Chi siamo e cosa vogliamo

img2Mi chiamo Francesco Luciani, abito a Cosenza, sono un docente di filosofia e storia in pensione, ho scritto e pubblicato libri e articoli; sono cattolico per grazia, convinzione e riconoscente devozione, dopo esserlo stato in una precedente fase della mia vita per semplice educazione e tradizione; sono già responsabile di un sito cattolico e mariano denominato www.foglimariani.it e i miei interessi spirituali, sotto l’incessante spinta di una grave crisi storica che non accenna a diminuire, mi portano oggi ad estendere il mio impegno alla dimensione specificamente politica della nostra vita associata.

Sono dunque un cattolico quasi perfettamente anonimo ma colpito dal fatto che, in un momento cosí critico della storia del mondo e del nostro stesso popolo, risulti praticamente insussistente una presenza politica cattolica autonoma e realmente consapevole dei compiti che dal vangelo di Cristo sarebbe chiamata a svolgere. Infatti, se da una parte il vangelo insegna a testimoniare apertamente e coerentemente la parola di Dio in tutti gli ambiti pubblici e privati della vita, dall’altra non si può disconoscere come generalmente cristiani e cattolici laici, non già compromessi da comportamenti e scelte manifestamente ambigue o difformi dai precetti evangelici e dotati di tutte le capacità intellettuali per testimoniare in modo corretto anche pubblicamente la loro fede nell’arena politica, preferiscano stare a guardare la scena del mondo aspettando fatalisticamente “tempi migliori”.

Non è che sia errato pensare che un cristiano debba essere distaccato dalle cose del mondo, ma è sul senso di questo distacco che bisogna intendersi e non equivocare. Il distacco evangelico dai beni e dagli onori del mondo non comporta uno sprezzante o un pigro estraniarsi dal mondo ma, al contrario, un voler vivere meglio, attraverso la preghiera e una vita contemplativa e attiva sinceramente e limpidamente dedicata a Dio, nel mondo e al servizio del mondo. Persino il sacerdote o il monaco non può restare indifferente ai fatti della prassi politica, specialmente in frangenti particolarmente drammatici della vita sociale di un popolo o della storia dell’umanità, in quanto a livello politico si prendono decisioni importanti che incidono fortemente sulle complessive condizioni di vita dei singoli e della collettività.

Gesù ha distinto chiaramente tra Dio e Cesare non per invitare i suoi seguaci a vivere la fede solo nel proprio “privato” ma per sottolineare che, per quanto lo Stato sia legittimato a darsi gli ordinamenti che ritiene più opportuni e idonei al corretto svolgimento di tutti i processi della vita associata pretendendone ovviamente il rispetto, ci sono cose che esso non può e non deve disconoscere come la dignità della persona e la difesa della vita in tutte le sue fasi e sotto ogni aspetto, pur alla luce degli specifici contesti storici in cui si collocano, e come diritti umani quali la libertà religiosa e la libertà di coscienza e di espressione, la libertà per ognuno di concorrere alle decisioni pubbliche e al bene comune secondo le idealità e i valori in cui crede. Come cittadino il cristiano deve essere fedele alle leggi dello Stato, come uomo egli deve essere fedele alle leggi di Dio.

Sino a quando le leggi dello Stato, pur nella loro autonomia dalla sfera religiosa, sono leggi tendenzialmente giuste o legittime anche se severe e quindi compatibili con le leggi di Dio, per il cristiano non ci sono difficoltà insormontabili; i problemi nascono se le prime nascono dal disconoscimento della “oggettività” e “universalità” di verità e valori fondamentali della vita umana e finiscono per confliggere manifestamente con le seconde. Ed è a questo punto che il cristiano, sia nei confronti di Dio che nei confronti dello Stato, deve assumersi le responsabilità di pensiero e di azione che gli derivano dalla sua fede e da una fede rettamente intesa, mostrandosi certo rispettoso dello Stato ma non della statolatria, dell’“autonomia del politico” rispetto alla fede e a qualsivoglia confessione etica o religiosa ma non della sua “assolutizzazione” rispetto ad elementari princípi etici e ad universali diritti degli uomini.

Cesare è altro da Dio relativamente all’organizzazione statuale, basata anche sull’uso legittimo della forza, che decide liberamente di darsi per rendere possibile l’umana convivenza, ma Cesare non è libero di violare o calpestare la libertà e la dignità della persona quale che sia il suo credo morale o la sua fede religiosa, né di pretendere la sottomissione della fede alla ragion di Stato, foss’anche la contemporanea ragion democratica di Stato. Bisogna evitare al tempo stesso ogni confessionalizzazione dello Stato e ogni violazione o politicizzazione della religione.

