Noi e gli altri

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Come cattolico alle ultime elezioni politiche ho votato per il Movimento 5Stelle del comico Beppe Grillo. Già, ho votato per il guappo dell’odierna politica italiana, uno tutto posa e sempre in lite con il mondo intero.  Oggi, anche ai più ingenui è ben chiaro chi sia esattamente questo personaggio genovese: un individuo che si dà arie di intellettuale disorganico al sistema e perfidamente incline a trattare uomini e donne strumentalmente sempre e solo per perseguire precisi scopi personali. uomoFondamentalmente al ricchissimo Grillo non interessa nulla né di democrazia, né di giustizia sociale, né di lotta alla corruzione, ma nella sua bocca queste parole sono di casa perché chi ambisce alla conquista e all’esercizio di un potere personale sa bene quanto esse in prospettiva possano essere redditizie: insomma, è il tipico demagogo molto furbo e non da sottovalutare perché, al fine di soddisfare le sue pericolose esigenze neurotiche e pratiche, è realmente capace di indurre alla rivolta intere masse di scontenti, di frustrati e di opportunisti, soprattutto tra i giovani, a tutti i livelli della società.

Ma, se ne sono cosí consapevole, perché l’ho votato? L’ho votato anch’io strumentalmente, lo confesso, ma per motivi opposti a quelli puramente distruttivi e disfattisti del signor Grillo: e più esattamente per contribuire democraticamente alla disarticolazione di un sistema di potere non solo vecchio e inefficiente ma anche e soprattutto basato su una violazione sistematica di elementari istanze economiche e di basilari princípi di dignità personale e giustizia sociale. Non ho visto altro modo per tentare di arginare il marasma politico-istituzionale e la crisi economico-finanziaria cui ormai si era giunti dopo un ventennio di politiche irresponsabili e inefficaci di destra e di sinistra.

Una saggia alternativa poteva essere forse costituita da un mio voto favorevole al governo tecnico di Mario Monti per più aspetti inaffidabile, e solo un po’ più vivace dello spento e arruffone Romano Prodi? Molti dissero allora che Monti aveva salvato l’Italia dalla bancarotta. Dissero questo sulla base di un falso presupposto: che dalla crisi economica e non solo economica che ci attanaglia, l’Italia avrebbe potuto uscire continuando ad ottemperare passivamente alle sempre più ingiuntive e vessatorie direttive dei centri finanziari europei ed internazionali di potere senza mai neppure provare a mettere seriamente in discussione i trattati europei che non erano e non sono certo estranei alla crisi e gli stessi parametri con cui venivano e vengono calcolati in modo del tutto discrezionale ed arbitrario gli interessi sul nostro “debito pubblico”.

La verità è che proprio un europeismo dogmatico e testardo, irragionevole e autolesionista, come quello perseguito colpevolmente dai nostri governi nazionali dal 2000 ad oggi, a me è sembrato e sembra degno di essere collocato tra le cose che necessitano di urgente e profonda revisione, e anche da questo punto di vista il movimento di Grillo, almeno formalmente, mi è sembrato una buona opportunità da utilizzare con sagacia tattica al fine di un possibile sgretolamento del vasto e compatto fronte politico-parlamentare “europeista”. Mi pare che i fatti mi abbiano dato ragione, perché non c’è dubbio che oggi in Italia il fronte europeista è molto più debole di quel che era solo un anno fa: a cominciare, significativamente, dallo stesso governo Renzi che, a dire il vero e a giudicare dai suoi primi passi, pur tra immancabili limiti e sbavature, potrebbe segnare sotto diversi aspetti una svolta della vita politica ed economica italiana rispetto a decenni di inerzia e irresponsabile attendismo.

Il Movimento di Grillo è stato premiato forse soprattutto perché a molti di noi, sia pure da punti di vista diversi, è sembrato capace di intercettare legittime istanze popolari di cambiamento e di veicolare efficacemente l’idea che, per poter essere accettati, i mercati finanziari e la complessiva politica economica internazionale e nazionale debbano risultare “sostenibili” e quindi compatibili con le reali possibilità contributive dei paesi membri dell’Unione Europea e con incoercibili diritti quali quello relativo al lavoro e alla tutela della dignità delle persone e dei cittadini almeno sotto l’aspetto salariale, sanitario, pensionistico e dell’istruzione scolastica.

