La dura cervice di Israele

downloadGli israeliani pretendevano che l’UNESCO, organismo ONU per la salvaguardia del patrimonio culturale, riconoscesse il legame esclusivo tra Tel Aviv e il Monte sul Tempio altrimenti noto come Spianata delle Moschee di Gerusalemme. Essi fondano le loro pretese sull’assunto per cui non possono essere disconosciuti i legami storici degli ebrei con il luogo santo di Gerusalemme. Senonché, gli ebrei sorvolano sul fatto che storicamente a Gerusalemme sono anche le origini del cristianesimo, che i palestinesi sono lì da duemila anni al contrario degli ebrei che avrebbero conosciuto la diaspora, che infine anche gli islamici, sia pure nel quadro di continue occupazioni militari, possono far valere legittimamente i loro legami con quella città.

D’altra parte, la questione non è nuova, perché già nell’agosto del 1980, dopo che il parlamento israeliano aveva proclamato unilateralmente e arbitrariamente “Gerusalemme unita e indivisa…capitale di Israele, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite definiva la decisione israeliana “nulla e priva di validità”, una vera e propria violazione del diritto internazionale e un serio ostacolo al raggiungimento della pace in Medio Oriente. Quindi, se erano pretese del tutto infondate quelle israeliane nel 1980, lo sono ancora di più oggi nel contesto della politica sionista di graduale e crescente occupazione anche militare delle terre palestinesi.

downloadL’Unesco, per bocca del suo autorevole presidente, signora Irina Bokova, ha motivato la sua decisione proprio adducendo motivazioni storiche oggettive ed incontrovertibili secondo le quali «Gerusalemme è patrimonio indivisibile», in quanto ognuna delle sue comunità ha dei legami storici indiscutibili con la città, che non a caso da più parti si vorrebbe proclamare “capitale del mondo”, per cui «negare, nascondere o voler cancellare una o l’altra delle tradizioni ebraica, cristiana o musulmana significa mettere in pericolo l’integrità del sito, contro i motivi che giustificarono la sua iscrizione nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco».

Infatti, prosegue la competente Bokova, «nella Torah Gerusalemme è la capitale di Davide, il Re degli ebrei, dove Salomone costruì il Tempio che custodiva l’Arca dell’Alleanza. Nel Vangelo è il luogo della passione della resurrezione di Cristo. Nel Corano è la destinazione del viaggio notturno (Ista) del Profeta Maometto dalla Mecca fino alla Moschea Al Aqsa». E’ dunque per tutti evidente che «l‘eccezionale valore universale della città, che le è valsa l’iscrizione nel patrimonio Unesco, sta proprio in questa sintesi che rappresenta un appello al dialogo, non al confronto. La nostra responsabilità collettiva…consiste nel rafforzare questa coesistenza culturale e religiosa, con la forza degli atti e delle parole. Un’esigenza più forte che mai per placare le divisioni che danneggiano lo spirito multiconfessionale di Gerusalemme. Responsabilità dell’Unesco è ricordare al mondo che formiamo una sola umanità e che la tolleranza è l’unica via per vivere in un mondo di diversità».

Ma Netanyahu e i maggiori leaders dello Stato ebraico non sono per nulla soddisfatti delle pur precise e persuasive spiegazioni che la rappresentante ONU è venuta enunciando. Anzi sono talmente furiosi da non accorgersi di dire colossali sciocchezze riguardo agli aspetti storico-religiosi della questione. Per esempio il ministro israeliano dell’istruzione (!) Naftali Bennett, ritenendo intelligente il suo sarcasmo, ha dichiarato: «Pensate che l’Unesco voterebbe mai una risoluzione per negare la connessione tra i cristiani e il Vaticano, i musulmani e la Mecca?», senza capire che, lungi dal negare una connessione tra gli ebrei e Gerusalemme, i responsabili dell’Unesco negano solo che quella connessione sia esclusiva del popolo ebraico e che essa non riguardi a pari titolo i cristiani e i musulmani.download

Il paragone di Bennett, peraltro, è fuori luogo, giacché il Vaticano è lì da quando storicamente è nato e solo i cristiani vi fanno capo da sempre come alla sede universale della Chiesa di Cristo che opera nel mondo, mentre d’altra parte non risulta che alla Mecca si siano mai interessati sul piano storico-religioso anche cristiani ed ebrei oltre i seguaci di Maometto e di Allah.

La conclusione di Bennett è che, pertanto, «anche per questo», cioè non solo per motivi politici, «noi togliamo ogni collaborazione o appoggio a un’organizzazione professionale (l’Unesco, per l’appunto) che fornisce supporto al terrorismo», là dove, almeno in questo caso, ha ragione il palestinese Abu Mazen nel dire che quello dell’Unesco «è un chiaro segnale a Israele, affinché metta fine all’occupazione e riconosca Gerusalemme est come capitale di un costituendo Stato di Palestina inclusi i luoghi santi cristiani e musulmani», anche se personalmente riterrei molto più giusto che i luoghi santi di ciascuna comunità religiosa fossero riconosciuti politicamente indipendenti e da affidare quindi alla loro rispettiva custodia.

Francamente, pur essendo chiare le ragioni israeliane di sicurezza nei confronti della minaccia terroristica, non si capisce proprio perché un cristiano che voglia visitare il Santo Sepolcro debba assoggettarsi ad un unilaterale controllo politico-militare israeliano e non possa essere previsto, a questo scopo, un controllo paritario di marca internazionale di cui facciano parte anche ma non esclusivamente esponenti e militari d’Israele.

downloadIl nostro Paese è fra i molti Paesi che su questa vicenda si sono “astenuti”, proprio per non scontentare troppo gli israeliani che però, non volendo sentire ragioni, hanno criticato ugualmente il governo Renzi per questa decisione a loro dire codarda. In particolare, il presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei) Noemi Di Segni ha osservato che «con un voto sconcertante e fuori dalla storia, su cui anche l’Italia porta delle responsabilità», l’Unesco avrebbe avallato la pretesa di «alcuni Paesi arabi di sradicare ogni riferimento alla radice ebraica dall’area della Città Vecchia di Gerusalemme».

Ma il vero capolavoro è stato quello compiuto dal pentastellato Luigino Di Maio che, dall’alto della sua sconosciuta cultura mediorientale, ha affermato che «questa decisione dell’Unesco non favorisce il processo di pace in Medio Oriente»! Parola di Luigino Di Maio.

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