La distinzione di Gesù resta oggi più che mai attuale o, per usare un termine nietzscheano, attualmente inattuale: si pensi sia a talune pretese ecclesiastiche di godere di particolari benefici di Stato e di interferire nelle cose temporali al di fuori di ogni collegamento con la lettera e lo spirito del vangelo, sia anche a certe odierne pretese statuali di legiferare anche in opposizione a precise “leggi di natura” che, “scritte nel cuore degli uomini”, sono “oggettive” e preesistono alle “leggi positive” prodotte dallo Stato nei suoi vari ambiti legislativo, giudiziario o comunitario. Dal sostanziale disconoscimento di tali leggi naturali consegue talvolta la tendenza degli Stati democratici occidentali a riconoscere legislativamente ma illecitamente come “diritti” pure e semplici rivendicazioni individuali o di gruppo che, indebitamente incluse nella categoria delle cose normali e giuridicamente rilevanti sotto la forte pressione di potenti lobbies e di imponenti apparati massmediatici pur essendo invece patologiche o arbitrarie, risultano prive di qualunque fondamento razionale e morale: si pensi a tante problematiche legate alla bioetica o a presunti diritti come quelli relativi al divorzio, all’aborto, alle coppie omosessuali, o alla determinazione della propria identità sessuale. E’ altresí evidente che in tali ambiti siano possibili casi particolari, eccezioni, che andranno distintamente studiati e risolti, ma eccezioni in nessun caso suscettibili di diventare regola o legge.

Ma, poiché non si danno valori più importanti e valori meno importanti o “negoziabili”, anche quando accade che gli odierni regimi democratici si trasformino in governi tecnocratici, spesso in funzione e al servizio di potenti oligarchie finanziarie, la distinzione di Gesù è lí ad ammonire che non si può essere attivamente o passivamente condiscendenti nei confronti di uno Stato che si disinteressi alle concrete condizioni di vita dei suoi cittadini più poveri, più deboli e più indifesi. E, ogni volta che le cose di Dio confliggono con le cose dello Stato, i cattolici non possono tacere ma devono dissentire pubblicamente cercando di far valere anche il proprio peso politico-elettorale al fine di condizionare utilmente o di far revocare determinate scelte legislative dello stesso Stato democratico.

E’ in sostanza in questo vasto orizzonte di problematiche proprie della nostra civiltà democratica che i cattolici sono oggi chiamati a testimoniare profeticamente la loro fede e a travasare operosamente il complessivo messaggio evangelico nei processi storici in atto. Siamo certi che, a fronte di un impegno durissimo da profondere, a guadagnarci rispetto a questo angoscioso presente sarebbero tutti, nel quadro di un rinato Stato democratico: lavoratori, commercianti, disoccupati, pensionati, disabili, emarginati di qualsivoglia categoria o nullatenenti, principalmente, senza escludere che alla lunga anche possidenti, ricchi imprenditori o “privati” in genere particolarmente agiati, sia pure in virtù di una profonda revisione della legislazione sociale e di quella relativa al mondo del lavoro, possano beneficiarne.

Ne siamo convinti e, pertanto, pur consci dei nostri molti limiti, proveremo a muoverci all’interno di questo quadro valoriale e programmatico economicamente aperto all’idea di un’economia sociale di mercato secondo cui lo Stato democratico, finalmente governato da “politici” cui spetta una funzione direttiva e non da “tecnici” cui spetta al più una funzione esecutiva e muovendo altresí dal punto di vista della parte meno “fortunata” della società, venga assolvendo una intelligente e responsabile funzione di mediazione e armonizzazione tra le legittime istanze della libertà di mercato ed insopprimibili e doverose istanze di giustizia sociale.

Abbiamo sentito il dovere di assumerci questo impegno politico, accanto e conseguentemente al più ampio impegno spirituale che da tempo ci siamo assunti, per non restare evangelicamente estranei nel pur delicato ambito della politica attiva o militante alla difficile e prolungata crisi del nostro tempo e per evitare che la fede cattolica continui ad essere soggetta ad indegne manipolazioni e volgari strumentalizzazioni.

Non abbiamo grandi aspettative né grandi ambizioni: ci è solo sembrato doveroso prendere l’iniziativa, perfettamente consci del fatto che, anche in questo caso, andremo dove il Signore ci farà arrivare e faremo tutto ciò che il Signore ci consentirà o ci ispirerà di fare, da soli o insieme a quanti, cattolici o laici non credenti, vorranno condividere lealmente e senza secondi fini, in toto o in parte, i nostri propositi e i nostri programmi. Per amore dei nostri e loro simili meno protetti e meno rappresentati.

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