Il perfido elogio di Lerner a papa Francesco

di Vittorio Glottis

Papa Francesco è un papa che, senza forse avvedersene, si presta ad essere molto facilmente strumentalizzato. Sembra che ognuno si senta autorizzato dalla sua bonomìa e dal suo sguardo ecumenico a tirarlo dalla sua parte, eccezion fatta per quel non trascurabile versante “tradizionalista” del mondo cattolico che lo giudica aprioristicamente troppo “progressista” e quindi troppo Lerneraperto alle voci e alle istanze della contemporaneità.In vero, fu sufficiente che Francesco dicesse “chi sono io per giudicare un omosessuale” che le lobbies omosessuali, estrapolando la frase dal contesto, ne approfittassero per fare di lui un prezioso alleato nella battaglia per i cosiddetti diritti delle coppie omosessuali; fu altrettanto semplice fare di lui un papa nemico dei “poteri forti” e addirittura “comunista” quando egli cominciò ad accentuare, sin dalle fasi iniziali del suo pontificato, la tematica della comunione, della condivisione, della partecipazione anche in senso economico e sociale e non più solo in senso liturgico e genericamente spirituale, pur non mancando egli di precisare che, in vero, la bandiera della povertà e della vicinanza ai poveri è una bandiera che il comunismo storico ha rubato al cristianesimo e non viceversa; furono sufficienti una serie di interventi molto severi nei confronti di talune condotte e abitudini non propriamente evangeliche di una parte non esigua del clero cattolico, perché un vasto e coeso fronte anticattolico e anticlericale si sentisse indotto a considerarli come espressioni di chissà quale volontà rivoluzionaria di trasformazione delle strutture ecclesiastiche.

E poi anche quel suo parlare spesso a braccio o improvvisando, quel contatto immediato con la folla, quel mettersi fisicamente accanto a barboni e a povera gente di strada, quel pranzare talvolta alla mensa dei poveri, come potevano non sollecitare l’apprezzamento quasi generalizzato di giornali, televisioni e massmedia in genere? Ora, un papa cosí comunicativo, cosí popolare, cosí amabile, cosí osannato in tutte le parti del mondo, cosí presente nell’immaginario collettivo di masse sterminate di persone, poteva non suscitare apprezzamento, ammirazione e interesse, presso le diplomazie e i capi di stato dell’intero pianeta? Tanto più considerando la sua propensione ad incoraggiare il dialogo interreligioso tra cristianesimo, ebraismo e islamismo? Come avrebbero potuto o come non potrebbero i leaders dello Stato d’Israele o dei vari stati islamici chiedere alla Santa Sede di incontrare al più presto questo pontefice capace di assicurare grande visibilità mediatica e rilevanza politica a chiunque sia ripreso in sua compagnia?

Papa Francesco è cosí paterno, aperto, schietto, perché cerca di interpretare in buona fede e al meglio il ruolo di un papa che si prefigga di ridurre quanto più possibile la distanza tra la Chiesa storica dell’oggi e la Chiesa evangelica delle origini, ma il suo sforzo, per quanto generoso ed encomiabile, non sempre produce i risultati sperati. Come nel caso della visita in Palestina e in Israele,  visita che avrebbe dovuto far progredire la pace in quella martoriata regione mediorientale e che invece sembra aver accelerato l’ennesima ingiusta e disumana aggressione israeliana ai danni del debole e inerme popolo palestinese, armato solo di qualche petardo bellico pressoché inoffensivo.

In questo caso specifico, è emersa non solo l’ingenuità ma anche una qualche insipienza biblico-evangelica di papa Francesco, insipienza confermatasi anche durante l’incontro romano di preghiera nella quiete quasi cinematografica dei Giardini Vaticani, dopo l’inizio dei bombardamenti, dei massacri e dei rastrellamenti israeliani, quando egli ha continuato ad invitare per la pace e non anche, almeno non esplicitamente, per la giustizia, che è in senso evangelico la condizione necessaria perché una pace sia giusta e quindi una pace sia vera e non finta. Perché questo è accaduto? Perché il papa non ha denunciato i reiterati crimini israeliani? Perché non ha difeso adeguatamente i palestinesi? Perché ha rinunciato ad assolvere la funzione profetica della Chiesa di Cristo?Rosa messa papa lancia messaggio pace gaza

Forse per non alterare i rapporti diplomatici e politici tra il Vaticano e lo Stato d’Israele? Forse per non indurre gli israeliani ad adottare misure, se possibile, ancora più barbare verso i palestinesi? Forse perché davvero convinto che Israele non possa fare altro che difendersi contro il cosiddetto “terrorismo” di Hamas? Sicuramente, il papa, di cui parlo qui con spirito fraternamente critico, avrà avuto le sue ragioni, e lui, come ognuno di noi, renderà conto a Dio del suo operato. Ma questo non esime il cristiano dal porsi e porre interrogativi sul  modo migliore e più efficace per la Chiesa di stare dalla parte degli oppressi e degli indifesi, sul modo evangelicamente più coerente e proficuo di manifestare la nostra vicinanza, oltre le parole e gli aiuti umanitari che siamo sempre pronti ad inviare a cose fatte ovvero a tragedie compiute, ai perseguitati del mondo: perché i palestinesi sono inequivocabilmente dei perseguitati a vita.

