Grillo come Schettino o peggio?

di Elena Persicò

La IVª sezione penale della Cassazione, l’8 aprile del 1988, condannava con sentenza definitiva Giuseppe Grillo, attuale leader del Movimento 5 Stelle, perché ritenuto «omicida colposo plurimo». I giudici di 3° grado non ritennero che l’incidente automobilistico che nel dicembre del 1981 aveva provocato la morte di tre persone  tra cui un bambino di nove anni, con Grillo alla guida di un gippone su una angusta via ghiacciata di montagna, SECONDA_REPUBBLICA Grillo_Tutti_morti 315x189nonché zona militare, cui era vietato l’accesso, potesse essere ritenuto solo un disgraziato incidente, che potrebbe capitare a chiunque, ma un vero e proprio omicidio colposo plurimo perché il comico, per salvare se stesso da morte sicura, si era gettato fuori dall’abitacolo della sua vettura, abbandonando cosí al loro terribile destino i tre passeggeri a bordo con lui, un papà e una mamma con il loro figlioletto Francesco: un’intera famiglia distrutta per leggerezza, per irresponsabilità e probabilmente anche per codardìa.

Non è che adesso si voglia usare strumentalmente questa triste vicenda per dire che Grillo è un assassino, anche perché, come ricorderebbe il responsabile di questo blog sulla scia del suo Maestro, “chi è senza peccato scagli la prima pietra”, e non penso che ci sia qualcuno che possa vantare questo eccezionale merito morale, civile e spirituale.

Tuttavia, premesso che il signor Grillo non ha subíto solo questa condanna ma tante altre cause e condanne per diffamazione e che viene costantemente attenzionato dalla Agenzia delle entrate come sicuro o probabile evasore, balza subito agli occhi, dal momento che peraltro è venuto e viene spesso agli onori della cronaca anche per iniziative etico-Movimento-5-stelle-Giulia-Sarti-Dovremmo-tutti-evadere-il-fisco-politiche (come per esempio l’espulsione a suo piacimento di attivisti, militanti o parlamentari del suo Movimento) e politico-giuridiche (come per esempio la costituzione di uno statuto interamente privato su cui ha inteso fondare la sua formazione politica e che ha sottoscritto con un suo nipotino!) che non gli impediscono di essere ben presente in parlamento anche se fortunatamente non gli consentono, in virtù della legge vigente, di usufruire di 42 milioni di euri per rimborsi elettorali (soldi cui Grillo e compagni dicono mentendo di aver volontariamente rinunciato) proprio per mancanza dei requisiti previsti per legge, come per l’appunto uno statuto che assicuri formalmente la democrazia interna del Movimento, o come la presenza di bilanci limpidi e dettagliati del 5 Stelle e dei gruppi parlamentari, balza subito agli occhi di chiunque – dicevo – e persino del cittadino italiano più sprovveduto purché in buona fede, che egli non può essere altro che un emerito imbroglione che, molto più per la sua esorbitante egoità e per i suoi affari che non per il bene comune e gli interessi nazionali, è già riuscito ad ottenere un’enorme quanto immeritata visibilità politica, un notevole ritorno economico da lui e il compare Casaleggio sistematicamente negato ma reale (si pensi, solo a titolo di esempio, al fatto che il 5 Stelle riceve regolari finanziamenti pubblici, che ammontano a milioni e milioni di euri, per i suoi gruppi parlamentari e da destinare alla comunicazione), e insomma oggettivi vantaggi personali che sino a 3 o 4 anni fa Grillo non si sarebbe neppure sognato di sfiorare.

Ora, in quanto personaggio pubblico che influenza la pubblica opinione e incide in qualche modo sulla vita politico-parlamentare, Grillo non può essere oggetto di giudizi benevoli o particolarmente caritatevoli, perché in sede politica se non ci si impegna a focalizzarne correttamente, sulla base di dati oggettivi e inoppugnabili che lo riguardano, la personalità morale e politica, si rischia di sottovalutare l’inconsistenza, la risibilità, l’inutilità, e ad un tempo la pericolosità e la eversività antidemocratica e antisociale delle parole e delle affermazioni che egli mette in bocca o consente di dire ai suoi parlamentari e, in particolare, ai suoi più fedeli pretoriani.

