Brexit: bentornata vecchia talpa!

imagesQuel che poteva succedere, dopo anni di contraddizioni, di conflitti più o meno irrisolti, di istanze nazionali spesso contrastanti o addirittura antitetiche, ieri è successo. Io dico: finalmente è successo, e lo dico, come ho sempre fatto per anni, non da esagitato populista o da sfegatato nazionalista, ma da semplice e disinteressato osservatore che affida il suo giudizio non tanto a raffinati e complessi studi specialistici quanto ad un lavoro della mente umilmente ma saldamente ancorato, ben al di là di tanti sofisticati filtri teorico-accademici e massmediatici, a dati oggettivi, persistenti, strutturali e inequivocabili della realtà economica quale quella che è venuta determinandosi in modo sempre più chiaro nel quadro della pessima costruzione europea di inizio millennio e del per più aspetti disastroso processo di globalizzazione che sembra ad oggi aver prodotto effetti apparentemente positivi per le grandi multinazionali del mondo, per potenti società finanziarie internazionali e transnazionali, per i capitali privati e in generale per i già cospicui guadagni dei ceti più ricchi, ma effetti del tutto deteriori per il mondo e le forze del lavoro, per milioni di giovani disoccupati, per piccole e medie imprese, per ceti medi e bassi, per i senza reddito.

imagesMolti si ostinano a dire che, tuttavia, non è il caso di parlare di principio della fine, perché le fondamenta finanziarie di quest’Europa sarebbero ancora ben salde, ma la verità empiricamente inoppugnabile che sta emergendo ormai da tempo in ogni angolo del nostro continente ed è emersa ieri non in un Paese arretrato o periferico ma nella civile e progredita Gran Bretagna in modo a dir poco dirompente o sconvolgente, è che l’Unione Europea è nel pieno e irreversibile declino della sua effimera ma drammatica esistenza storica, tanto che ormai solo un violento seppur improbabile colpo di mano politico-militare, che potrebbe scaturire solo da segrete e aberranti intese di tipo intergovernativo, potrebbe ripristinarne gli assetti autoritari e vessatori.

Quando la politica e la storia producono iniquità troppo grandi — se si vuole anche più grandi ma comunque non molto più grandi di quelle dovute alla finanziarizzazione dell’umano in tutte le sue forme, alla tendenziale e crescente subalternità dell’etica e della politica all’economia e alle sue categorie portanti dell’utile e del profitto illimitato, alla dittatura di una burocrazia europea e internazionale non solo sulle singole sovranità nazionali ma sulle reali necessità di interi popoli, a politiche fiscali opprimenti e ad un’omologazione asfissiante di culture, sensibilità e intelligenze, con conseguente restringimento degli spazi di libertà, originalità e creatività —, di solito qualcosa di importante succede, perché è l’essenza stessa dell’umanità di ogni essere pensante che viene troppo duramente calpestata e costretta a rivoltarsi contro le forze malefiche che ne vengano provocando la morte, e le stesse dinamiche economiche, che a pieno titolo sono parti integranti dell’umano in generale, non possono che rallentare, incepparsi, bloccarsi, diventando sempre più “improduttive” dal punto di vista sociale e alla fine anche infruttuose dal punto di vista dei profitti individuali.

imagesKarl Marx, per rappresentare plasticamente i processi rivoluzionari che, al di sotto delle apparenze e spesso contro di esse, agiscono sotterraneamente, e sia pure lentamente, nella storia umana, ha usato una famosa e felice metafora, quella della talpa: “Ben scavato, vecchia talpa”, egli scrive ne “Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte”, dove è da notare che la talpa, contrariamente ai luoghi comuni del secolo scorso, non è completamente cieca anche se fa fatica a distinguere la luce dal buio, ma soprattutto non è affatto sorda, essendo dotata di un finissimo udito con cui percepisce rumori e vibrazioni pressoché impercettibili da parte degli altri animali, né manca di intelligenza e di ingegno, perché, al contrario è dotata di grande capacità di adattamento alle situazioni più varie e disparate e di una furbizia eccezionale che le consente di sfuggire ai cacciatori. Marx intendeva dire che c’è una razionalità storica che è irriducibile alle diverse forme storiche di razionalità scientifico-tecnologica che si inscrivono nell’orizzonte del capitalismo occidentale, alla stessa industrializzazione capitalistica con tanto di logiche esasperatamente privatistiche, alle sue logiche produttivistiche e consumistiche ad oltranza, che tendono a riprodursi anche attraverso vere e proprie crisi di sistema, e infine allo stesso conformismo di massa che da tutto ciò tende inevitabilmente a conseguire e che si configura anzi come vero e proprio obliteratore di razionalità.

