Ma che significa: “mai la guerra”? Ho sempre pensato che sia un’insulsa espressione retorica. La guerra, in un modo o nell’altro, c’è sempre nel mondo e nella vita, e il problema è proprio quello di capire in che modo bisogna essere seguaci di Cristo in presenza della guerra, in rapporto ad essa, a causa di essa. In nome di Dio, cerchiamo di dire cose più sensate!
Come membro della Chiesa cattolica, ho sempre esercitato in essa un ruolo fraternamente e francamente critico, non ovviamente a prescindere da specifiche vicende o eventi di questo tempo che la riguardano ma in stretta connessione con una necessaria riflessione imposta da quelli che, ormai da troppo tempo, sembrano essere i frequenti usi distorti o epidermici della Parola di Dio. I singoli fedeli hanno non solo il diritto ma anche il dovere, come prescrive lo stesso canone 212, art. 3 del Codice di diritto canonico, «in modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono … di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità della persona». Dante Alighieri mise in pratica tale principio deontologico nella prima metà del ‘300 nei confronti dei cardinali di quel tempo cui avrebbe scritto una lettera accorata in un contesto storico-religioso di certo molto diverso da quello attuale ma, per certi aspetti, non meno preoccupante di quello attuale. Continua a leggere