La graduale flessione di consensi, che si sta registrando per il Movimento 5 Stelle, consente di confidare nella pur lenta resipiscenza di masse popolari, che per lo più in buona fede, avevano pensato, pur benevolmente sorvolando sull’accentuato autoritarismo di Grillo e sulla debolezza o incongruenza di tante sue proposte solo presuntivamente innovative,  che con la formazione pentastellata al governo, l’Italia avrebbe senz’altro conosciuto una svolta radicale, sia sul piano economico che su quello giuridico e istituzionale. Ma di radicale da parte dei pentastellati grillini, sinora, come tutti sanno, c’è stata solo la chiacchiera, la calunnia, l’arroganza e la mistificazione, e talvolta persino la manifesta ignoranza.

Il 5 Stelle ha avuto l’indubbia funzione storica di far traballare, se non di scardinare, tradizionali e consolidati assetti di potere ormai inidonei a provvedere alle nuove e impellenti necessità popolari italiane del XXI secolo. Ciò detto e riconosciuto, però, al 5 Stelle non si può attribuire alcun altro merito, se non forse quello da esso non voluto di contribuire al rafforzamento della leadership governativa renziana e del Partito Democratico che, nonostante inevitabili errori e gravi e personalistiche lacerazioni interne, sembra continuare a godere di un ampio consenso popolare.

Grillo e i suoi non se ne rendono conto, ma come fa, in sede eminentemente politica, un condannato per via definitiva ad inveire contro un altro condannato per via definitiva quale certo Berlusconi e soprattutto contro il relativo “patto” politico-parlamentare stipulato tra quest’ultimo e Renzi? Come fa uno che ha avuto e continua ad avere molteplici pendenze giudiziarie e seri grattacapi di carattere fiscale, ad ergersi quale moralizzatore di un’intera nazione?

Grillo vorrebbe essere un novello Masaniello contro una classe politica di immorali. Ecco, questo lui non può farlo, non è nella condizione di farlo, né sono nella condizione di farlo alcuni suoi “specchiati” deputati e senatori che si trovano in parlamento per mero caso, che devono a Grillo loro santo protettore il posto che oggi occupano e la lauta diaria che percepiscono, che non hanno particolari qualità intellettuali e morali da mettere utilmente a disposizione del Paese, che infine mentono sapendo di mentire ma sapendo anche di non poter e non voler fare altro che mentire per rimanere sul palcoscenico della politica o piuttosto della sua caricatura.dove-vai-grillo-

La vicenda giudiziaria che ha avuto come esito la condanna definitiva di Grillo, non ne fa, torno a ripetere, un criminale, ma un profilo umano, morale, giudiziario e culturale, come quello che ha Grillo, non potrebbe consentire a nessuno di aspirare a risolvere problematiche cosí complesse e delicate come sono certamente quelle che angustiano da troppo tempo la maggioranza del popolo italiano. Ed è pertanto sperabile che una seria e qualificata opposizione al governo Renzi venga domani esercitata da forze politicamente più qualificate e moralmente più credibili della compagine pentastellata.

       Aizzare la folla non è mai un buon metodo di lotta politica e, ancor meno, di governo, anche se parlamento e governo hanno l’assoluto dovere di recepire e far proprie le istanze popolari obiettivamente più vitali e più giuste, pena una esacerbata conflittualità sociale che non potrebbe che minare la stabilità politica e qualsivoglia possibilità di ripresa economica ed occupazionale. Aizzare la folla solo per scopi personali, per mire settoriali di potere, denota la stessa irresponsabilità con cui il comandante Schettino, contro ogni principio di prudenza contemplato dalla scienza della navigazione, ha mandato deliberatamente una nave a sbattere contro gli scogli, e con cui Grillo, contro ogni criterio di prudenza e di buon senso, non solo ha violato un divieto d’accesso ad una zona pericolosa ma, preso da insano furore esibizionistico, non è riuscito a controllare la vettura che ospitava tre suoi cari amici, provocandone la morte.

A questo Grillo non si può consentire di continuare a contare politicamente nel Paese e tanto meno gli si può consentire di andare al governo, perché questo significherebbe affidare la vita economica, sociale e culturale di un’intera Nazione, ad un pazzo, ad un soggetto totalmente inaffidabile. Più pazzo, più inaffidabile di Schettino, di Berlusconi, di Bersani, di Monti e di Enrico Letta, tutti certo colpevoli di essersi messi al timone di una nave che per vari e diversificati motivi non erano all’altezza di controllare ma che non avrebbero mai voluto ridurre a relitto con la speranza di poterlo poi saccheggiare a fini di arricchimento e di potere personali.

 

Elena Persicò

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