Perche’ vangelo e democrazia

img4Siamo sicuri che il cristianesimo possa essere ancora considerato come una forza storica utile a superare la crisi della democrazia, ad impedirne o meglio a combatterne efficacemente le attuali degenerazioni? La risposta che qui diamo categoricamente una volta per tutte è: esso è una forza non solo utile ma necessaria a contrastare tutte le degenerazioni del mondo, ivi comprese quelle della statualità democratica occidentale e italiana. Ma perché si avverte l’esigenza di specificare che il cristianesimo di cui parliamo è radicato nel vangelo? democrazia9Non è forse intrinseco alla fede cristiana il suo essere radicata nel vangelo? Che senso ha esattamente il mettere, forse tautologicamente, in evidenza che questo blog è funzionale ad un cattolicesimo radicato nel vangelo? Un senso c’è perché intanto si fa qui riferimento non già al cattolicesimo tout court ma ad un cattolicesimo politico la cui specificità non può essere cercata in questa o quella posizione esegetica della riflessione teologica cristiano-cattolica in cui francamente può trovarsi di tutto ma solo in un ascolto diretto e non preconcetto del messaggio evangelico che, pur utilizzando al meglio la tradizione e il magistero ecclesiali, sia capace di portare ad una onesta e corretta ricezione della santa parola di Cristo. Ma un senso c’è anche perché, alla luce delle numerose forme passate e presenti di cattolicesimo politico italiano, risulta obiettivamente difficile sostenere che la nostra precisazione sia superflua.

Infatti, a parte il cattolicesimo politico di personalità come don Sturzo, La Pira o Dossetti, solo per citarne alcune tra le più emblematiche del secondo dopoguerra, e per quanto anch’esse non fossero probabilmente prive di limiti, è davvero molto complicato individuare nel pur ampio e variegato panorama della storia politica italiana del novecento e di questo primo scorcio di secolo XXI, forze e soggetti politici di segno inequivocabilmente o coerentemente evangelico.

Sia subito chiaro che l’espressione “vangelo e democrazia” non si deve intendere nel senso che il vangelo sia aperto più al confronto con un regime democratico che a quello con qualsiasi altro regime, per il semplice fatto che il vangelo ha sempre a che fare con tutto ciò che è vita, mondo e storia, e quindi anche con molteplici e differenti regimi politici oltre che con i più diversi ambiti della vita personale e della vita associata.

Che la forma di governo sia monarchica piuttosto che dittatoriale o democratica, il vangelo deve poter assolvere sempre e comunque la stessa funzione di annuncio e di testimonianza dei valori divini oltre che umani, anche se in contesti politici particolarmente autoritari e repressivi l’annuncio e la testimonianza evangelici risultano molto più rischiosi. Il vangelo, tramite i suoi testimoni, deve poter agire come luce e lievito capaci di trasformare qualitativamente la realtà umana nell’insieme dei suoi aspetti e delle sue dimensioni, anche in presenza di risultati o effetti apparentemente fallimentari. Noi crediamo che, senza quella luce e quel lievito, nulla, per quanto umanamente significativo e storicamente progredito, possa soddisfare in profondità non solo un’universale istanza umano-escatologica di liberazione ma anche le diverse e particolari istanze di liberazione sempre inerenti le realtà individuali e collettive.

Per noi che, in questo momento della storia politica e sociale italiana, viviamo in una democrazia e in questa specifica democrazia, il problema è: come deve o dovrebbe comportarsi una comunità cattolica, che abbia nel vangelo il suo principale punto di riferimento, la sua bussola spirituale, nell’odierno contesto democratico della nostra Repubblica? Come essa deve porsi in rapporto alle sue possibili prospettive politiche, ma anche e innanzitutto in rapporto alle sue numerose contraddizioni e anomalie?

D’altra parte, è bene precisare, con l’espressione “vangelo e democrazia” non si intende preannunciare la volontà di scavalcare esegeticamente e spiritualmente la Chiesa, la sua migliore tradizione e il magistero pontificio. Anzi, tanto maggiori saranno le possibilità di cogliere adeguatamente il senso pur inesauribile della lectio evangelica quanto maggiore sarà la consapevolezza dell’immenso travaglio ermeneutico e spirituale che il vangelo è venuto alimentando nel quadro della bimillenaria esperienza storica della Chiesa. Questo, tuttavia, non esime nessuno di noi dall’accostarsi autonomamente alla parola di Cristo essendo essa indirizzata non solo alla comunità umana ma ad ogni suo singolo membro. Anche perché, com’è noto, ogni battezzato non solo appartiene alla Chiesa ma è egli stesso Chiesa, per cui ogni battezzato deve sentire il preciso dovere di contribuire all’essere Chiesa nel mondo e la responsabilità di portare direttamente o indirettamente, secondo i doni ricevuti da Dio, un qualificato apporto evangelico anche in ambito specificamente politico.

Tuttavia, “vangelo e democrazia” non comporta solo l’auspicabile coinvolgimento e la impegnata partecipazione di cattolici che si riconoscano nel nostro modo di percepire e vivere il vangelo di Cristo, ma anche l’apertura, anch’essa squisitamente evangelica, ai non cattolici e a laici non credenti che vogliano criticamente ma onestamente e costruttivamente interloquire con noi e cooperare al progetto di rifondare o riorientare la democrazia del nostro paese.

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