Philip Laroma Jezzi, chi è (e cosa pensa) il ricercatore che ha denunciato i prof. di Diritto tributario

di Lorenzo Bernardi 

(pubblicato in “Formiche” del 28 settembre 2017)

Lo scandalo dei baroni, come è stato ribattezzato dai giornali, è partito da lui: Philip Laroma Jezzi, ricercatore di Diritto tributario all’Università di Firenze. È lui ad aver fornito alla Procura di Firenze gli elementi che hanno dato il la all’inchiesta che nei giorni scorsi ha portato a sette arresti e 22 interdizioni all’insegnamento per altrettanti professori in tutta Italia. Per gli inquirenti, è stato scoperchiato un sistema corruttivo per la spartizione di posti e cattedre in vari atenei, con concorsi truccati e scambio di favori. “Con che criterio sei stato escluso dal concorso? Col vile criterio del commercio dei posti”, diceva l’ex docente di diritto tributario Pasquale Russo a Laroma Jezzi, ignaro che lui lo stesse registrando.

CHI E’ PHILIP LAROMA JEZZI

Philip Laroma Jezzi è un ricercatore e professore aggregato di Diritto tributario del Dipartimento di scienze giuridiche dell’Università di Firenze. È italo-inglese, è nato nel 1970 a Woking, nel Surrey, da padre italiano e madre inglese. Ha studiato sia in Italia sia nel Regno Unito, e nel curriculum pubblicato sul sito dell’ateneo fiorentino si legge che nel 2009 ha conseguito un master universitario in Tax all’Institute of Advanced Legal Studies (IALS) di Londra. Ha svariate pubblicazioni, concentrate prevalentemente in due campi: la soggettività tributaria degli enti e delle organizzazioni di beni e il diritto tributario europeo e internazionale. Laroma, a Firenze, lavora nello studio di via Maggio aperto con alcuni colleghi. Riporta il Corriere della Sera che nello studio Laroma Jezzi hanno iniziato il praticantato la ministra Maria Elena Boschi e il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi.

DALLA PARTE DEI CORRENTISTI ROVINATI DI BANCA ETRURIA

Il nome del suo studio spicca anche nel sito vittimedelsalvabanche.it. Il “salvabanche” è il decreto che nel 2015 ha evitato il crack di Banca Etruria, Carife e Banca Marche. Nel sito si forniscono consigli e moduli ai risparmiatori che intendono chiedere il rimborso al Fondo interbancario di tutela dei depositi. E si legge: “Lo studio legale Laroma Jezzi&Partners di Firenze suggerisce a tutti i risparmiatori che stanno facendo richiesta di rimborso forfettario dell’80% al Fidf, di allegare ai documenti anche la Nota di Riserva come ulteriore forma di tutela, per potere esercitare il diritto in sede legale di recuperare il restante 20%”.

“FACCIO L’INGLESE IN ITALIA”

Nel suo profilo Linkedin Laroma Jezzi cita Albert Einstein (“Rendi tutto più semplice possibile, ma non più di così”) e si definisce “giurista e giardiniere”.
È considerato un tipo schivo, riservato ma allergico alle ingiustizie. Abbandonando i profili istituzionali, della sua personalità filtra proprio questo aspetto. Nel 2016, era abbonato al Fatto Quotidiano e aveva scritto una email alla redazione. Un’email che oggi il quotidiano diretto da Marco Travaglio pubblica in prima pagina. Qui Laroma, riprendendo un editoriale del direttore, scriveva: “La mafia legale (io conosco bene quella universitaria) è ovunque (…). Nel mio piccolo, a fronte della richiesta del direttore dell’Agenzia delle entrate di Firenze di soldi per avere una corsia preferenziale, in sequenza: ho detto di no; ho fatto un esposto in Procura; sono stato nominato ausiliario di giustizia dal Pm collaborando con la Guardia di Finanza (ho incontrato persone eccezionali lì dentro!) a raccogliere prove schiaccianti del “sistema” gestito dal dirigente che è quindi stato arrestato”. E ancora “Guardi, io sono nato nel Regno Unito e metà della famiglia è di là. Ho studiato (bene e tanto) sia in Italia che a Londra e quel mondo mi manca tanto. Ma piuttosto che fare “l’italiano in Inghilterra” ho preferito fare “l’inglese in Italia”. Il ribaltamento, quest’ultimo, della frase che Pasquale Russo, registrato, gli aveva rivolto durante il colloquio sul concorso in cui Laroma era stato “silurato”, e che ora è finita su tutti i giornali: “Smetti di fare l’inglese e fai l’italiano”. Il ricercatore aveva presentato la sua candidatura per ottenere l’abilitazione a diventare professore associato, era stato bocciato, ingiustamente a suo dire. Russo gli consigliava di attendere la prossima occasione e di rinunciare al ricorso, per non giocarsi la carriera. Ma Laroma il ricorso lo fece e lo vinse, ottenendo l’abilitazione.

Scorrendo i “mi piace” della sua pagina Facebook, si scopre un’ammirazione per Milena Gabanelli. L’ultimo post pubblicato è una petizione per nominarla direttore generale della Rai. “La BBC la terrebbe a tutti i costi” scrive Laroma. Fra i suoi “mi piace” spuntano anche Report, il Guardian, Il Fatto Quotidiano con i suoi giornalisti Marco Travaglio e Andrea Scanzi, Medici Senza Frontiere, i Radicali Marco Cappato e Emma Bonino e il Movimento 5 Stelle. Dopo lo scandalo, ora Laroma ha confermato il suo profilo schivo. Intercettato ieri dal Corriere della Sera mentre andava a prendere i figli a scuola, ha dribblato le domande, spiegando di aver già spiegato tutto agli inquirenti “che ancora stanno lavorando”.In ogni caso per la rete è diventato un eroe: la sua pagina Facebook è presa d’assalto da molti che, nei commenti all’ultimo post pubblicato (che non c’entra nulla con lo scandalo università), si complimentano con il ricercatore.

LO SCANDALO DEI BARONI

La denuncia di Philip Laroma Jezzi è stata dunque il primo tassello di un’inchiesta che è proseguita per anni e di cui gli arresti di questi giorni sono soltanto l’ultimo atto. Ai domiciliari sono finiti in sette: Guglielmo Fransoni, professore dell’Università di Foggia, Alessandro Giovannini, docente a Siena, Giuseppe Maria Cipolla, professore a Cassino, Fabrizio Amatucci, docente in due università di Napoli, Alberto Di Pietro, professore all’Alma Mater di Bologna, Valentino Ficari, docente a Sassari e Giuseppe Zizzo, docente a Castellanza, vicino a Varese. Altri 22 professori sono stati sospesi, con ipotesi di reato varie. Fra gli indagati, anche l’ex ministro del governo Prodi Augusto Fantozzi.

Lorenzo Bernardi

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