Renzi e il dissenso di un quotidiano cattolico on line

I cattolici di tutto il mondo dispongono da qualche tempo di un loro quotidiano on line internazionale, ottimamente diretto da un sacerdote e molto efficace nelle notizie e nei servizi che fornisce. Questo quotidiano si chiama In terris ed è veramente ammirevole il suo sforzo di testimoniare la propria fede sul piano giornalistico e culturale in modo sobrio, equilibrato, puntuale. E proprio per questo, quando talvolta sulle sue colonne compaiono articoli in cui fa capolino il pregiudizio, almeno personalmente non posso non rimanere perplesso e deluso.

Alludo in questo caso ad un articolo del 18 ottobre 2014, firmato da Pier Giorgi e dedicato al premier Matteo Renzi. Premesso che ognuno ha naturalmente il diritto di dire quel che vuole, mi chiedo se sia veritiero già il titolo di questo articolo: Il Presidente senza consiglio, con una chiara allusione al fatto che Renzi sarebbe privo di saggezza e di capacità di governo e che questo non potrebbe che danneggiare il nostro Paese.

Come viene articolato e giustificato questo giudizio? Con il fatto che tra il dire e il fare di Renzi ci sarebbe di mezzo il mare e un mare che egli non starebbe affatto pensando di attraversare realmente, benché egli parli sempre di cambiamento e di cambiamento da fare, se necessario, contro tutto e tutti. La verità, secondo Pier Giorgi, è che Renzi sarebbe ben lontano dal praticare la politica come nobile arte della mediazione e del compromesso, finendo cosí per farsi troppi nemici che, veri o pretestuosi che siano, potranno anche esaltarne le doti di condottiero intrepido ma che alla lunga non potranno non determinare ripercussioni negative sulle già critiche condizioni economiche e sociali del popolo italiano.

Infatti, si legge, «a forza di “io so’ io e voi non siete un c…” si è messo contro i costituzionalisti, il Parlamento, quelli col posto fisso, le forze dell’ordine, l’Economist, la Rai, le autorità europee (ma solo a parole), il Forum di Cernobbio, il meeting di Comunione e Liberazione, i magistrati, la CEI, i sindacati, la minoranza Pd, l’ex amico Della Valle, più gufi e rosiconi vari. E adesso, con i tagli della finanziaria, si ritrova contro anche le regioni, obbligate ad alzare le tasse o a chiudere gli ospedali». Non so se sia proprio corretto attribuire a Renzi le parole del marchese del Grillo, anche se quelle parole sono molto più spesso nella mente e nell’animo di persone assolutamente mediocri che non nella terminologia e nel cuore di persone realmente competenti che provano a risolvere i problemi della gente senza troppo preoccuparsi di polemiche o contumelie che muovano da presupposti faziosi o non sufficientemente obiettivi.

Quanto al fatto che si sia messo contro determinati organi dello Stato sempre più corporativi e affetti da autosufficienza cronica, contro associazioni cattoliche ambigue, contro sindacalisti amanti di stereotipi anacronistici che peraltro non hanno mai impedito né oggi impedirebbero al padronato imprenditoriale di pensare al capitale ben più che al lavoro, contro convegni di esperti e imprenditori ben noti per il loro scarso senso sociale, contro vecchi amici che con Renzi speravano di riempirsi le tasche di denaro e di onori e che sono rimasti delusi, contro enti locali come province e regioni che da quando furono istituite hanno sempre costituito una realtà il più delle volte parassitaria e un enorme spreco di denaro per un’economia nazionale sempre piuttosto precaria e dei quali enti sarebbe auspicabile una graduale soppressione dalla quale potrebbero liberarsi ingenti somme di denaro da mettere a disposizione della sanità ospedaliera e anche funzionali ad una riduzione delle tasse per i cittadini, contro l’Europa dei banchieri e dei burocrati rispetto a cui per lungo tempo i vari Monti Letta e in parte lo stesso Berlusconi sono rimasti proni e che solo adesso con Renzi è costretta ad essere più prudente e misurata nelle sue esternazioni e nelle sue valutazioni, contro la stessa CEI che per circa un ventennio e tranne voci del tutto isolate non ha avuto nulla o quasi nulla da eccepire verso un governo corrotto come quello presieduto dall’ex cavaliere di Arcore mentre adesso di un leader forse spiritoso ma comunque composto e operoso che non a caso gode di una stabile o crescente popolarità non sa dire altro che male, ecco: quanto al fatto che Renzi abbia osato, spesso a giusta ragione, prendere posizione contro tutti questi potentati autoreferenziali e non di rado ciechi e inefficienti, ci si dovrebbe semmai rallegrare e si dovrebbe esser pronti, nonostante le sue esternazioni tanto ironiche quanto autodifensive, a dargli fiducia e ad incoraggiarne l’azione politica, pur non risparmiandogli critiche su temi controversi quali possono essere quelli relativi al mondo del lavoro o alla bioetica e ai tanto abusati diritti civili.

