Quale riforma della scuola?

La prima critica che può essere mossa al progetto di riforma della scuola elaborata dal governo Renzi, cosí come viene presentato dal Ministero dell’Istruzione in un testo assai ponderoso e articolato di ben 163 pagine, è quella che si riferisce all’appello renziano a docenti, famiglie e studenti, a far giungere on line a detto Ministero e quindi al governo stesso, proposte e critiche migliorative, contributi e suggerimenti integrativi del testo suddetto. Francamente è un appello, più che altro demagogico, che Renzi si poteva risparmiare. Renzi pensa forse che, a parte la promessa, si vedrà in seguito quanto fondata dal punto di vista finanziario, di assumere 150.000 precari nella scuola, su cui c’è naturalmente l’unanime consenso delle parti sociali, degli studenti e dei sindacati, queste tre componenti siano veramente interessate alla costruzione di una scuola seria, qualificata, dotata di regole funzionali alla “formazione dell’uomo e del cittadino”?Stabilizzare-150mila-docenti-ecco-il-piano-per-la-Riforma-Scuola

In particolare, l’Unione degli Studenti, che di solito contesta a prescindere e che più che ad una scuola seria e democratica è interessata ad una scuola leggera, poco stressante, e soprattutto ospitale verso i casinisti di ogni specie, ha già fatto sapere che deplora il fatto che questa riforma “venga calata dall’alto” e si augura tuttavia che la consultazione concessa da Renzi «non sia soltanto una trovata cosmetica da parte del governo ma diventi veramente l’occasione per dare voce agli studenti, che sono il centro della scuola e che hanno il diritto a diventare il centro di qualsiasi riforma». Parole che, per chi ha familiarità con il linguaggio spesso ambiguo e corporativo del movimento studentesco, non sono per nulla rassicuranti.BuonascuolaAnche i sindacati concentrano la loro attenzione quasi esclusivamente sui diritti dei lavoratori, in tal caso dei docenti e del personale non docente, che si iscrivono alle loro liste appunto per essere protetti a giusta o ingiusta ragione nel corso delle loro carriere, mentre le famiglie sono certo interessati ad avere per i propri figli una scuola che funzioni sul piano didattico e culturale ma molto di più sono interessati ad una scuola che non voli troppo alto, che non sia troppo esigente, che sappia capire in tutto e per tutto i ragazzi perdonando le loro immancabili marachelle, e soprattutto che dia voti alti o che, almeno, sia sempre e comunque disposta a promuovere tutti in massa.

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Quanto ai docenti, giustamente non possono che sperare di avere un posto di lavoro stabile se non definitivo, ma tra essi molto piccola è o rimane la percentuale di coloro che, siano o non siano vincitori di concorso, siano in grado di offrire agli studenti una preparazione veramente qualificata e idonea a stimolarne senso critico e responsabilità morale. Può darsi che questo quadro semicatastrofico da domani sia sostituito da un quadro molto più positivo, ma quel che dico è frutto della mia trentacinquennale esperienza professionale e scolastica nella provincia di Cosenza, che penso abbia il valore di una testimonianza assolutamente disinteressata e obiettiva.

Meglio avrebbe fatto Renzi a circondarsi, come certamente avrà tentato di fare, di persone serie ed oneste, e non solo esperte o competenti, e a presentare il progetto di riforma in parlamento, senza cercare strumentalmente consensi che peraltro potrebbero venirgli solo in rapporto agli aspetti pratici, ovvero occupazionali e finanziari, della riforma stessa.

Un punto interessante della riforma è quello che punta a contrastare certi vecchi e ingiusti criteri egualitaristici con cui per decenni i docenti sono stati tenuti nello stesso calderone giuridico e valutativo, per cui guai a chi pensasse, anche se a giusta ragione, di essere diverso e più preparato di altri, e a chi reclamasse spazi specifici di insegnamento e di ricerca rispetto a modalità e ad orari standard di lavoro, o a chi rivendicasse un concreto riconoscimento dei propri meriti specifici sia dal punto di vista professionale che dal punto di vista salariale, oltre che sostanziosi avanzamenti di carriera.

Per il docente che vive di cultura, non per ostentazione o vanagloria ma per autentico e disinteressato amore del sapere, la scuola si trasforma spesso in un inferno, in cui è costretto a convivere e a confrontarsi con colleghi spesso intellettualmente rozzi e ancora più frequentemente deficitari sotto il profilo umano, morale e civile.docenti

Nella scuola secondaria superiore, e più esattamente nei licei  cosentini in cui io ho lavorato per più di tre decenni, ho avuto a che fare anche con brave persone e del tutto rispettabili, ma soprattutto con una varia ed eterogenea umanità (genitori, bidelli, amministrativi, presidi e docenti) intrisa di imbecillità, supponenza, presunzione, arroganza, arrivismo, opportunismo, servilismo, il tutto condito, specie nel caso specifico di presidi e docenti, da una cultura d’accatto e da una mentalità gretta e provinciale.

Ben venga dunque la valutazione meritocratica dei docenti voluta da Renzi, anche se questa giusta istanza sembra poter essere subito vanificata dal fatto che in massima parte dovrebbe dipendere da un rinnovato e accresciuto ruolo del dirigente scolastico. Forse Renzi non si rende conto di quel che propone, ma almeno nel Sud i dirigenti scolastici, giunti non di rado a tale ruolo completamente sprovvisti di qualunque specifico titolo di merito e il più delle volte attraverso concorsi-farsa pilotati da eminenze grigie di ogni comparto e fede politici, non premiano i più meritevoli, i più dotati intellettualmente, da cui preferiscono tenersi alla larga e che cercano di contrastare nei modi più subdoli e vili, ma i “normalizzati” il cui fine supremo è il quieto vivere e i mediocri, i puri e semplici esecutori di ordini cui interessa solo di conservare ben stretta la fiducia loro accordata appunto dai dirigenti anche al fine di poterla utilizzare protettivamente in rapporto a possibili contestazioni di studenti e genitori.Silvia-Allegri

Se questo è vero, se i criteri di valutazione e a quanto pare la libertà stessa di licenziamento resteranno nella discrezionalità di dirigenti e consigli scolastici di valutazione, anziché affidarsi per esempio a commissioni esterne anche dal punto di vista territoriale e magari miste ovvero composte da docenti universitari, docenti e presidi di altre regioni, funzionari ministeriali estratti a sorte, è probabile che la riforma renziana sortisca il classico buco nell’acqua. Ancora c’è tempo per correggere e perfezionare il testo di legge, anche se l’ipotetico inserimento che vi si legge di nuove ore di storia dell’arte, musica e sport, cioé di ore scolasticamente e normativamente inutili e fuorvianti, perché di musica e sport la nostra società è piena sino alla nausea mentre la storia dell’arte è sufficientemente rappresentata nei vigenti ordinamenti scolastici (non esiste già un apposito Istituto d’arte?), sembrerebbe indurre al pessimismo.

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