Renzi: solo parole o anche fatti?

di Stefano Notte

Dunque Renzi vuole proprio abolire l’articolo 18 che giustamente da molti è stato considerato una conquista di civiltà. Renzi ha vignetta-renzi41cercato di spiegare che l’abolizione dell’art. 18 è necessario perché non tutti i lavoratori ne beneficiano e perché non è logico che non l’imprenditore ma il giudice decida se un dipendente sia o non sia da reintegrare nel suo posto di lavoro. Peraltro, sarebbe questa una misura necessaria a combattere la precarietà giovanile e alla creazione di posti di lavoro da parte di quelle multinazionali che se ne starebbero lontane dall’Italia proprio a causa di vincoli giuridici e di opinabili interventi giudiziari che esse ritengono incompatibili con i propri interessi di investitori e di produttori.

Ora, a considerare la questione dai diversi punti di vista da cui può essere esaminata e non solo da un punto di vista astrattamente morale, è obiettivamente difficile stabilire al momento chi abbia veramente ragione: se i sindacati e la minoranza del PD (che però in precedenti anni di governo è apparsa del tutto incapace di dare svolte significative all’economia e allo stesso problema occupazionale) oltre che l’area della sinistra radicale, tutti convinti che la svolta renziana si inscriva ancora una volta in un progetto liberista ed europeista di tipo autoritario e repressivo,  o invece Renzi che apparentemente si ritroverebbe a condividere nientemeno che posizioni della destra berlusconiana e di manager come Marchionne ma che insiste nel ritenere che questa sia la via da imboccare, nel quadro della complessiva riforma del lavoro, per creare nuovi posti di lavoro in Italia a beneficio soprattutto di migliaia di giovani disoccupati e per invertire in positivo la direzione di marcia della nostra economia nazionale.governo-renzi-garanzia-giovani-e-occupazione_55248

D’altra parte, Renzi sa bene che se, con questa riforma, non dovesse ottenere risultati concreti già nei prossimi due anni, correrebbe il serio rischio di vedere fortemente ridimensionato il consenso popolare di cui oggi gode e di assistere ad un rilevante declino elettorale alle prossime elezioni politiche. Anche perché, obiettivamente, sembrerebbero cominciare ad essere troppi i fronti di conflitto su cui il presidente del Consiglio si trova impegnato: da quello dei magistrati che gli danno del bugiardo o del mistificatore a quello delle forze di polizia che sono entrati in aperto contrasto con Palazzo Chigi, da quello protestatario dei dipendenti statali e dei dirigenti pubblici a quello dei pensionati o delle associazioni nazionali delle persone con handicap o con disabilità che hanno reagito duramente e preventivamente al presunto piano governativo di raccogliere 300 milioni di euri nei prossimi tre anni con l’eliminazione di “abusi” e “sprechi” che graviterebbero proprio attorno all’assistenza economica ai disabili.

Da parte sua, Renzi sembra essere intenzionato a reiterare gli 80 euri nella busta paga di 11 milioni di persone, ad allargare prossimamente la platea dei beneficiari e a reiterare nel tempo questo provvedimento, mentre appare determinato a rispettare l’impegno preso di assumere nella scuola circa 150.000 docenti. Infine, egli continua ad avere nei confronti della UE una posizione critica non di poco conto e sembra ancora battersi con tenacia per far valere anche sul piano internazionale le sue ragioni economiche e politiche.

Tutto si può dire del governo Renzi, tranne che sia uno dei soliti e compassati governi, tranne che un governo scontatamente schierato dalla parte della reazione e dei cosiddetti “poteri forti”, che anzi in più di un’occasione sembra sfidare apertamente. Renzi, peraltro, fonda interamente le sue ambizioni di potere sul presupposto che a tenerlo in piedi continui ad essere un consenso maggioritario di popolo e le coltiva in funzione non già di interessi personali (vedi Berlusconi, con il quale ha contratto il famoso patto del Nazareno per l’attivazione di una strategia politica il cui vero significato probabilmente continua a sfuggire a molti) ma di interessi nazionali, anche se i metodi da lui usati dovessero rivelarsi sbagliati.

Dobbiamo attendere prima di dare un giudizio attendibile sull’esperienza in corso di governo e per verificare se la gente pensi davvero che il giovane premier stia facendo più parole che fatti.

Stefano Notte

 

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