L’Unione Europea tra padri ed epigoni

La genesi dell’Europa, dell’idea di Europa Unita, corrisponde ad un processo storico-politico molto complesso e articolato, non privo di punti di vista molto variegati o eterogenei e di visioni molto diversamente ispirate soprattutto in rapporto alla natura dei loro presupposti.

Basta dare uno sguardo ai primi europeisti italiani dell’800 per rendersi conto che all’unità europea si venne guardando in modi molto diversi e spesso contrapposti. C’è uno schieramento laico che comprende Cavour, ispiratore di un moderno liberalismo cosmopolitico, Garibaldi con il suo internazionalismo popolare che è alla base delle successive download (64)formazioni politiche socialiste italiane, Carlo Cattaneo, il maggior teorico del federalismo europeo di questo periodo perché attento e fine conoscitore del funzionamento delle istituzioni federali da introdurre negli Stati 

                        Carlo Cattaneo

nazionali in via di formazione con la consapevolezza di limitarne le sovranità in vista o in funzione di uno Stato federale sovranazionale. A Cattaneo, repubblicano e federalista illuminato, si sarebbero richiamate, nel quadro dell’Italia unita, intere generazioni di intellettuali laici di orientamento democratico.

C’è poi uno schieramento religioso, che ha in Mazzini e in Gioberti i suoi maggiori rappresentanti: Mazzini, cui si sarebbero richiamati i repubblicani dell’otto-novecento, con il suo europeismo ideale e sentimentale, più che teorico e politico, che avrebbe dovuto costituire, nel quadro di una concezione religiosa ma immanentistica della storia umana, il culmine di un graduale processo di unificazione di tutti quegli Stati europei che venivano formandosi per iniziativa dei vari movimenti di indipendenza nazionale i quali per l’appunto, nella prospettiva etico-download (65)religiosa di un’umanità sempre più unita e affratellata, avrebbero dovuto puntare non già ad una visione grettamente nazionalistica della statualità ma ad una visione più aperta, universalistica e solidale, del rapporto tra popoli e Stati diversi, sí da poter tendere ad un kantiano Stato sovranazionale , ad una “Patria delle patrie”, in cui egoismi e conflitti del passato potessero risultare definitivamente banditi e superati. Sul piano della religiosità cattolica, Vincenzo Gioberti venne facendosi promotore di una “confederazione” di Stati, in Italia come in Europa, che avrebbe dovuto essere guidata spiritualmente dal papa. Gioberti sarebbe stato uno dei padri ideali del futuro partito della Democrazia Cristiana.

Come si vede, il panorama europeistico italiano del secolo XIX è pieno di voci tanto autorevoli quanto difformi e non di rado contrapposte. Ma è quel che sarebbe accaduto anche in tutto il vecchio continente con prese di posizione storico-politiche (l’ottocento europeo fu l’epoca dei “congressi” ed è in essi che anche in tal caso legate il più delle volte, sia pure in modo più o meno lungimirante, agli interessi nazionali dei vari paesi di appartenenza. Si può dire che il progetto di una unità europea, pur nascendo sulla base di un comune presupposto quale quello di superare logiche meramente nazionali in vista per l’appunto di una più ampia e solidale unità politica, appaia sin dall’inizio segnato da un’impronta nazionalistica che esso non solo non avrebbe perduto col passar del tempo ma che oggi è divenuta quanto mai visibile ed evidente. La casa comune non è mai stata veramente percepita come una meta di giustizia, solidarietà e pace da assicurare egualitariamente ai vari Stati nazionali, come uno scopo sganciato da precisi e pur comprensibili vantaggi nazionali, quanto piuttosto  come un mezzo che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto rendere per l’appunto più prospero, stabile e sicuro ciascuno di essi.

imagesL’Europa cioè doveva servire, nell’immaginario dei grandi padri fondatori dell’UE, come Adenauer o Bech, Beyen o Churchill, De Gasperi o Schuman, Monnet o Spinelli, solo per fare dei nomi, a potenziare l’economia e il benessere complessivo di ogni Stato membro, ma è altrettanto chiaro che, nel pensare questo, ognuno di essi avesse in mente innanzitutto il benessere economico, morale e civile del proprio Paese (e questo vale sia per cattolici come Adenauer De Gasperi e Schuman, sia per laici conservatori come Churchill Monnet o Beyen sia per laici progressisti e intrisi di un profondo spirito umanitario e comunitario come il nostro Spinelli), per non dire poi che le idealità o le finalità etiche e le stesse strategie politiche da essi concepite per la costruzione europea divergessero spesso profondamente.

E’ quindi sbagliato sostenere e ripetere oggi, in contrapposizione all’odierna crisi delle istituzioni europee, che il grande sogno europeistico dei padri fondatori dell’UE si sarebbe venuto infrangendo contro spinte e interessi nazionalistici oggi di nuovo emergenti nelle politiche economiche, sociali e culturali adottate dagli attuali centri europei di potere. Può darsi che gli epigoni d’inizio terzo millennio siano peggiori dei “padri” sotto il profilo culturale, ma i nazionalismi, alcuni più comprensibili altri meno, ci sono oggi cosí come, sia pure in un contesto storico molto diverso, c’erano anche più di mezzo secolo fa.

imagesPersino un ispirato e generoso europeista cattolico come il francese Robert Schuman, pur convinto che «siamo tutti degli strumenti, anche se imperfetti, della Provvidenza che se ne serve per dei disegni che ci superano» (1960) e che «la democrazia» contemporanea dovesse «la sua esistenza al cristianesimo», per cui gli stessi paesi «dell’Europa sono permeati dalla civiltà cristiana» (19 marzo 1958, proprio come primo Presidente del Parlamento europeo), non è probabilmente esente da tentazioni nazionalistiche di tipo autoritario se è vero, come è vero, che, dopo aver concorso alla presa del potere da parte del generale Pétain, sino al 17 luglio del 1940 sarebbe stato segretario di Stato del regime collaborazionista di Vichy e che, indubbiamente favorevole al consolidamento dell’alleanza tra Hitler e Mussolini, nel 1938, sostenendo attivamente l’accordo di Monaco, aveva contribuito altresí a rendere più agevole l’annessione alla Germania nazista di una parte della Cecoslovacchia. Non sarebbe quindi il caso di enfatizzare troppo la presunta grandezza degli europeisti di ieri rispetto a quelli odierni, a prescindere dal fatto che Schuman possa essere riconosciuto “santo”, mentre sarebbe più necessario porsi un’alternativa storica ormai improcrastinabile: o un’Europa realmente priva di nazionalismi camuffati e davvero rispettosa delle peculiarità culturali, delle capacità produttive e delle risorse civili e culturali di ogni paese europeo, con politiche economiche adeguate alle reali e specifiche necessità di ogni singolo popolo, o un’Europa di Stati sovrani liberi di cooperare tra loro e di sottoscrivere trattati, patti o intese multilaterali, che siano soddisfacenti per tutti i contraenti.

Lascia un commento