Il Paràclito è qualcuno che ti sta accanto, è lo Spirito divino che ti assiste e ti difende dai dubbi, dal modo corrente di pensare, dal religiosamente corretto, dalla cattiva o errata interpretazione di fondamentali verità evangeliche. E’ in tal modo che lo Spirito conferisce pace a coloro in cui abita, ma quale pace conferisce? Pace della violenza, del dominio, della oppressione e della sopraffazione: tutto ciò che deriva da un cuore malvagio o ipocrita, ma la pace che unisce i cuori, il cuore del più forte in senso spirituale che si pone al servizio del più debole, dei fratelli più umili sul piano fisico, materiale, economico o sociale o anche militare. Certo, anche sul piano militare, perché la pace di Cristo è compatibile sia con l’assenza di guerra armata, sia anche con quanti sono chiamati a resistere in armi contro forme manifeste di sopruso, di malvagità e feroce persecuzione ovvero nei più critici e devastanti conflitti bellici della storia umana. La pace di Gesù non dispensa nessuno dall’assunzione di precise, costose e spesso impopolari responsabilità, in rapporto a gravi e imprevedibili vicissitudini di vita, non esonera nessuno dall’usare della stessa giustizia del mondo, di cui sono espressione le regole del vivere civile, gli strumenti giuridici e amministrativi, lo stesso ricorso alle armi per la legittima difesa di un popolo da minacce o atti interni o esterni di violenza, allo scopo di perseguire il bene comune e il bene di ogni singolo individuo che si trovi esposto ad una reale e concreta situazione di pericolo.
Lo Spirito Santo non ragiona e non agisce né secondo gli schemi dei guerrafondai o dei bellicisti per indole o professione, né secondo gli schemi opportunistici o ideologici della propaganda pacifista, ma aiuta a cogliere, al di là di schemi preconcetti e contrapposti luoghi comuni, ad intuire o a comprendere non tanto e non solo il significato formale o letterale di parole, valori, precetti e comandamenti evangelici, quanto il senso, l’essenziale e più profonda intenzionalità da essi espresso o implicato per situazioni di vita che, nel corso dell’umana e storica esistenza, si mostrano identiche e tuttavia sotto angolature e da punti di vista diversi. Purtroppo, il costume corrente dell’umanità, soprattutto di quella contemporanea, e non di rado della stessa umanità credente e cattolica, è quello di intendere in modo falso o ambiguo diversi concetti e valori proclamati da Cristo: si pensi al valore dell’amore, della misericordia, della pace, della fraternità, dell’accoglienza, che vengono fin troppo spesso caricati di significati univoci o unilaterali evangelicamente inesistenti o ingiustificabili. Quel che ancora tanto cattolicesimo tarda a comprendere è che il vangelo di Cristo è una miniera inesauribile, e molto meno generica e astratta di quanto possa pensarsi, di consigli o di comandi, di prescrizioni, moniti o esortazioni. Lungi dall’essere affetto da una spiritualità evasiva o consolatoria, il Vangelo di Cristo è un messaggio di attiva e non conformistica militanza spirituale, un’opera mirabile di razionalità e di realismo spirituale, ed è sperabile che la Chiesa tutta, per capirlo, non abbia bisogno di un altro millennio di ricerca esegetica ed ermeneutica e di interiore riflessione.
Il realismo evangelico si rivela nella consapevolezza della natura problematica, contraddittoria e conflittuale dell’esistenza umana e nell’annuncio di una salvezza integrale e metastorica della vita di ogni singola persona non prescindendo da quella consapevolezza ma muovendo proprio dai limiti reali, dalle concrete e specifiche difficoltà, carenze, necessità psico-fisiche o pratiche, morali e spirituali, di ogni essere umano. La salvezza evangelica muove dalla conoscenza tanto dei difetti, dalle mancanze e dalle imperfezioni di uomini e donne, quanto delle potenzialità e delle speranze inerenti alla vita delle persone e alla storia dei popoli. La salvezza così viene commisurata alle oggettive possibilità e opportunità di cambiamento, di progresso o crescita spirituale, di trasformazione interiore che ogni creatura, sospinta dall’iniziativa e dalla grazia divine, sarà capace di utilizzare in conformità alla via, alla verità, alla vita indicate e vissute da Cristo. La salvezza non prevede una conversione unica e definitiva ma una conversione continua e resa sempre necessaria dalle persistenti debolezze spirituali cui si resta assoggettati fino all’ultimo istante di vita. E’ vero che evangelicamente è necessario tendere ad una perfezione illimitata ma Cristo è consapevole delle difficoltà non facilmente superabili che sussistono tra l’essere delle creature e il loro dover essere, tra la loro specifica condizione esistenziale e la loro capacità di migliorarla in modo stabile e significativo. Gesù non tiene la minuziosa contabilità dei peccati ma guarda al cuore di ogni singola creatura, alla sincerità dello sforzo che ogni creatura venga compiendo nel tentativo di allontanarsi sempre più da uno stato di peccato e di seguire le orme del suo Maestro celeste.
Ma il realismo evangelico e cristiano non deve essere confuso con il cinismo. Come dire: questo sono e non posso essere che questo; la vita è così e non potrà mai cambiare; il mondo funziona in questo modo e io non posso fare nulla per cambiarlo. Questo non è realismo, ma cinismo, e il Paràclito agisce nella storia del mondo e nella vita degli uomini proprio per ispirare azioni generose, misericordiose, caritatevoli, mai dissociate dalla verità della Parola di Dio, che concorrano a contrastare e superare proprio quelle forze irrazionali della vita e della storia che generano disimpegno, disinteresse, cinismo appunto nei confronti di un mondo malato e proprio per questo da bonificare, salvare e riportare sotto la maestosa legislazione di Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo. Né il realismo salvifico di Cristo può essere inteso come adattamento, nel nome di un amore frainteso o equivocato, alle logiche filantropiche, pseudoumanitarie o sentimentalistiche del mondo, al vitalismo emozionale dei tempi, perché l’amore salvifico di Cristo fa tutt’uno con la sua verità e non ha altra sorgente e altra finalità se non la verità eterna del Padre e la perenne e gloriosa beatitudine che solo da essa può promanare.
Francesco di Maria