Il vangelo ci parla senza mezzi termini di Erode come di un criminale e di un infanticida, di tanti dottori della legge e di tanti sommi sacerdoti ebrei come di una massa di ipocriti e come di una razza di vipere, di coloro che ammassano potere e ricchezza sfruttando e perseguitando il prossimo come di gente ignara del terribile destino che li aspetta, di coloro che fanno commercio di cose divine come di persone meritevoli persino delle percosse fisiche di Cristo, e noi oggi perché non riusciamo a dire compiutamente la verità sull’atroce tirannia esercitata da decenni sul popolo palestinese da parte dello Stato d’Israele?

Ci riescono persino alcuni ebrei onesti e coraggiosi, perché i cristiani invece ritengono di dover essere reticenti? Perché i cattolici non sempre sono capaci di chiamare le cose con il loro nome? Perché papa Francesco ha chiesto ripetutamente l’intervento armato dell’ONU e degli Stati occidentali in difesa dei molti cristiani perseguitati in Iraq o in Siria, sia pure al fine di “fermare” gli “aggressori ingiusti”, per usare le sue parole un po’ contraddittorie (perché non si capisce come si possano fermare degli infami e violenti aggressori se non usando verso di loro tutta la violenza necessaria a fermarli), mentre ha riservato ai perseguitati della Palestina sincere e commosse parole di solidarietà ma totalmente disgiunte da parole altrettanto sincere e commosse di sdegno e di condanna verso il potente e sanguinario Stato d’Israele? Si inganna profondamente il giornalista ebreo Gad Lerner quando, per portare acqua al mulino dei guerrafondai israeliani, scrive sul suo sito: «E’ un papa che si distacca nettamente dalla nozione eurocentrica e occidentalista perseguita dai predecessori. E’ un papa che quando guarda alle guerre regionali in corso (anzi, alla “terza guerra mondiale a capitoli”) evita accuratamente di presentarsi solo come il difensore delle popolazioni cristiane. E’ il papa che mette al primo posto il dialogo interreligioso, come dimostra anche l’annuncio di un prossimo viaggio in Albania con lo scopo di benedire l’unità governativa lì raggiunta da musulmani, ortodossi e cristiani.
Tutto ciò spiazza chi ancor oggi ha cercato di incasellarlo come favorevole a un intervento militare occidentale per combattere l’espansione dell’Isis: Francesco chiede che gli interventi armati, di natura esclusivamente difensiva, vengano concordati nella sede sovranazionale dell’Onu. Ma soprattutto rifiuta lo schema che lo vorrebbe ridurre a portavoce degli interessi geopolitici dei cristiani» (Suscita equivoci e confusione papa Francesco che non difende solo i cristiani19 agosto 2014).

proteste-isis-iraq-300x225Qui occorre precisare che il papa è innanzitutto il pastore del suo gregge, ovvero quello dei battezzati in Cristo, cui devono essere dirette le sue principali cure, indipendentemente dal fatto che vivano in occidente o in oriente, anche se questo ovviamente non lo esime dal prendersi cura di tutti gli esseri umani, soprattutto quando vi sia in gioco la loro stessa incolumità fisica e la loro dignità di persone. Proprio per questo gli “interventi armati di natura difensiva”, che tuttavia implicano necessariamente anche una carica di notevole violenza, costituiscono, nella visione cristiana e cattolica, una assoluta priorità e un vero e proprio dovere morale tutte le volte che, per opera dei vertici politici e militari israeliani o dei fanatici capi dell’Isis o di qualunque altro “aggressore ingiusto”, ad essere minacciata di morte sia questa o quella comunità etnica o religiosa. Il dialogo interreligioso non c’entra niente e, sul piano della fede, un cristiano non è affatto obbligato a sostenerlo, anche perché religioni diverse non possono dialogare mentre è auspicabile che a dialogare sempre siano gli individui a prescindere dalle loro credenze religiose.

In vero, nell’elogiare papa Francesco in quanto egli non difenderebbe solo i cristiani, e ciò creerebbe sconcerto proprio tra i cattolici, ma tutte le comunità nazionali cui l’ONU riconosca il diritto alla difesa armata, il perfido Lerner intende implicitamente giustificare o legittimare il militarismo israeliano e una politica espansionista sionista camuffata da politica di difesa armata contro il  terrorismo palestinese.

La Chiesa cattolica, che ha difeso i cristiani dall’Isis ma non abbastanza i palestinesi dall’altrettanto malvagio Israele, vuole continuare a favorire mistificazioni cosí oscene? Che si sbrighi piuttosto, in ossequio ai precetti evangelici di giustizia e di pace, a dirlo con voce chiara e forte: la comunità internazionale deve impedire ad Israele di perpetuare l’olocausto del popolo palestinese; deve impedirglielo con le buone o con le cattive, anche se pur sempre con l’aiuto di Dio, a meno che la comunità internazionale non sia già totalmente alle dipendenze di Satana. La carità che ci insegna Gesù non è né conformista, né bigotta, e deve poter essere esercitata nelle forme e nei modi in cui ogni volta è necessario esercitarla ad esclusivo vantaggio delle persone più deboli ed indifese. Non sia mai che un cattolico abbia a compiacersi per il perfido elogio di Lerner a papa Francesco!

Vittorio Glottis

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