Il Signore non affida semplicemente ai suoi apostoli il compito missionario di annunciarne la parola e l’opera salvifica nel mondo, ma lo stesso compito non esita ad affidarlo a chiunque si mostri sensibile all’ascolto del Verbo e predisposto a veicolarlo e a testimoniarlo in mezzo a comunità umane sempre più ampie e numerose. I dodici, infatti, avrebbero avuto la funzione storica di porre le fondamenta organizzative, istituzionali, della sua Chiesa, custodendo gelosamente i contenuti originali della fede e badando a trasmetterli fedelmente di generazione in generazione, ma tale nucleo storico fondativo non avrebbe dovuto costituire il depositario esclusivo delle verità della fede e dei modi legittimi in cui esse avrebbero dovuto essere trasmesse e testimoniate, bensì si sarebbe dovuto preoccupare di conferire precisi incarichi dottrinari e pastorali di evangelizzazione anche a coloro che, pur esterni per così dire alla cerchia dei responsabili in senso strettamente istituzionale, si fossero mostrati capaci di assolvere determinati compiti missionari. Peraltro, i settantadue discepoli che Gesù stesso incarica di portare la Parola di Dio in mezzo a coloro che non la conoscevano e che quindi, a pieno titolo, avrebbero dovuto rappresentarne la Chiesa nel mondo, nei versetti di Luca 10, 1-16, non sono discriminati in base al loro stato civile, in base al fatto che fossero o non fossero celibi, ma appaiono selezionati solo sulla base della loro fede e delle loro capacità di annuncio, di testimonianza e di assistenza pastorale a beneficio di singoli individui, di gruppi, di masse o moltitudini, anche se il Signore avrebbe detto e precisato altrove che, per coloro che non avvertono la stretta necessità del matrimonio, di una famiglia con prole, il celibato avrebbe potuto costituire certamente un dono prezioso, un arricchimento dello stato sacerdotale: un’opzione, quindi, che non doveva precludere a chi fosse già sposato la possibilità di essere ordinato all’ordine sacro.
A quei settantadue, un numero carico di biblico simbolismo che denota tutti i popoli della terra (70 erano quelli classificati nella tradizione ebraica) e quindi il carattere universale dell’annuncio evangelico, Gesù predice che dovevano prepararsi ad affrontare la loro missione «come agnelli in mezzo a lupi», come persone umili e miti ma non ingenue e sprovvedute in un mondo perfido e malvagio, senza preoccuparsi di cosa portare con sé, senza perder tempo in faccende di poco conto e in intrattenimenti non strettamente necessari, ma impegnandosi principalmente nell’attività missionaria, nell’annuncio del Regno di Dio e della pace ad esso connessa, restando nelle case che avessero accettato le loro parole di pace, anche per consumare in esse le vivande e le bevande che vi fossero state offerte e quindi senza pretendere in sostituzione o in aggiunta alimenti non disponibili, e senza scorazzare per tutte le case a scopo di avida ristorazione e comodità personale ma cercando piuttosto di portare conforto e benedizione a malati e sofferenti. Là dove non fossero stati accolti e ascoltati, avrebbero dovuto profeticamente gridare sulle piazze che quanti non avessero voluto ascoltare né la Parola di Dio, né l’annuncio dell’avvento del Regno di Dio, non sarebbero scampati al terribile castigo divino alla fine dei tempi: infatti, precisa Gesù, chi non li avesse ascoltati, in quanto veraci e degni rappresentanti di Dio in terra, è come se non avesse ascoltato lui stesso, e, disprezzando loro, avesse disprezzato lo stesso Gesù. I suoi rappresentanti, tuttavia, avrebbero dovuto fare del loro meglio anche contro eventuali tentazioni di autocompiacimento personale per poter meritare di vedere scritti i propri nomi nei cieli.
Francesco di Maria