prescindere dal fatto che l’area di consenso di cui godono nella pubblica opinione sia più o meno ampia.

Perciò, fondamentalmente, essi sono anche malati di presenzialismo, protagonismo, egotismo: i fatti sono importanti ma non più del punto di vista, spesso unilaterale o demagogico, da essi espresso sui fatti stessi, cosí come è importante la verità che essi ricercano ma non più dell’uso tendenzialmente strumentale che ne fanno per portare soggettivisticamente acqua al proprio mulino.images (11)

Abbiamo a che fare con una categoria di persone ovviamente non omogenea ma anzi alquanto differenziata per ciò che concerne idee, metodi, princípi e valori professati, anche in sede specificamente politica, ma accomunata o cementata dalla propensione psicologica a sentirsi ben al di sopra dell’uomo medio o comune e soprattutto ad autoconsiderarsi come una specie di casta sacerdotale che abbia il compito o piuttosto il privilegio di stabilire cosa sia vero e cosa sia falso, giusto e ingiusto, civile e incivile, emancipato o arretrato, bello o brutto. Conservatori o progressisti che siano, coloro che ne fanno parte, il più delle volte in base a criteri meramente accademici, editoriali o autoreferenziali, sono sempre naturalmente schierati a favore del popolo, sebbene poi, nella pratica quotidiana, essi si mostrino organici molto più a banalissime ambizioni personali di potere o di ricchezza che non alle legittime aspettative e ai bisogni oggettivi degli strati sociali più sofferenti.

A nient’altro tengono cosí appassionatamente come ad apparire e ad essere considerati “engagés”, cioè seriamente impegnati nella vita pubblica in qualità di severi e intransigenti custodi e promotori di una moralità non passiva e acquiescente ma responsabile e attiva di fronte ai molteplici abusi e autoritarismi del mondo. Il nostro tempo è pieno di intellettuali apparentemente impegnati e militanti, soprattutto in ambito giornalistico e saggistico, che fanno della laicità, images (12)ovvero dell’indipendenza di giudizio rispetto a poteri esterni all’autonomo esercizio del pensiero critico altrimenti denominato libero pensiero e rispetto a posizioni dogmatiche di qualsivoglia natura a cominciare da quella religiosa, il loro vero punto archimedeo, benché il loro reale contributo al progresso civile e culturale delle comunità nazionali di appartenenza e dello stesso genere umano sia spesso di gran lunga inferiore a quello che occorrerebbe dare.

Ovviamente, anche gli intellettuali cattolici del nostro tempo non possono non essere condizionati storicamente dall’esigenza laica di spiegare le cose della vita e della storia attraverso ragioni interne ad esse senza rinvii di ordine sovrannaturale, quantunque l’orizzonte generale entro cui tendono ad individuarne il senso più profondo sia pur sempre quello determinato dalla fede in Dio. In questo senso, l’intellettuale cattolico rispetto all’intellettuale laico ha un dovere in più: quello di andare dritto verso la verità, nel rispetto di tutte le opinioni ragionevoli ma badando innanzitutto a testimoniare e a partecipare socialmente la propria fede in Cristo.images (13)

Per dirla con Michel Foucault, un intellettuale dovrebbe rifiutare tutto ciò che ha la sembianza di una pretesa di verità, di ricatto, di un’alternativa semplicistica e autoritaria: proprio ciò che, a maggior ragione, sarebbe tenuto a fare e che non sempre fa l’intellettuale cattolico in virtù delle sue chiavi di lettura rigorosamente evangeliche e quindi necessariamente anticonformistiche e chiuse ad interpretazioni riduttive di qualunque genere.

Ma è pur vero che la distinzione decisiva o dirimente non è ancora quella tra intellettuali laici ed intellettuali cattolici quanto quella ben più radicale, per riprendere il concetto gramsciano, tra intellettuali intelligenti e quindi intellettuali in senso positivo (Croce, per esempio, ne faceva parte a pieno titolo pur essendo un irriducibile avversario di Gramsci e ne facevano parte anche i gesuiti, che il pensatore sardo considerava l’avanguardia intellettuale del cattolicesimo) e intellettuali non intelligenti e quindi intellettuali in senso deteriore, ovvero tutti quegli intellettuali che, laici o cattolici che siano, sanno mettere la propria intelligenza solo al servizio di interessi accademici completamente separati dalle gravose istanze della quotidianità o al servizio dei propri umori personali e delle proprie esigenze neurotiche di contrastare o distruggere a tutti i costi l’interlocutore o l’avversario di turno. Oggi, l’Italia è piena, purtroppo, di “intellettuali non intelligenti” su tutti i versanti politici e ideologici, ovvero di scazzonti che, pur passando per uomini grandi o influenti, sono incapaci non già di correttezza linguistica e argomentativa quanto di controllo e spirito critici reali oltre che di coerente vita morale.consigli-impertinenti-per-il-vero-intellettuale-da-salotto-238431

Anche nel mondo cattolico vale la suddetta distinzione gramsciana, nel senso che forse ci sono troppi intellettuali non intelligenti e troppo pochi intellettuali intelligenti. Come mai? Forse, in buona parte, anche a causa dell’intellettualità che è venuta sviluppandosi e continua ad essere proposta nelle scuole, negli istituti universitari e nei seminari cattolici, nei quali permane un eccesso di nozionismo, di schematismo, di semplicismo, di retorica religiosa e anche di saccenteria, per cui questioni semplici le si fa diventare complicatissime, questioni complesse vengono trattate in modo superficiale e riduttivo, mentre dietro tante dotte disquisizioni teologiche si fa sempre più flebile la percezione della fede, della fede dei “semplici”, dei “poveri” e dei “piccoli”, e la teologia rischia di contare più di Dio, l’insegnamento universitario cattolico più dell’insegnamento evangelico, lo statuto di intellettuale cattolico più dello statuto di intellettuale di Cristo.

Quello relativo al grado qualitativo della nostra intellettualità nazionale è un problema serio in rapporto alla tenuta del nostro sistema democratico, perché se la retorica prevale sulla logica, la demagogia sulla specifica verità storica delle dinamiche economiche e sociali, la protesta sulla proposta, il pessimismo acritico della ragione sull’ottimismo costruttivo della volontà e di una volontà possibilmente orientata in senso religioso e cristiano, allora la rappresentatività democratica tende a trasformarsi in rappresentatività di spinte sociali meramente emozionali, anarchiche ed irrazionali.images (14)

La seguente esortazione valga principalmente per quanti, da cattolici, esercitano un’attività intellettuale: dubitare sempre di se stessi, come intellettuali e come uomini, per mettersi nella condizione di contribuire umilmente ma realmente alla trasformazione del mondo e per farne qualcosa di più di un gigantesco inutile specchio in cui ci si limiti a contemplare la propria presunta grandezza speculativa. Nel nome e nel segno della democrazia ha diritto di parola e di azione soltanto chi si lasci accompagnare con ossessivo e proficuo rigore da questo dubbio.

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