Non è che Renzi disprezzi la mediazione o il compromesso ma semplicemente cerca di arrivare all’una e all’altro su livelli alti e non bassi, per collocare le trattative in un ambito di vera innovazione e non di consueta e sterile conservazione. Anche il rapporto con Berlusconi e Verdini, che a molti sembra demoniaca, riveste in realtà un preciso valore tattico che nel medio e lungo periodo potrebbe rivelarsi di fondamentale importanza per la strategia renziana di radicale mutamento di tutti i principali comparti della vita nazionale oltre che di conservazione e potenziamento del potere politico.

Si legge nell’articolo su citato che «il Parlamento è mortificato nel ruolo di passacarte: deve votare senza fiatare», ma sarebbe forse meglio se questo Parlamento costituito in gran parte da gente corrotta, opportunista o incolta, da arrivisti di qualunque estrazione sociale e culturale, fosse libero di blaterare come e quando gli pare e di bloccare o rallentare a proprio piacimento ogni decisione governativa solo per consentire ad ogni gruppo politico (a cominciare dalla cosiddetta minoranza comunista PD che nel passato quindicennio ha brillato solo per immobilismo ed evidente insipienza politica ed economica) di perseguire interessi di bottega?

Si legge che il giornalista De Bortoli ha parlato di “stantio odore di massoneria” dietro il patto occulto tra Renzi & friends, ma, se si vuole stare ai fatti, Renzi ha negato di essere massone (e, come cattolico, mi auguro proprio che sia vero) pur rivendicando il diritto politico di trattare con i maggiori esponenti delle forze parlamentari ivi compreso un massone come Verdini.

E, per concludere, una massima che vorrebbe essere salomonica e che invece poggia su un presupposto del tutto opinabile:  «a Renzi, e al Paese, non servono altri nemici: servono i fatti. Anche perché il primo politico a dire “tanti nemici, tanto onore” fu l’imperatore romano Giulio Cesare. L’ultimo, una sua bruttissima controfigura, Benito Mussolini. E fecero entrambi una brutta fine, traditi proprio da amici e parenti».

Il presupposto molto opinabile è che Renzi faccia solo parole e niente fatti, innanzitutto perché quelli che facevano fatti e poche parole, come Brunetta, Monti e Letta, hanno provocato solo disastri e inducevano il popolo italiano ad una cupa rassegnazione o ad una tacita disperazione, mentre ora si respira un’aria ben diversa pur in presenza di una crisi ancora incombente e di misure governative che certamente necessitano talvolta di essere corrette o integrate, e poi perché è sin troppo chiaro che Renzi, più che a crearsi dei nemici che possano procurargli “molto onore”, pensa a come mantenere o incrementare il consenso popolare che ha già raggiunto in occasione delle ultime elezioni europee.

Quanto al paragone infine con Cesare o Mussolini, esso è manifestamente improprio, anche se uno come Renzi, indubbiamente molto esposto per dinamismo innovativo ed audacia politica, non può non sapere che la sua storia potrebbe finire molto male.

Mi spiace, ma come cattolico dissento da quei fratelli cattolici che criticano ferocemente Renzi più per antipatia verso il personaggio e per ragioni umorali che non per ragioni logiche e per obiettività di giudizio, fermo restando che un giorno egli potrebbe ben meritare di essere criticato per provvedimenti palesemente contrari agli interessi della nazione o ad una decorosa etica pubblica.

Lascia un commento