imagesSi tratta di una razionalità storica che, secondo Marx, è connaturata allo sviluppo, o meglio ad un certo tipo di sviluppo delle forze materiali, economiche, oggettive della storia che, di contraddizione in contraddizione e di conflittualità sociale in conflittualità sociale, finiscono per risultare esplosive e per creare nuove e più dignitose condizioni di vita umana. Quella razionalità storica che per Marx è solo di natura immanente e meccanica, come lo sono i fenomeni scientifici, e che non ha nulla di trascendente, per i cattolici non abituati ad indietreggiare inorriditi o scandalizzati dinanzi a personalità davvero geniali della cultura laica o atea, è una razionalità di origine divina che opera ben al di là della semplice seppur profonda razionalità umana e in conformità ad aspettative di libertà, di giustizia e solidarietà umane che gli esseri umani fanno molto fatica a realizzare da soli.images (9)

Per questo, e in questo senso, anche i cattolici più lungimiranti, che non avrebbero potuto essere contenti di una Grexit, stavolta dovrebbero ben esultare dicendo: Brexit, ben scavato e bentornata vecchia talpa! L’UE non può e non deve essere un feticcio inamovibile. Se il nostro Renzi non si affretta a capirlo, peggio per lui e, purtroppo, per noi. Nella storia non c’è niente di immutabile e di inamovibile, o meglio qualcosa c’è: la lotta tra il bene e il male, sempre diversa ma sempre terribilmente imagesuguale. A volte si può sbagliare in buona fede, ma guai a coloro che sbagliano per interessi precostituiti, anche se parzialmente inconsci, alla luce dei quali pretenderebbero di giustificare scelte sbagliate come scelte necessarie ed indirizzate al perseguimento del bene comune. Né la critica dei nazionalismi sempre ricorrenti potrà resistere eternamente ad una critica razionale, perché altro sono i nazionalismi, altro le nazionalità che non potranno essere mai cancellate, come non potranno mai essere cancellate le differenze tra le persone.

Il nostro premier Renzi ha cercato sin qui di cambiare la direzione della politica europea in termini di maggiore collegialità tra gli Stati partners, di crescita e di solidarietà, ma i suoi sforzi saranno vani se dovesse testardamente continuare a pensare che, in fin dei conti, a quest’Europa serva solo di essere “ristrutturata e rinfrescata”, e che quindi a un’Europa della crescita a tutti costi e della libera ovvero indiscriminata circolazione delle merci e delle persone, non ci sia realistica alternativa. Sino a quando alcuni Stati come l’Italia assorbiranno dagli altri partners europei risorse finanziarie meno cospicue di quelle che quest’ultimi assorbono da noi, sino a che non saranno ripristinate le sovranità nazionali e la parità tra gli Stati e ogni Stato non sarà responsabilmente libero di gestire la propria economia secondo le priorità del suo popolo e di organizzare la sua stessa vita civile, pur nel rispetto di vincoli comuni rigorosi ma ben più elastici e meno vessatori di quelli attuali, c’è da temere che la modernizzazione e l’umanizzazione dell’Europa restino uno slogan del tutto vuoto e di nuovo indicativo di una multiforme mentalità farisaica che è uno dei tratti più caratteristici di questa epoca.

Avremo occasione di riprendere e sviluppare questo ragionamento, ma per ora sarebbe già importante capire che se la maggioranza del popolo inglese, per quanto non sempre ci si possa fidare delle maggioranze popolari come tali, ha voluto divorziare da quest’Europa, essa probabilmente avrà avuto dei buoni motivi e non si potrà essere cosí presuntuosi, come i vari Monti, Napolitano, Letta, ma la compagnia sarebbe infinita, da ritenere che l’unico punto di vista giusto e obiettivo sia quello di chi, sia pure tra mille distinguo, ripone la propria cieca fiducia in una mitica o immaginaria Europa.

Lascia un commento