Tuttavia, tra il 2013 e il 2014, sono venuti bene alla luce tutti i limiti del Movimento pentastellato: trattasi di un Movimento che, guidato da una rabbiosa e opportunistica istintualità di fondo, sostanzialmente privo di una effettiva passione morale e civile e fondamentalmente sprovvisto di adeguate capacità di elaborazione critico-culturale come anche di una visione politica d’insieme, viene manifestando le sue principali caratteristiche ora in un ribellismo fine a se stesso, ora nell’adozione di tecniche meramente ostruzionistiche, ora in rivalità intestine alimentate da un sordido nichilismo politico a sfondo individualistico e utilitaristico, ora infine nella scelta di attivisti e parlamentari di contrapporsi o di confermare fedeltà al loro leader più per inevitabile calcolo personale che per motivi di coscienza.

Questo è, al momento, il 5Stelle, indipendentemente dal numero di voti che potrà ancora raccogliere alle prossime scadenze elettorali, al quale corrisponde uno scenario politico nazionale in cui i cattolici impegnati in politica sono dappertutto (in Forza Italia, nel Nuovo Centro Destra, nelle forze della destra e della sinistra parlamentari, nella Lega Nord, nel Partito Democratico e nello stesso partito di Grillo) ma non sono da nessuna parte se non in forme molto approssimative ed incoerenti oppure di nascosta e vile mimetizzazione identitaria.

I cattolici, ovvero coloro che, pur consci di essere umanamente limitati al pari di chiunque altro, pensano di dover far politica con il vangelo nella mente e dentro il cuore, sono in sostanza latitanti o inesistenti, anche se oggi proprio un cattolico “spregiudicato” come il fiorentino Matteo Renzi, nonostante talune pregiudiziali perplessità da noi stessi altrove avanzate sul suo “giovanilismo” politico e sul suo presunto “liberismo”, e nonostante in materia di “diritti civili” taluni punti del suo programma di governo siano chiaramente dissonanti rispetto alla dottrina cattolica, potrebbe felicemente sorprendere una buona parte di cittadini e di cittadini cattolici con iniziative intelligenti e coraggiose e quanto meno aperte ad importanti sollecitazioni evangeliche. E’ infatti sperabile che sulla sua azione di governo possa pesare in qualche modo il ricordo dell’importante opera sociale svolta proprio a Firenze, tra gli anni ’50 e ’60, da un grande sindaco come Giorgio La Pira.

Intanto però, pur augurando un proficuo lavoro al governo in carica, urge la costituzione di una forza politica cattolica autonoma che sia in grado di rappresentare in modo soddisfacente non solo cattolici come noi, convinti che un pensiero e una prassi realmente e coerentemente radicati negli insegnamenti e nei moniti evangelici potrebbero produrre, anche da un punto di vista politico, risultati confortanti e certamente più apprezzabili di quelli scaturiti dagli ultimi vent’anni di attività parlamentare e di governo, ma anche quei laici non credenti che, pur non animati dalla fede in una vita e in un mondo di là da venire, si persuadessero della bontà delle nostre proposte politiche, economiche e sociali, astenendosi al più dall’interagire polemicamente con noi sui cosiddetti temi eticamente sensibili, su cui non possiamo e non potremmo non essere perfettamente in linea con il magistero della Chiesa.

“Vangelo e democrazia”, in quanto costituendo soggetto politico preventivamente lontano da forme di integralismo o radicalismo religiosi (il cui significato in vero, nell’accezione corrente di questi termini, non sempre è individuato con sufficiente chiarezza), non pretende di essere un testimone privilegiato delle verità estraibili dal vangelo anche per quanto riguarda la sfera politica ma muove dall’esigenza ancora indubbiamente insoddisfatta di fornire un valido punto di riferimento a una parte più o meno consistente di mondo cattolico italiano la cui specifica sensibilità evangelica e politica non è rappresentata oggi in e da nessuna forza politica.

Dunque, non un nuovo movimento politico dei cattolici, ma un movimento politico sperabilmente nuovo di cattolici. Non un organo politico della Chiesa, ma semplicemente un organo politico che si riconosce nella Chiesa e si sente esso stesso Chiesa nello specifico compito temporale che si propone di assolvere.

“Vangelo e democrazia” vuol essere un tentativo di sincero e disinteressato apostolato politico nel nome e nel segno del vangelo di Cristo, nel nome e nel segno della particolare vicinanza evangelica a ceti e a persone maggiormente bisognosi di essere sostenuti dallo Stato repubblicano e democratico: nei modi, nei tempi e nei limiti in cui il Signore vorrà favorirne il progetto.

La democrazia ha bisogno di Dio. Vero!

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