Questo non è un libro di mariologia se non nel senso ristretto che vi ricorrono indubbiamente, in forma diretta o indiretta, nozioni, posizioni, suggerimenti e suggestioni di natura mariologica, ma essenzialmente un libro di testimonianza e devozione spirituale e religiosa in onore di colei che ha cooperato con Dio, nel nome e per volontà di Dio, alla salvezza dell’umanità. E’ un libro privo di un esplicito apparato bibliografico e contenente solo sporadiche citazioni, seppur dotato di una rigorosa, anche se forse non sempre “canonica” impostazione critico-teologica, che racconta un modo personale di vivere, di percepire e sentire la figura di Maria di Nazaret sia pure nel quadro della oggettiva narrazione storico-evangelica e della elaborazione teologica che se ne è venuta facendo in due millenni di civiltà cristiana. La percezione che di essa si delinea e si propone nelle pagine che seguiranno è quella per cui Maria, da una parte, resta realmente una donna “irraggiungibile”, con buona pace di coloro che la vorrebbero invece imitabile al pari delle altre donne, in quanto donna speciale e non ordinaria, antropologicamente normale ma capace di esplicare le sue funzioni psico-fisiche, la sua attività intellettuale e morale, la sua vocazione spirituale e religiosa, in modi ottimali e compiuti di contro alle forme generalmente difettose, incomplete, carenti, contraddittorie della fenomenologia antropologica di uomini e donne comuni; ma dall’altra ella esprime l’anima passionale più nobile e generosa dell’umanità, in quanto donna votata a servire la causa di Dio con la stessa spontaneità, con la stessa partecipazione interiore, con la stessa energia esistenziale, con cui un essere umano profondamente motivato può disporsi a servire qualunque causa ideale egli ritenga degna di essere abbracciata e propugnata. Continua a leggere
Pensiero della settimana
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Gli uomini vanno sempre in cerca di certezze, di cose o beni solidi, duraturi, tranquillizzanti: un tempio maestoso, come una bella casa, una macchina potente, una carriera sicura o un cospicuo conto in banca, sono cose degne di essere ammirate, vengono percepite come fattori rassicuranti di vita e inducono a credere che da essi dipenda tutta la nostra esistenza. Ma, avverte Gesù, «verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta» (Lc 21, 5-6). Verranno giorni, verrà un tempo: l’avvertimento di Gesù è di carattere escatologico, riguarda cioè gli “ultimi tempi” oppure un tempo indefinito, un tempo imprecisato che potrebbe coincidere anche e persino con il nostro presente? Quando parla di quel che può accadere nella vita e nella storia del mondo, Gesù intende riferirsi contemporaneamente sia alle possibilità imprevedibili e sempre incombenti sul nostro presente, sul qui ed ora, sia a quel che potrà accadere e accadrà in un futuro non necessariamente prossimo ma remoto, a quel futuro che si presume lontano ma che in realtà potrebbe essere assai imminente e che viene identificato con la fine del mondo. Ecco: verranno giorni, spiega profeticamente Gesù, in cui il tempio architettonicamente più imponente, l’edificio o l’appartamento più solido, la posizione sociale ed economica apparentemente più inattaccabile, la fama o la celebrità stabilmente acquisite, si riveleranno come realtà molto più precarie di quanto potesse sembrare. Tutto ciò che sembrava granitico e indistruttibile, un ottimo stato di salute, un immenso patrimonio, una immensa notorietà, possono di colpo svanire e gettare nello sgomento e nella disperazione quanti erano soliti pensare che il loro benessere, la loro quiete, la loro felicità, non potessero mai finire. Continua a leggere
La Resistenza ucraina nel pensiero di Volodymyr Yermolenko
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Pensiero della settimana
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Quando gli apostoli chiedono a Gesù di accrescere la loro fede è come se essi cercassero di rimuovere la loro negligenza e di spiegare la loro difficoltà a comprendere certi ragionamenti e determinati atti del Cristo con i loro limiti naturali di esseri umani e con il fatto che il divino Maestro non li abbia ancora dotati di capacità superiori a quelle generalmente esercitate dagli uomini. Specialmente di fronte all’imperversare del male nel mondo e all’apparente e persistente silenzio di Dio, essi stentano a credere nelle promesse escatologiche di Cristo. Più che aprirsi alla visione di ciò che non si vede ancora ma che arriverà, essi si lasciano attanagliare dai dubbi, dalle momentanee evidenze negative di una ragione debole, statica, incapace di vedere nei fatti pure sconfortanti della vita inespresse e alternative possibilità di bene e giustizia, di una ragione in sostanza priva di fede. Per questo dicono piuttosto ipocritamente al Signore: “Accresci in noi la fede”, ma il Signore risponde con severità che, in realtà, essi non hanno ancora fede e che non si può accrescere o aumentare qualcosa che non ci sia. Infatti, sono le sue parole, «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe» (Lc 17, 6). Ma la fede, per Gesù, non è altro dalla fede, non è un sentire che soppianti o sostituisca la ragione, bensì una dimensione possibile e necessaria della stessa ragione, un modo di essere o un’articolazione costitutiva della ragione stessa. Per il Figlio di Dio non può esistere il rischio che la fede sia nemica della ragione o che la ragione sia nemica della fede, perché entrambe sono facce di una medesima funzione spirituale, perché la ragione è un dono preziosissimo che Dio ha elargito alle sue creature per consentire loro di discernere tra vero e falso e tra bene e male, per esercitare consapevolmente e responsabilmente la loro stessa libertà personale. Continua a leggere
AUDIO Considerazioni estemporanee sulla guerra in Ucraina
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La politica nazionale e la guerra
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Sarò giudicato presuntuoso naturalmente, ma, come studioso cattolico, penso di aver dedicato al pensiero marxiano e a parte consistente del marxismo italiano della prima metà del ‘900, e in parte anche della seconda metà di questo secolo, grande attenzione critica e morale e una serie di studi efficacemente volti ad enucleare alcuni dei nuclei tematici fondanti della riflessione teorica ed etico-politica della sinistra italiana novecentesca. Pertanto, se oggi affermo che, almeno in questo momento storico, una sinistra minimamente degna di quella tradizione e di quella storia di fede ideale e lotta politica, non solo non esiste ma sembra sussistere nominalmente solo quale deturpazione programmatica di un intero patrimonio storico-teorico di idee e valori centrali nel quadro del processo di ricostruzione postfascista dello Stato nazionale, si può sperare che tale posizione non solo sia ritenuta legittima ma anche e soprattutto attendibile. Una sinistra che ha finito per affidarsi a certa Elly Schlein, cui fa difetto persino un linguaggio appropriato e sufficientemente comunicativo, e che si è ridotta a fare la ruota di scorta di formazioni politiche parassitarie e prive di reale e stabile rappresentanza popolare sul piano etico-politico, non può che costituire un intralcio e un danno molto seri allo svolgimento della vita democratica del nostro paese. Continua a leggere
Pensiero della settimana
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Gesù chiama “figli di questo mondo” le persone interessate esclusivamente ai beni e ai vantaggi materiali e temporali del mondo. Pur di perseguire il loro utile, di accrescere il loro profitto, di perseguire le proprie sicurezza e prosperità personali, sono pronti a fare qualunque cosa, a ricorrere a qualsiasi trucco o raggiro, pur di ottenere quel di cui necessitano e di poter disporre di mezzi economici e di buone relazioni interpersonali sufficienti a garantire loro una condizione di vita comoda e tranquilla anche nei momenti di grave difficoltà o di improvvisa sventura. Queste persone non si scoraggiano mai, non cedono alla tentazione di mollare tutto quando, per errori o torti da esse commessi, rischiano realmente di essere travolti. Sono persone reattive, che continuano a lottare, con tenacia, con furbizia, magari anche con mezzi illeciti, pur di perseguire i loro obiettivi e di non rinunciare ai loro interessi. Possono anche cadere in disgrazia, ma non subiscono passivamente la sconfitta, la punizione, il disonore: si danno da fare per riemergere, per riabilitarsi o, almeno, per riguadagnare la propria dignità. Anche se si danno da fare solo per il loro tornaconto e non certo per ragioni morali, per nobiltà d’animo, per volontà di riscatto morale, in un certo senso sono degni di ammirazione, per il semplice fatto che non si danno per vinti neppure nelle più sofferte o cocenti esperienze di vita. E, inoltre, pur se in funzione di fini personali, possono anche rendersi utili agli altri, procurarsi delle amicizie, e persino legami affettivi e di stima molto solidi. Sebbene in modo disonesto, in sostanza, possono essere capaci di fare del bene. Restano, tuttavia, “figli di questo mondo”, incapaci di lottare ed essere resilienti in una prospettiva diversa da quella puramente terrena di una vita senza valori, senza scopi etici e spirituali, senza senso perché completamente immanente e priva di qualsiasi orizzonte di trascendenza e di qualsiasi speranza di vita ultramondana. Continua a leggere
Pensiero della settimana
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Dio dette a Mosè il potere di guarire le tribù di Israele e, in senso traslato, le nazioni, che erano state morse da serpenti velenosi per i peccati da esse commessi contro Dio, se avessero guardato in alto verso il serpente di bronzo, simbolo del loro peccato e della loro punizione e, al tempo stesso, della loro guarigione prodotta dal loro pentimento, simbolo ma non fonte o causa della loro guarigione. Allo stesso modo, chiunque avesse guardato verso l’immagine del Cristo appeso ad una croce, riconoscendo il valore salvifico del suo sacrificio, sarebbe stato salvato da morte eterna. In entrambi i casi, il potere di salvare dalla morte è quello di Dio. Solo il credere nell’amore infinito di Dio e il ravvedimento interiore per le colpe acquisite nel corso della vita terrena può procurare agli esseri umani la risurrezione da morte e la vita eterna. Pensare che Dio possa giungere ad offrire in espiazione del peccato del mondo il proprio Figlio, ovvero persino una parte così intima e costitutiva della sua stessa identita’ ontologica, pur di salvare la sua creazione e, in particolare, le sue creature, è qualcosa di sconvolgente e inaudito, se si pensa che un essere umano sarebbe capace di immolarsi al massimo per una persona o una comunità particolarmente cara o per una causa umana, sociale, politica o religiosa di elevato valore morale e civile, sia in tempo di pace che in tempo di guerra. Continua a leggere
Maria, la Madre partigiana
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Quando si viene trattando di un personaggio della santa storia cristiana come Maria di Nazaret, uno dei rischi che si vengono correndo è di far prevalere lo slancio lirico sull’approccio realistico, ma, in realtà, anche il più realistico degli approcci interpretativi non può evitare di rappresentare Maria come donna grandissima non già al di là delle normali e faticose vicende della quotidianità ma proprio in mezzo ad esse e alla luce di esse. Diceva bene don Tonino Bello, nel suo libro Maria donna dei nostri giorni, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1993, 2001, quando descriveva Maria quale donna feriale e donna senza retorica, quale donna feriale in quanto molto più importante nella sua casa di Nazareth, tutta affaccendata in lavori domestici ripetitivi e logoranti, e capace di piangere e gioire, di rendersi utile a familiari e conoscenti e pregare, di subire i contraccolpi di situazioni dolorose senza tuttavia mai drammatizzare e mostrandosi sempre propositiva, che non come oggetto di trattazione biblico-patristica, di venerazione dogmatica e liturgica, di ammirazione artistica. Maria deve essere celebrata come una grande donna del popolo di Dio prima e oltre che come personaggio-chiave della storia eterna di Dio, come una donna che mai avrebbe amato la retorica, neppure di fronte al suo Dio. Dio le avrebbe affidato il compito enorme di dare inizio alla storia della salvezza e, per tutta la sua vita terrena, non avrebbe fatto altro che magnificarne l’onnipotenza, e quindi anche la misericordia e la giustizia infinite, senza darsi arie da prima donna ma pregando costantemente a favore dei semplici, degli umili, degli oppressi e dei perseguitati, e condividendo con persone comuni, nella gioia o nel dolore, i suoi stati d’animo e la sua umanità, per cui, se è certamente vero che grandi cose avrebbe fatto in lei l’Onnipotente, altrettanto vero è che ella, presumibilmente non solo da un punto di vista umano ma anche nell’ottica divina, ne sarebbe stata degna anche facendole valere al meglio nei suoi rapporti con gli altri. Continua a leggere
Pensiero della settimana
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Gesù, quando si tratta di indicare le diverse situazioni di vita che, a seconda di come vengano affrontate, possono immettere nella via della salvezza o allontanare pericolosamente da essa, è molto esigente, anzi radicale: d’altra parte, sarebbe difficile pensare che il Dio della vita, della morte e della risurrezione per una vita eterna, possa essere tollerante secondo le modalità generalmente banali in cui la tolleranza viene concepita ed esercitata dagli esseri umani. Gesù dice chiaramente o allusivamente di non poter essere amato né come fenomeno da baraccone, né come taumaturgo, né come liberatore da disgrazie e mali terreni, né come conduttore di popoli, né come Dio da potersi adorare solo con le buone intenzioni e con parole insincere o ambigue. Chi ama Cristo, lo deve mettere al primo posto, non solo con dichiarazioni di principio ma con scelte o atti impegnativi e spesso costosi, nella gerarchia degli affetti e dei beni materiali: e quindi rispetto a genitori, figli, fratelli e sorelle, persino rispetto alla propria vita, cioè alla propria libertà di condurre una vita normale, senza preoccupazioni di ordine spirituale particolarmente assillanti e senza comportamenti esposti costantemente e deontologicamente al rischio di produrre situazioni conflittuali oltre che amorevolmente esercitati per il bene e la serenità delle anime e del popolo di Dio. In questo senso, quanti ministri ordinati di rito latino avvertono ormai drammaticamente il problema di staccarsi da affetti familiari e beni finanziari per servire al meglio la Chiesa di Cristo? Non c’è dubbio che siano sempre di meno. Continua a leggere